Internazionalismo astratto ed identità

Sono ormai anni che in qualsiasi discussione alla quale partecipiamo tra compagni ad un certo punto spunta fuori la frase “Voi siete dei fascisti perchè considerate l’Italia come fulcro centrale sul quale muoversi per cambiare il reale, questo non è internazionalismo, è nazionalismo”.
Innanzitutto sarebbe fondamentale fare chiarezza su cosa intendiamo quando usiamo la parola “nazione” visto che al suono di questa parola, normalmente, esplode la testa dei più sensibili ed incapaci di ragionamenti complessi, per tanto ci scusiamo anticipatamente per il disagio che creeremo in molti.

Per aiutarci useremo la definizione di Otto Bauer:
“I caratteri nazionali sono un prodotto materiale della storia, far parte di una comunità di DESTINO significa vivere un’interazione e una comunicazione continua e costante, che genera un legame inter-soggettivo che si manifesta in una cultura comune ed in percezioni comuni”.
Questa è una bella definizione perchè mette in evidenza il carattere ATTIVO di chi decide liberamente di far parte di una comunità nazionale, ben diverso da chi sostiene che le comunità, qualsiasi esse siano, sono generate da una SOMIGLIANZA di destino, ossia da un approccio PASSIVO dove si ci ritrova uniti perchè soggetti alle stesse tendenze storiche, alle stesse condizioni di vita ed agli stessi rapporti di produzione economici, quindi senza la “scelta” di avere interazioni continue in quanto ci si sente parte della stessa comunità.

Altra considerazione da fare è legata al fatto che occorre riconoscere, in quanto comunisti e socialisti, il “principio della personalità”, ossia il diritto ad esprimere liberamente ed autonomamente la propria appartenenza ed identità nazionale, senza che questo significhi il diritto sovrano sul territorio in cui si risiede.
In sunto l’internazionalismo non dovrebbe secondo noi appiattire le particolarità nazionali ma altresì dovrebbe permettere a queste di emergere, evolvere e svilupparsi liberamente.
Questo approccio avrebbe svariati vantaggi tattici nella lotta politica verso lo sviluppo del socialismo, infatti non lasceremmo il campo dell’identità nazionale completamente nelle mani delle destre svendipatria che, attraverso il loro approccio forte dell’egemonia culturale ormai acquisita, hanno in mano il sentimento nazional-popolare che ingenuamente vede in questi fantocci gli unici ed ultimi difensori del nostro paese.

Iniziando questo approccio contro egemonico faremo nostro il suggerimento hegeliano di “portare la guerra nei territori del nemico”, fornendoci gli strumenti per poter far nascere e sviluppare un idea di paese, o di patria sarebbe più adatto, che sia radicalmente diversa da quella esclusiva delle destre.
Ci risulta infatti incomprensibile come i socialiste, i comunisti e le sinistre radicali si vogliano privare dell’identificazione nazionale come strumento ulteriore che potrebbe rafforzare la lotta per le rivendicazioni sociali; usando questi due strumenti e modulandoli in maniera sinergica si avrebbero vantaggi di ogni tipo nel percorso verso l’emancipazione dei popoli.

Come ben compreso dal movimento “No global” uno dei campi di battaglia si sviluppa nel rapporto che c’è tra locale, nazionale e globale e lasciarne perdere uno dei tre punti per preconcetti ideologici è, non solo stupido ma controproducente, infatti il loro slogan era “Pensa locale, agisci globale”, ed il nazionale se lo sono perso per strada rimanendo anche per questo sconfitti.
Il nostro antagonista il capitalismo finanziarizzato ha ben compreso la necessità di muoversi tra locale, nazionale e globale senza alcun vincolo di tipo ideologico o valoriale, usa ogni campo al meglio per le sue finalità di accumulo di capitali, devastando mercati locali, impoverendo nazioni e depredando risorge globali senza fare sconti od ostaggi.
Perchè noi dovremmo essere da meno, come sostengono gli zapatisti “generiamo un mondo che contenga molti mondi”, bene, per farlo occorre riconoscere le identità nazionali come uno degli strumenti da brandire contro il muso del capitale e per farlo occorre rientrare nell’ottica, già del PCI del dopoguerra e della lotta partigiana nel nostro paese, secondo la quale le rivendicazioni popolari sono la base dalle quali occorre partire.
Per fare questo occorre non odiare il popolo perchè altrimenti quest’ultimo se ne accorge immediatamente e ti ricambia con la stessa moneta, la sinistra, molti socialisti e comunisti si sentono migliori e più intelligenti del “popolino” e vedono le sue pulsioni come si può vedere la scimmia sull’albero che lancia bucce di banane, bene, questo approccio elitario non solo non paga ma è l’esatta fotocopia di quello che questi soggetti rinfacciano al fascismo ed al nazismo, ossia il bieco sentimento di superiorità di alcuni esseri umani su degli altri.
Lo stesso Paulo Freire ci aiuta spiegandoci che non esiste crescita individuale che non passi dalla crescita collettiva e che nessuno deve essere trattato come un contenitore da riempire con delle nozioni o delle idee, se si vuole crescere per il popolo occorre per tanto crescere con esso ed attraverso esso.

