Cristo rivoluzionario fra noi

Scrivere o parlare di religione, e in specifico, di Cristo significa incontrare l’ostilità di ogni componente ideologica e culturale dalla “destra liberale alla sinistra liberale”. Eguali nell’essere postura del nuovo capitalismo finanziario. La sinistra liberale ormai sovrastruttura del pan-economicismo irride alla religione, in quanto è un “limite” all’individualismo narcisistico, essa difende il mercato, in quanto è l’istituzione che soddisfa ogni desiderio. La destra liberale tollera Cristo e di conseguenza la religione, se svolgono la funzione di contenere con le “opere di misericordia” gli effetti delle disuguaglianze sociali. L’essenziale per la destra economica è il silenzio sul pan-economicismo spietato e mostruoso dei nostri giorni. Destra e sinistra lavorano per la “chiacchiera” e combattono il ”pensiero e ciò che umanizza”. Il chiasso e la chiacchiera come succedaneo del concetto hanno condotto all’abitudine al mostruoso tanto che i più, ormai avvezzi alle logiche della competizione non lo colgono, non lo vivono e sono presi solo dai loro desideri narcisistici. Il “pensiero Alice” e, quindi la fuga dalla realtà domina e regna. Semplicemente c’è, è parte dell’ordinario ritmo dei giorno, in tal modo si diviene parte del “mostruoso”. Tra i due schieramenti politici vi sono i “grigi”, ovvero gli indifferenti dediti solo ai loro interessi e desideri. Gli indifferenti, questo è forse il dato più rilevante, non sono atei. L’ateo si è confrontato col fenomeno religioso, mentre gli indifferenti sono distanti da ogni idea e scelta cristica e religiosa. Essi sono stati addestrati a consumare i giorni, pertanto passano attraverso la storia senza essere stati toccati dalle grandi domande e dalle immense sofferenze del nostro tempo. Sono i nuovi predatori “minuscoli e grandi”, prendono ciò che è possibile predare, perché non c’è un senso e non c’è una prospettiva. In tale contesto di oblio l’occidente tramonta. Ogni grande civiltà per progettare necessita di riferimenti etici e religiosi per poter dare una forma alla storia. Cristo può essere letto come un simbolo da un hegeliano, o può essere vissuto come il dio incarnato per un cattolico o un cristiano. In entrambi i casi è fonte di valori e criterio di scelta. Il punto centrale, a mio avviso, dell’indifferenza coltivata con leggi e con il catechismo dell’egoismo senza limiti mascherato dalla logica dei soli diritti individuali è la pianificazione distruttiva del significato assiologico del Cristo in croce e della trascendenza. Educare a contemplare le piaghe di Cristo comporta una autentica rivoluzione del cuore e dello sguardo: gli ultimi sono “la carne viva del mondo”. Cristo ha insegnato a porre al centro il dolore degli ultimi e le domande che si elevano dalle loro piaghe hanno insegnato la virtù del dono e del limite. Si aprono scenari che l’immanenza non può capire; la fede è esperienza che sovverte le leggi del “mondo”.

Le piaghe della rivoluzione

I valori cristiani hanno educato una intera civiltà, e non pochi rivoluzionari marxisti hanno imparato a discernere il bene dal male tenendo lo sguardo sul Cristo sofferente. Lo hanno rivissuto negli ultimi e nei subalterni, da tali piaghe impresse nell’anima sono germinati i concetti e lo spirito di speranza. Il congedo dalla religione non è mai avvenuto, malgrado le dichiarazioni di ateismo, in quanto la lotta per i diritti sociali ha la fonte viva e silenziosa in quello sguardo e in quell’incontro. Non sono le leggi scientifiche della storia o le ragioni razionali a causare lo scandalo etico, ma quest’ultimo emerge, se vi è la empatica educazione religiosa che con i suoi simboli e le sue storia amplifica la capacità di pensare il mondo, perché ci si lascia toccare da esso. Certamente i percorsi che inducono allo scandalo etico possono essere plurali, ma la religione resta possibilità di ampliamento della sensibilità mediante la facoltà di ascolto del proprio sé e dell’alterità sofferente. Dunque, malgrado le complicità dell’istituzione clericale con il potere, vi è un nucleo vivo e critico, che il capitalismo liberale teme. Cristo e la religione ci insegnano che il presente con la sua tragica immanenza non è tutto, vi sono prospettive nella storia e dimensioni trascendenti da ascoltare e da porre in atto.

