Tradotto il 23 febbraio 2025 da Eros R.F., da Aisixiang. Pubblicato per la prima volta nel 7 novembre 2018.
Nell’agosto del 1945, proprio mentre le fiamme della guerra sui campi di battaglia europei si stavano spegnendo, il celebre filosofo Alexandre Kojève presentò all’improvviso un lungo “Progetto” all’allora Governo nazionale provvisorio francese. La Francia del dopoguerra era in rovina e, in quanto talento eccezionale, Kojève ebbe l’opportunità di entrare nel governo francese. L’agenzia per cui lavorava era equivalente al nostro [cinese] Ufficio relazioni economiche e commercio estero. Appena entrato in carica, Kojève ha presentato un memoriale per pianificare la futura strategia geopolitica della Francia. Questa mossa può effettivamente essere considerata la prima cosa che farebbe un nuovo funzionario.
Per la Francia di allora, il 1945 fu un anno di rinascita dopo la morte; non fu lo stesso per la Cina? Ciò non può che farci pensare che, sebbene questo “Progetto” sia stato sottoposto al governo francese, potrebbe comunque avere un notevole valore di riferimento per la Cina. Nominalmente, la Cina e la Francia sono entrate a far parte delle cinque grandi potenze del mondo del dopoguerra, ma questo status è un po’ un termine improprio. Dopotutto, lo status di indipendenza dei due Paesi dipendeva in larga misura dalle sovvenzioni di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica, e non avevano dunque molta voce in capitolo nel gruppo delle nazioni vincitrici.
Cosa ci dice Kojève in questo contesto?
Indice
I. Il pericolo che incombe sulla Francia
Questo “Progetto” è diviso in quattro parti: una breve introduzione e il testo principale. Nella sua introduzione, Kojève inizia avvertendo che la Francia è in pericolo. Ci si chiede: la Francia non è stata appena liberata? Come può essere di nuovo in pericolo?
Kojève sottolineò con calma che il pericolo proveniva sia dal centro dell’Europa sia dalle sue “due ali”. Innanzitutto, non bisogna pensare che tutto andrà bene una volta sconfitta la Germania: presto si riprenderà economicamente e diventerà una potenza regionale. Sebbene il Piano Marshall non fosse ancora stato introdotto a quel tempo, le scene dell’ascesa della Germania dopo la prima guerra mondiale erano ancora vivide nella nostra mente e tali preoccupazioni non erano irragionevoli. Se una potente Germania armata e tollerata dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti apparisse improvvisamente a est della Francia, potremmo dire che la sicurezza nazionale della Francia resti garantita?
In secondo luogo, da un lato, gli Stati Uniti si sono rapidamente liberati dalle catene della Dottrina Monroe e sono intervenuti attivamente negli affari europei. Dall’altro, l’Unione Sovietica ha oltrepassato le barriere del “Paese unico socialista” ed ha esteso la sua sfera di influenza alla Germania orientale. Kojève predisse che gli alleati in tempo di guerra sarebbero presto diventati nemici e che la brezza primaverile della pace non sarebbe stata necessariamente giunta al mondo con la fine della guerra. Se scoppiasse la Terza Guerra Mondiale, la debole Francia riuscirebbe a sopravvivere a questo brutale scontro di gruppo?
Un simile promemoria può essere considerato un campanello d’allarme per gli ottimisti. La giustizia e l’equità della comunità internazionale sono ben lungi dall’essere completamente prevalse a causa della sconfitta del fascismo. Potrebbe essere l’inizio di un’ingiustizia ancora più grande. La Cina non sta forse affrontando una situazione simile? Nello stesso mese in cui Kojève presentò il “Progetto”, il Giappone si arrese e il governo nazionalista invitò immediatamente i leader del Partito Comunista Cinese a Chongqing per discutere il piano di edificazione del Paese.