La sconfitta dei “No global” e di tutte le sinistre ha infatti generato un indebolimento generale di tutti gli Stati e di conseguenza ha, al contrario di quello che pensano gli internazionalisti ortodossi, rafforzato i nazionalisti di tutti i paesi del mondo con le conseguenze che vediamo oggi.
In molte parti del mondo sono riusciti a far collaborare in maniera sinergica l’internazionalismo con le identità nazionali, vedi Venezuela, Cuba, Vietnam, RDCR, Cina per dirne alcuni, ovviamente le declinazioni da dare in occidente ed in Italia nello specifico sarebbero da ricercare ma rimane comunque un percorso attuabile che però può passare solo attraverso una vittoria a livello mondiale del percorso multipolare che si oppone all’unilateralismo statunitense.

In ultima istanza la patria di cui parliamo e che dovrebbe farsi promotrice di autoderminazione ed inclusione è una patria che ha confini territoriali che sono definiti dalla condivisione di valori invece che da etnia o cultura.

Vogliamo usare le parole del cantante nigeriano Tommy Kuti per chiarire definitivamente il nostro pensiero. “C’è chi odia il tricolore e tutto ciò che rappresenta. Chi invece è nato altrove e italiano lo è per scelta”.
Siamo molto delusi quando sentiamo dei nostri compatrioti socialisti o comunisti dirci che odiano la nostra bandiera, siamo delusi perchè è proprio il tricolore la rappresentazione viva e reale di quello che ci hanno lasciato i partigiani ed i padri costituenti della nostra Repubblica, questa bandiera ci appartiene e non intendiamo in alcuna maniera lasciarla nelle mani delle destre affinchè la utilizzino per portare avanti la loro idea di ITALIA.
Siamo anche molto delusi quando sentiamo usare da chi si dichiara dalla nostra parte gli stessi strumenti retorici usati dalle destre senza proporre un’idea controegemonica, questo genera infatti scissioni nel fronte ed indebolisce la lotta, il tutto per fini personalistici.

Ciò che è nell’interesse della nazione è ciò che il popolo vede come necessità fondamentali ed è compito del campo del socialismo e del comunismo patriottico, come di tutte le sinistre patriottiche rivendicare tali battaglie come le proprie battaglie.
Essere patrioti significa decidere di appartenere ad una nazione fatta di soggetti eterogenei, con culture e tradizioni diverse, lingue ed etnia diversa, generi diversi, sensibilità diverse ma avere in comune il chiaro obbiettivo di stare insieme per rivendicare diritti sociali e civili che possano rendere tutte le particolarità integrate e libere di esistere e sussistere nella complessità della diversità, unico limite il confine immaginato che oggi appartiene ad una nazione domani diventerà mondo intero.
Un mondo di diversi, ricco come la ricchezza di orrizzonti proposti da ciascun patria in collaborazione con mille altre patrie.

Chiudiamo con una citazione del compagno Secchia:
“…Il nostro patriottismo non offende, non ferisce, non aggredisce nessuno perchè il nostro patriottismo non è odio per altri popoli ma consiste nell’amore per il mostro popolo e nella volontà di vivere in pace e in amicizia con tutti i paesi…
…Il nostro internazionalismo allarga e rafforza il sentimento nazionale perchè unisce tutti i popoli che lottano per la pace, lottano per conservare la loro libertà, la loro indipendenza o conquistarla completamente.”

Ringraziamo Otto Bauer ed il suo libro “La questione nazionale” e Jacopo Custodi con il suo “Un’idea di paese”per averci ispirati ed aiutati con i loro scritti a comprendere ed esprimere al meglio idee e pensieri complessi portandoli alla portata di tutti.
Grazie di cuore. Questo dovrebbero fare gli intellettuali, mettere al servizio di tutti le loro conoscenze.