Tradotto il 21 febbraio 2025 da Eros R.F., da Nova Resistencia.
Nel dibattito sulle radici della Civiltà occidentale (quella che ha guidato il corso del nord America e dell’Europa occidentale) è tipico degli apologeti stabilire collegamenti con la Chiesa cattolica, la Grecia e Roma. Tuttavia, forse la Riforma protestante e l’Ebraismo sono sottovalutati come elementi determinanti.
Pochi giorni fa si è celebrato l’anniversario della Riforma protestante. La data in sé è discutibile perché ignora che il processo di frattura della Chiesa cattolica fu graduale e che, in un certo senso, la Riforma si era già diffusa a partire da Jan Hus e John Wycliffe quando Lutero predicò le sue Tesi.
Ma rappresenta una tappa importante perché l’azione di Lutero e poi di Calvino acquisì uno “slancio” che trasformò il loro progetto in un evento di portata civile, grazie alla presenza di una serie di condizioni favorevoli.
Ciò che mi interessa commentare brevemente su questa data, tuttavia, è il suo ruolo nella costruzione di ciò che intendiamo come “Civiltà occidentale”. Nonostante i discorsi reazionari sulla “Civiltà occidentale” si rivolgano artificialmente alla Grecia e a Roma, così come all’Europa medievale, la realtà è che l’Antichità e il Medioevo costituiscono realtà completamente chiuse alla mentalità liberale-conservatrice interessata a tale “Civiltà occidentale”.
Se prendiamo ciò che Spengler o Nietzsche hanno scritto sulla prospettiva dell’uomo classico, diventa molto facile vedere quanto sia difficile costruire una connessione diretta tra Atene e l’Occidente, se non nei termini limitati del metodo analogico utilizzato dalla geopolitica. L’uomo classico è un uomo dalla realtà manifesta, che pensa alla natura come forma e come fioritura delle forme; perfino il funzionamento dei loro sensi sembrava funzionare in modo diverso, come ci permette di percepire l’esame del testo dell‘Iliade rispetto ai colori usati da Omero.
In pratica, sebbene siamo abituati a questi sforzi per costruire un legame con l’Antichità (vedi gli sforzi foucaultiani [e altri] per tracciare un legame tra omosessualità e cultura greca, o gli sforzi dei democratici di fare appello a motivazioni greche nella loro critica della “tirannia”, ecc.), derivati dal prestigio simbolico del mondo greco, c’è ben poco nella Modernità che dobbiamo realmente direttamente ai Greci.
Al contrario, è facile vedere come la Riforma protestante abbia influenzato l’Illuminismo e, quindi, la Modernità e tutta la civiltà sviluppatasi da allora in poi; e ciò nonostante la necessità di sottolineare il ruolo del nominalismo e del diritto naturale, della tradizione scolastica nella sua fase tarda, nella costruzione di questo stesso processo.
È necessario, per quanto riguarda la Riforma protestante, ricordare il ruolo che essa attribuiva alla ragione umana e alla piena capacità dell’individuo di interpretare le Scritture; così come la sua confutazione del carattere comunitario del rapporto tra l’uomo e Dio e, d’altra parte, il suo soggettivismo.
Dunque, nonostante Cartesio fosse un “cattolico”, la sua filosofia sarebbe concepibile se non in un ambiente già fondamentalmente plasmato dal protestantesimo come quello della Francia ugonotta? O di Locke, senza considerare gli anni trascorsi nell’Olanda calvinista?
Ma meno conosciuta è la “Haskalah”, o “Illuminismo ebraico”. Ciò fu influenzato dall’Illuminismo “gentile”, nella misura in cui Moses Mendelssohn fu lettore di Locke e interlocutore di contemporanei come Kant. Ciononostante, l’impatto di Mendelssohn e dell’Haskalah fu rivoluzionario in quanto rovesciò l’autorità del rabbinato tradizionale. Il culmine dell’Haskalah è il sionismo, anche se nel sionismo rimarrà una dimensione religiosa con radici molto profonde.