L’illimitato contro la religione e Cristo

Il capitalismo nell’attuale fase ha il suo fondamento nell’illimitato e in personalità patologiche suddite del mercato, mentre il Cristo è figura etica del limite e con i suoi insegnamenti pone in discussione in modo inequivocabile la ricchezza perché frutto dello sfruttamento. La Bibbia di passo in passo, se non mette in discussione la proprietà, è condanna del ricco che sfrutta il povero, ma condanna anche i potenti e la superbia legata al prestigio sociale. Un esempio per tutti il Magnificat:

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili
ha ricolmato di beni gli affamati
ha rimandato i ricchi a mani vuote”.

Lo sguardo del Cristo sofferente che chiede giustizia con alterne modalità e stili scorre lungo il testo biblico. La Chiesa nella storia, malgrado i Santi e i cristiani di fede autentica, ha cercato di calmierare il grido rivoluzionario del Cristo morente. Tutto questo ora tace, quel grido il capitalismo cerca di soffocarlo, perché chiede giustizia, pace e dono di sé e ci invita ad un modello economico di condivisione dei bisogni necessari, affinché al centro vi siano le relazioni umane. Cristo insegna che la “pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d’angolo”. Gli ultimi ritrovano la loro parola in Cristo, coloro che hanno subito la somma ingiustizia sono il sale che fa lievitare con la giustizia l’umanizzazione della storia ponendo fine alla disumanità della legge del più forte. Il messaggio critico/biblico è incompatibile con il capitalismo e, dunque, si coltiva l’ignoranza nelle giovani generazioni e si esalta un modello di libertà che ha al suo centro la pulsione al dominio e all’accumulo. Guardare il capitalismo anche dallo sguardo di Cristo morente è fondamentale, perché quello sguardo chiede di non morire e invoca la Pasqua per tutti coloro che vivono le ingiustizie del dominio. Nell’Almanacco socialista del 1899 Camillo Prampolini scriveva:

Ora, come mai – egli si domandava – come mai esistevano nel mondo tante ingiustizie? Come mai gli uomini erano divisi in ricchi e poveri, in padroni e schiavi? Come mai vi erano gli Epuloni viventi nel lusso e i Lazzari tormentati dalla più crudele miseria? Era possibile che Dio – il padre infinitamente giusto e buono – volesse queste inique disuguaglianze fra i figli suoi? No. Evidentemente queste disuguaglianze derivano solo dall’ignoranza e dalla malvagità degli uomini. Dio non poteva volerle. Certamente, Dio le condannava. Certamente, Dio voleva che gli uomini vivessero come fratelli – distribuendosi in pace e giustizia la ricchezza comune – e non già vivessero come lupi in guerra l’uno contro l’altro, godendo gli uni della miseria degli altri. Ebbene – diceva Gesù ai suoi compagni – noi dobbiamo dunque far guerra a questo brutto e doloroso regno dell’ingiustizia in cui siamo nati; noi dobbiamo volere, fortemente volere il «regno di Dio», – cioè il regno della giustizia, dell’uguaglianza, della fratellanza umana; noi dobbiamo fare ogni sforzo per attuarlo; noi dobbiamo persuadere i nostri fratelli che esso è possibile e non è un sogno. Dobbiamo trasfondere in loro la nostra fede, e il «regno di Dio» si avvererà. . . Questo, o lavoratori, questo era il pensiero e questa fu la predicazione di Cristo”.

Dobbiamo avere la chiarezza del “nemico” senza disperdere le energie in battaglie ormai superate. Il nemico è il capitalismo. Il capitalismo prolifera, perché sta necrotizzando l’intelligenza metafisica e politica dei popoli e per giungere a questo risultato ha accecato anche l’intelligenza del cuore senza la quale nulla è possibile. Le pietre scartate continueranno ad essere stritolate nella macina del capitale, se non impareremo tutti a guardare e vivere la realtà dal punto di vista degli scartati, anche se, in questo sistema lo siamo un po’ tutti, scrivente compreso. Accogliere la fragilità di ogni persona e sentirla propria è l’inizio della rivoluzione cristica. Nel Libro di Ezechiele si legge:

Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne”.

Non si può che pensare con concettuale simpatia coloro che resistono all’avanzata diabolica (divisoria) del male con l’esperienza della fede autentica, la quale insegna a testimoniare la presenza di Cristo nella storia. Se lo si deve cercare è fondamentale imparare a guardare coloro che testimoniano un altro modo di essere nel mondo. Le presenze silenziose preparano le svolte con i gesti del dono che ci conduce verso Alterità impensabili. La rivoluzione necessita anche di loro.

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