Ma tutti noi conosciamo molto bene la storia che seguì. Il cosiddetto governo di coalizione e la consultazione politica erano solo cortine fumogene per coprire la nuova guerra. Chiang Kai-shek stava in realtà pianificando come combattere una guerra civile. L’allora ambasciatore statunitense in Cina Hurley era ben lungi dall’essere equo e illuminato come il suo predecessore, Gauss, e la sua acquiescenza e connivenza facilitarono notevolmente l’attacco di Chiang Kai-shek alle aree liberate.
Ciò che è ancora più sorprendente è che mentre la Francia partecipò più o meno alla cogestione alleata della Germania, la Cina non trasse alcun vantaggio dalla presenza di truppe giapponesi lì stanziate. Va detto che la Cina si trovava in una posizione molto più pericolosa della Francia.
In risposta a questa sfida, Kojève si pose immediatamente due problemi primari: primo, come mantenere il più possibile il vantaggio economico della Francia sulla Germania; secondo, come rimanere il più possibile neutrali nello scontro militare tra Unione Sovietica e Stati Uniti. La soluzione o meno di questi due problemi era direttamente correlata alla possibilità che la Francia potesse ancora esistere come grande potenza sulla scena internazionale.
II. Una svolta nella storia
Kojève comprese che il pericolo di cui sopra non era una semplice ripetizione della passata politica internazionale europea, ma l’annuncio di una nuova era. Egli ricordava a chi era al potere che “stiamo assistendo a una svolta storica decisiva, paragonabile per importanza a quella che si verificò nel tardo Medioevo” (p. 4)1. La graduale formazione di Stati sovrani a partire dal tardo Medioevo segnò l’inizio della politica europea moderna. Questa fase si concluse con la seconda guerra mondiale.
Se la politica moderna si è basata sullo Stato-Nazione come unità di base, allora la futura politica internazionale trascenderà inevitabilmente lo Stato-Nazione. Oppure si potrebbe dire che la seconda guerra mondiale segnò il punto in cui lo Stato-Nazione esaurì il suo potenziale politico e che il palcoscenico più alto della futura competizione mondiale sarebbe stato lasciato agli imperi. L’impero, non lo Stato-Nazione, è l’unità di base della politica internazionale postmoderna.
Il significato originario di impero si riferisce al dominio integrato di un vasto territorio. Indubbiamente, un impero deve innanzitutto soddisfare la condizione fondamentale di avere un territorio vasto. In secondo luogo, deve essere in grado di integrare più gruppi etnici in modo integrato. Uno Stato-Nazione non può essere definito un impero, indipendentemente da quanto sia grande il suo territorio. In terzo luogo, l’impero deve avere una certa durevolezza storica. Dalla storia documentata, ci sono solo due imperi che sono durati più di 1.000 anni: uno è l’Impero Romano e l’Impero Romano d’Oriente, l’altro è la Cina, che è l’unico che è durato fino ad oggi. Infine, e cosa più importante, l’impero deve incarnare un sistema di Civiltà e una struttura politica che possa trasmettere [i valori della Civiltà stessa sul proprio territorio].
Quanto sopra è il significato tradizionale di impero. Gli imperi moderni hanno una caratteristica che gli imperi tradizionali non hanno, ovvero la loro natura transregionale. Gli imperi tradizionali, perfino quelli più grandi che si estendevano su Europa, Asia e Africa, erano pur sempre regimi regionali. Con le grandi scoperte geografiche, gli imperi moderni hanno acquisito una natura globale, di cui l’Impero britannico è un tipico esempio.
L’impero immaginato da Kojève era senza dubbio un’alleanza politica, militare ed economica a tutto tondo tra Stati multietnici. In particolare, i progressi nella tecnologia militare hanno fatto sì che i Paesi con popolazioni e territori ridotti non abbiano più una competitività sufficiente. Le forze armate moderne hanno grandi capacità di combattimento a lungo raggio e, senza un’ampia profondità strategica, è impossibile compensare il dispiegamento di forze su larga scala da parte di Paesi ostili. Allo stesso tempo, la guerra moderna è estremamente dispendiosa in termini di risorse e, senza un territorio ampio che fornisca risorse abbondanti, non è possibile permettersi nemmeno una guerra da una sola direzione.