Le persone istruite troveranno in Maimonide, Rambam, Luria e altri saggi medievali molte delle prescrizioni ancora presenti oggi nella mentalità israeliana riguardo a israele e ai rapporti con i palestinesi.
Ma Mendelssohn, propriamente parlando, fu influenzato da figure più antiche come Spinoza, Menasseh ben Israel e Simone Luzzatto, che esercitarono un’ampia influenza sulla società e sulla filosofia europea, gli ultimi due più nella sfera politica, mentre Spinoza è uno dei “grandi” della filosofia moderna, essendo propriamente influenzato da Cartesio, ma anche dalla ricca tradizione teo-filosofica ebraica. Ben Israel e Luzzatto hanno avuto un ruolo importante, così come Mendelssohn, nel diffondere le concezioni moderne del secolarismo come necessaria conseguenza della “libertà di coscienza”. Mendelssohn va un po’ oltre, difendendo praticamente un “indifferentismo religioso” sia in senso metafisico sia come “necessità di Stato”.
Ma in senso più ampio, il ruolo della ragione nei confronti della religione e della tradizione mette in luce anche la grande influenza dell’ambiente intellettuale ebraico nella costruzione della Civiltà occidentale. E questo perché la tradizione rabbinica, così come è presentata nel Talmud, nella Mishnah e nei testi teologici dell’ebraismo medievale, è sempre stata una tradizione di dibattito intellettuale con una forte connotazione razionalista.
A questo proposito, se si dimostrasse in una certa misura l’influenza della Riforma protestante sull’Illuminismo, sarebbe allora necessario sottolineare l’influenza diretta di esegeti e grammatici ebrei, come David Kimhi ed Elia Levita. Kimhi ebbe una particolare influenza perché la Bibbia “King James” si basa in gran parte sui suoi commenti anticattolici. Per quanto riguarda Elia Levita, il suo ruolo di “insegnante di Cabala” per il clero cattolico nel periodo rinascimentale presenta dei parallelismi con l’influenza che il cabbalista Johannes Reuchlin ebbe su Lutero.
Questa influenza della Cabala sulla filosofia moderna, in realtà, sembra estendersi ulteriormente, al punto che oggi esiste una tradizione accademica che sostiene con validi argomenti che la dottrina delle monadi di Leibniz ha un’origine cabalistica, e ci sono persino prove documentali che Leibniz studiò la Cabala; e che sia la dottrina della tabula rasa sia la visione progressista di Locke furono influenzate dal tikkun olan, un’idea di “rettifica della natura” attraverso miglioramenti graduali verso la perfezione.
Un’altra via di influenza risiede nel repubblicanesimo liberale, così come si sviluppò nei Paesi Bassi, in particolare attraverso l’opera di Petrus Cunaeus, che scrisse “De Republica Hebraeorum“, un testo in cui si sostiene che il regno ebraico, così come presentato nella Torah, costituiva la repubblica ideale che poteva servire da modello per i Paesi Bassi appena “liberati” dall’impero spagnolo. È interessante notare che Cunaeus fu un interlocutore del già citato agente coloniale e rabbino Menasseh ben Israel, oltre a essere stato fortemente influenzato da Maimonide. Sulla stessa linea si colloca uno dei rivoluzionari americani meno noti, il pastore Samuel Langdon, che difese anch’egli l’antico regno ebraico come modello ideale da cui costruire una repubblica federativa.
Più notevoli e che non necessitano di molti commenti sono i testi di Max Weber e Werner Sombart sulle origini del capitalismo, che affrontano rispettivamente le radici protestanti ed ebraiche del modo di produzione, sia per il ruolo attribuito loro dal razionalismo, sia per il rapporto molto diverso che queste religioni avrebbero sia con l’accumulazione sia con la riscossione degli interessi.
Ecco perché, considerando le caratteristiche fondamentali della Civiltà occidentale, è in queste interazioni tra tradizione protestante, tradizione ebraica e tradizione illuminista che dobbiamo ricercare le radici dell’attuale Civiltà moderna con pretese planetarie.