È proprio partendo da questo giudizio di svolta storica che Kojève propone, alla fine di questa sezione, la missione storica della Civiltà cattolica-latina. Disse a de Gaulle di non limitare la sua visione alla gloria dello Stato-Nazione e di non pensare solo alla Francia, che non è altro che “una bolla”. Un politico dotato di una vera visione strategica dovrebbe fondare un impero latino basato sulla Francia e unirsi alla Spagna e all’Italia. Le lingue ufficiali di tutti e tre i Paesi sono lingue romanze, che costituiscono la base culturale della loro unione.
In breve, la Nazione francese non può più essere confinata in un ristretto nazionalismo; deve imparare ad assumersi la responsabilità di far rivivere la Civiltà cattolica latina. Questa [unione della] Civiltà non è solo per il bene delle Nazioni latine, ma per la pace di tutta l’umanità. Essa riuscirebbe a creare una profonda frattura tra il blocco anglo-americano, reciprocamente contrapposto e odiato, e il blocco sovietico, fungendo da zona cuscinetto politica e ponendosi su un piano di parità con la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
La Nazione francese è parte della Civiltà latina. Per raggiungere gli obiettivi più elevati della Nazione francese, è necessario abbandonare il ristretto nazionalismo francese.
III. La crisi spirituale della Francia
Kojève ha sottolineato che la Francia ha due tradizioni: la prima è la tradizione classica, ovvero la tradizione latina e cattolica; la seconda è la tradizione della Rivoluzione francese. La situazione attuale è che la tradizione della Rivoluzione francese ha messo in ombra la tradizione del cattolicesimo latino. Kojève lo dice senza mezzi termini:
«Nel campo dell’ideologia politica, questo Paese vive ancora su idee che sono state messe a punto solo all’epoca della Rivoluzione. Per la Francia e i francesi, l’ideale politico “ufficiale” resta ancora oggi l’ideale dello Stato-Nazione, l’ideale della “Repubblica unita e indivisibile”.» (Pagina 17)
Ma il fallimento dei nazisti ha dimostrato che questo ideale non è altro che una fantasia di fronte alla realtà. «Lo slogan di Hitler “un impero, una Nazione, un leader” non è altro che una (scadente) traduzione tedesca del motto della Rivoluzione francese, “Repubblica, unica e indivisibile“» (Pagina 6). Poiché Hitler non poteva rinunciare alla sua ristretta posizione germanista, non avrebbe avuto alcuna possibilità di vincere sotto l’attacco dei due principali gruppi di Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica.
Può darsi che la lezione della Germania sia stata superata:
Nel profondo del suo animo, anche la Francia vedeva le criticità di questo ideale e l’anacronismo politico dell’idea di “Stato-Nazione” in senso stretto.
Era imperativo rendere pubblico questo anacronismo e tradurlo in un’educazione civico-politica pratica, che risvegliasse la tradizione classica latina, rimasta sopita per tanti anni. È la tradizione latina, non quella della Grande Rivoluzione, a soddisfare i requisiti fondamentali della politica internazionale postmoderna:
«È inoltre necessario dichiarare in modo chiaro e definitivo che lo “Stato-nazione” come periodo storico è finito e che la Francia come Stato-nazione è politicamente scomparsa per sempre. Ma bisogna aggiungere che questa fine è allo stesso tempo un inizio e che, almeno in questo caso, la morte è anche una rinascita.» (Pagina 19)
L’unica domanda è se i francesi riusciranno davvero a prendere posizione su questo tema. Kojève sottolineò con preoccupazione che lo stile di vita liberale anglo-americano stava corrompendo in modo subdolo nell’inconscio della gioventù francese:
«Tracce di queste influenze si possono già individuare nello sviluppo fisico e morale dei giovani francesi cresciuti guardando film e romanzi provenienti da Oltremanica e dall’Atlantico.» (Pagina 15)
Questa ideologia contrappone la libertà personale alla vita politica, trasforma la politica in un insieme di fredde operazioni tecniche e aliena le persone dai loro ideali politici. Come afferma lui stesso, «le conseguenze disastrose della depoliticizzazione hanno colpito il cuore della Nazione francese» (p. 16).
In quanto marxista, Kojève credeva certamente che il comunismo fosse la destinazione inevitabile della storia umana, ma la fine della storia umana non equivale affatto alla realtà della storia umana. La realtà storica è:
«In futuro, tutta l’umanità sarà unita in un’unica entità politica, ma l’avvento di tale era è ancora molto lontano. L’era delle entità politiche nazionali è finita. Ora è un’epoca dei numerosi imperi» (p. 20)
In breve, l’impero è l’intermediario tra lo Stato-Nazione e il comunismo universale. I marxisti non dovrebbero essere psicologicamente appesantiti dall’Impero latino, la cui creazione rappresenterebbe un grande passo nella storia dell’umanità dallo Stato-Nazione al comunismo. L’unica domanda è quali siano le condizioni necessarie per compiere questo grande passo.
IV. Le condizioni reali dell’Impero latino
Come accennato in precedenza, Francia, Spagna e Italia hanno tutte tradizioni cattoliche e utilizzano le lingue romanze come lingue ufficiali. La somiglianza della cultura nazionale costituisce la base spirituale della loro unione, proprio come l’ortodossia lo è per il blocco sovietico e il protestantesimo per i blocchi britannico, americano e tedesco. Questa è una delle condizioni.
In secondo luogo, l’impero latino ha un gusto culturale diverso da quello degli altri imperi. Si riflette in tre aspetti. In primo luogo, lo spirito latino si concentra sullo spirito artistico rilassato. In secondo luogo, i latini amano la dolcezza della vita e si concentrano sullo spirito della creazione e di intraprendenza, che non ha nulla a che vedere con il comfort puramente materiale. In terzo luogo, i popoli latini sono animati da uno spirito lavorativo creativo e ispirato. Questo spirito artistico riecheggia perfettamente la critica di Marx al lavoro alienato e rappresenta la futura direzione comunista dell’umanità meglio di qualsiasi gruppo protestante anglo-americano o tedesco:
«Bisogna riconoscere che l’impegno dell’essere umano futuro deve essere l’organizzazione e l’“umanizzazione” del tempo libero. (Sebbene Marx stesso non se ne rendesse conto, ripeté ripetutamente le parole di Aristotele: Il motivo fondamentale del progresso umano, e quindi il motivo fondamentale del socialismo, è garantire la massima quantità di tempo libero all’umanità.)» (Pagina 22)
Pertanto, il modello economico dei popoli latini non deve copiare l’individualismo anglo-americano e il nazionalismo di stampo sovietico. I latini non propugnano né l’individualismo anglo-americano né il nazionalismo di stampo sovietico. Ciò che propugnano è il vero socialismo, che è il modello economico che dovrebbero avere. Come ha affermato Kojève:
«Ancora meno è la necessità per l’impero latino di copiare l’organizzazione sociale ed economica dei due imperi contrapposti. Poiché non vi è alcun segno che il “liberalismo” senza regole dei cartelli giganti e la disoccupazione di massa che incombe sul blocco anglo-americano, né lo “statalismo” a volte “barbaro” dell’Unione Sovietica, che appiattisce tutto, siano i modelli migliori per l’impero latino. Entrambi [i modelli ed imperi] hanno esaurito ogni possibilità di organizzazione economica e sociale razionalizzata.» (Pagina 25)
Ancora una volta, la leadership francese è la garanzia fondamentale per la coesione dell’impero latino. Kojève sottolinea che:
«Per poter competere con le due strutture imperiali già costituite, non è sufficiente che la Francia faccia di tanto in tanto riferimento all’esistenza delle sue “sorelle latine”; (…) bisogna creare un’entità politica reale ed efficace, che non sia meno unita, realistica ed efficace del Commonwealth o dell’Unione Sovietica.» (Pagine 24-25)
In breve, l’impero latino è un’alleanza politica basata sulla cultura, che dovrebbe essere salvaguardata da una forza militare unificata.
V. Opinione pubblica e difficoltà pratiche
Kojève dedica l’ultima parte del suo “Progetto” alle difficoltà che si potrebbero incontrare nella realizzazione di un impero latino. Queste difficoltà si dividono in due livelli: interno ed esterno.
Per quanto riguarda le sfide esterne, riteneva che l’avversario più facile da contrastare per l’impero latino fosse la Gran Bretagna. Sebbene gli Stati Uniti appartengano allo stesso gruppo protestante della Gran Bretagna, non hanno un conflitto geopolitico diretto con la Francia. L’ascesa dell’impero latino potrebbe essere in grado di bilanciare la Gran Bretagna. Inoltre, la Francia un tempo sostenne l’indipendenza americana e attraverso di essa influenzò la cultura americana, quindi gli Stati Uniti non avrebbero [moralmente] motivo di opporsi. È ancora meno probabile che la Russia si opponga, poiché l’impero latino risulterebbe come una forza importante per bilanciare la Germania e una fortezza solida contro l’espansione verso est della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Da questa prospettiva, le sfide esterne non sono poi così grandi; le vere difficoltà vengono dall’interno.
Da dove provengono i problemi interni? Kojève sottolineò chiaramente che l’élite intellettuale francese era da tempo divisa in fazioni di destra e di sinistra, che si combattevano tra loro fino all’ultimo sangue. Si trattava di uno stato di guerra civile nel mondo intellettuale nazionale, che ostacolava ogni sforzo volto a unire tutti i francesi sotto una volontà unitaria. In breve, la Francia è ben lungi dal raggiungere un consenso nazionale di base.
Come risolvere questo dilemma? Kojève pensò al Partito Comunista. Affermò che i Partiti Comunisti di Francia, Italia e Spagna avevano una cosa in comune: erano essenzialmente “conservatori”. Dobbiamo capire che sono stati i Partiti Comunisti, e non altre fazioni, ad essere responsabili della maggior parte della guerriglia antifascista, e che la lunga lotta contro i regimi fascisti ha dato ai Partiti Comunisti di questi Paesi un forte senso di autonomia nazionale.
Ma, cosa ancora più importante, l’impero latino sarebbe circondato su tre lati dalle forze protestanti: a est la Germania, a nord l’Europa settentrionale [Scandinavia] e ad ovest la Gran Bretagna, e il Partito Comunista dovrebbe essere proprio il più consapevole oppositore della cultura capitalista protestante.
Per proteggere questa posizione, dovrebbe resistere a tutti i costi all’influenza del mondo anglo-americano, anche se ciò comportasse indefinitivamente il mantenimento dello status quo economico, sociale e politico (Pagina 42).
Il Partito Comunista stesso è un partito che cerca un cambiamento radicale, ma la sua opposizione all’accerchiamento capitalista che lo circonda lo rende conservatore. Come ha affermato Kojève:
«Da un lato, questo Partito attribuisce un valore estremamente elevato allo Stato in quanto Stato e, dall’altro, sostiene che lo Stato può essere politicamente produttivo solo attraverso un cambiamento senza riserve, spesso radicale e rapido.» (Pagina 42)
L’impero latino non confina con il blocco sovietico dell’Europa orientale, quindi la minaccia rappresentata dal blocco orientale sovietico è relativamente minore. Soprattutto dopo lo scioglimento del Comintern, i Partiti Comunisti dei Paesi latini non dovrebbero essere considerati semplicemente seguaci dell’Unione Sovietica. Kojève ha continuato:
«Nel processo di costruzione di un impero, l’universalismo comunista non sarà portato a svolgere il minimo ruolo di catalizzatore.» (Pagina 43)
Kojève suggerì quindi al governo nazionalista francese di stabilire rapidamente un fronte unito con il Partito Comunista. Va ricordato che durante la guerra il Comitato di Resistenza Nazionale guidato da Charles de Gaulle ebbe una stretta collaborazione con le vaste forze di guerriglia guidate dal Partito Comunista, il che costituì la base della loro comprensione e fiducia reciproca dopo la guerra.
Da un lato, il movimento di resistenza comprendeva gli elementi più dinamici del Paese, aveva una certa tendenza verso profonde riforme e aveva già avuto un’esperienza di cooperazione politica non troppo negativa con i comunisti. D’altro canto, il movimento era mosso da un puro patriottismo francese che aveva un legame personale e diretto con de Gaulle e con alcuni elementi della classe dirigente francese (Pagina 43).
VI. Ulteriori osservazioni
Quanto sopra è il contenuto fondamentale degli “Progetto di una dottrina della politica francese” di Kojève. Quale ispirazione dà alla Cina?
L’Impero latino presupponeva una base culturale simile, e la lunga storia della Cina ha già posto una base culturale profonda [che la unisca]. La questione è come preservare e mettere in gioco, sviluppare queste fondamenta, che non si trovano nella cosiddetta erudizione confuciana che “sta in alto”, ma nella nostra cultura popolare, nei nostri concetti di buon senso. I generali della famiglia Yang, Yue Fei e le varie storie che abbiamo letto da bambini sono il sangue della nostra Civiltà cinese, e devono essere preservati.
Su questa base, combinandola il più possibile con la cultura intrinseca delle minoranze etniche, la Rivoluzione del Partito Comunista Cinese ha fornito una potente esperienza pratica per questa combinazione. La Rivoluzione cinese ha consolidato, anziché dividere, la natura diversificata, pluralistica e unita della Civiltà cinese.
Ancora più importante, in Francia la tradizione della Grande Rivoluzione e la tradizione cattolica latina sono divise, mentre in Cina questo problema non esiste. I nostri romanzi rivoluzionari come “Lin Hai Xue Yuan” e “Guerriglie ferroviarie” possiedono le qualità spirituali dei classici romanzi cavallereschi. Ciò che la Francia non è riuscita a fare, noi dovremmo essere in grado di farlo. Ciò pone al nostro Partito un requisito simile a quello posto da Kojève: deve essere allo stesso tempo rivoluzionario e conservatore. La natura rivoluzionaria richiede che il nostro Partito sia sempre un Partito politico moderno e che sia sempre in grado di cogliere la situazione realistica delle svolte storiche; il conservatorismo richiede che il nostro Partito si basi sempre sulle caratteristiche identitarie e storiche della Cina, e sia sempre al servizio della Civiltà cinese stessa.
Come sappiamo, il “Progetto” di Kojève non è stato pienamente realizzato e l’UE non sta seguendo esattamente il percorso dell’impero latino. Al contrario, [un tale impero] sarebbe più simile al percorso della Cina, pur non avendo [neanche noi] ancora risolto molti dei problemi da lui sollevati. Riflettere su questi problemi sarà senza dubbio di profonda ispirazione per il futuro percorso della Cina.
- Tutte le citazioni sono tratte da Kojève: Outlines of the French State, tradotto da Qiu Libo: Kojève’s New Latin Empire, Pechino: Huaxia Publishing House, agosto 2008. Nel presente manoscritto revisionato i numeri di pagina saranno inseriti nel testo e non saranno fornite note a piè di pagina separate.[↩]