208 punti contro il marxismo occidentale
Il marxismo non è woke

Tradotto da Samuele Amaddio e Eros R.F., da un thread su X.

§1
Il marxismo non ha alcuna realtà in Occidente. Quasi tutti gli autoproclamati marxisti sono degli imbroglioni che non hanno nemmeno letto Marx, per non parlare di capirlo. Usano l’etichetta di marxismo, pur non sapendone nulla, come offuscamento pseudo-intellettuale per la loro ideologia liberale.

§2
Per cominciare, cos’è il marxismo?
Il marxismo non è una teoria dell’uguaglianza. Non è una diagnosi dell’ingiustizia, né una prescrizione specifica su come rimediare ai mali della società.
Il marxismo è un metodo per acquisire conoscenze sulle leggi che regolano lo sviluppo storico delle società.

§3
Il marxismo si considera quindi un tipo di scienza. La maggior parte delle persone pensa alla scienza come a qualcosa di puramente descrittivo.
Ma il motivo per cui i contemporanei di Marx lo chiamavano Prometeo è che ha lasciato in eredità una scienza che non si limita a descrivere la realtà, ma partecipa al suo sviluppo.

§4
Questo rende il marxismo totalmente contrario alla scienza moderna.
La scienza moderna pone la conoscenza al di sopra del suo oggetto. Conoscere significa denudare qualcosa alla coscienza e trasformarlo in un’utilità per il soggetto conoscente. Chi conosce un oggetto, può controllare, dominare e modificare un oggetto.

§5
Ma l’“oggetto” conosciuto dal marxismo non è altro che la società umana stessa.
E il paradosso sta nel fatto evidente che la società non è solo un oggetto, ma anche un soggetto.
I marxisti (soggetti) sono essi stessi parte dell’oggetto che rendono conoscibile.

§6
Per complicare ulteriormente le cose, Marx non sostiene che la sola conoscenza della società possa trasformarla.
Al contrario, egli dimostra che la società sta già arrivando a conoscere e a trasformarsi materialmente nella forma della classe proletaria, allora in crescita.

§7
La maggior parte delle persone pensa che Marx sia “prometeico” perché voleva che le sue idee fossero divulgate. Ma la VERA ragione è che ha avuto il coraggio di dichiarare il ritorno della conoscenza all’essere stesso, e agli esseri umani in particolare.
Ha creato una scienza che ha smesso di essere al di sopra del suo oggetto.

§8
Per Marx, la conoscenza delle leggi storiche a cui giungeva la coscienza si rifletteva nella storia stessa.
La conoscenza dell’umanità non domina l’umanità, ma rivela che essa è sempre stata presente e parte di essa.
“Il comunismo è l’enigma della storia risolto”.

§9
Perché la necessità di una coscienza di classe?
È qui che si fraintende il leninismo come un tentativo di trasformare la politica e il potere statale in uno strumento per realizzare qualche obiettivo della mente.
In realtà, il ruolo dei marxisti consiste nel diffondere la “buona novella” al proletariato disperato.

§10
La coscienza di classe, il cosiddetto “partito d’avanguardia” e lo Stato comunista sono la realizzazione della fede del proletariato in se stesso.
Il comunismo non si realizza “automaticamente” senza la partecipazione di un partito comunista, perché la società non è solo un oggetto.

§11
Né solo un soggetto. I partiti comunisti non creano nuove società, ma si limitano a guidare lo sviluppo della società esistente.
Questa guida è necessaria perché la politica, comunista o meno, è essa stessa parte della realtà materiale.

“Il Comunismo non è (…) un ideale a cui la realtà deve adattarsi. Chiamiamo Comunismo il movimento reale che sublima lo stato di cose presente.”

– Karl Marx

§12
Senza la guida della coscienza proletaria, il movimento propulsivo della società continua.
Ma porta a una crisi economica, politica, spirituale, morale e sociale complessiva. La società si divora da sola perché non riesce a dare un senso alle contraddizioni che la guidano.

§13
La crisi del marxismo occidentale risiede nella sua incapacità di superare la distinzione soggetto/oggetto quando si parla di società.
Come può la società essere un oggetto reale (materiale) e allo stesso tempo avere la qualità di responsabilità soggettiva? Emergono due risposte:

§14
La prima risposta del marxismo occidentale è un tipo di fatalismo, che Lenin chiama economicismo.
Secondo questa visione, la politica non è affatto coinvolta nella trasformazione rivoluzionaria della società, che avviene solo grazie all’economia o a un’insurrezione spontanea del proletariato.

§15
Il secondo (più rilevante) è l’estremo opposto.
In questa visione, la società deve agire come soggetto puro sotto forma di istituzioni (di partito o altro), sterminando ogni traccia del suo essere materiale pre-cosciente e oggettivo, ricreando tutta la società da zero.

§16
Ma entrambi i lati del marxismo occidentale sono incompatibili con il gesto prometeico di Marx di sospendere la conoscenza all’essere.
Nel primo, l’essere è sostenuto in modo del tutto indipendente dalla conoscenza.
Nel secondo, il sapere si afferma sopra e a spese dell’essere.

§17
Se la società diventerà comunista indipendentemente dalla partigianeria soggettiva impegnata dei comunisti, allora tutto ciò che si ha è la presunzione di qualche soggetto-sapiente che guarda passivamente il proprio oggetto soddisfare le aspettative della conoscenza soggettiva.

§18
Se il comunismo è solo una coscienza illuminata, allora si hanno soggetti psicotici privi di fiducia nel fatto che la loro conoscenza sia effettivamente basata sulla realtà (non cosciente) stessa, che denunciano quest’ultima come “reazionaria”.
Conoscenza solo come “autocoscienza soggettiva”.

§19
La “prassi” che unisce pensiero e pratica è allora solo nel movimento frattale dell’autocoscienza soggettiva – l’“azione” volontaria diventa l’“oggetto” del soggetto, che poi agisce sulla sua base: L’“oggetto” assume la qualità processuale della soggettività ancora da realizzare.

§20
Questo è esattamente il motivo per cui James Lindsay colloca il marxismo nella tradizione gnostica: Questa interpretazione occidentale del marxismo si fonda su una sfiducia metafisica nella realtà.
A causa di questa sfiducia, il bene, la virtù, ecc. risiedono solo nella conoscenza come pura autocoscienza soggettiva.

§21
Questo marxismo occidentale ha le sue origini nel neokantiano György Lukács, la cui opera fondamentale “Storia e coscienza di classe” fu scritta per risolvere il problema della distinzione soggetto/oggetto che poneva il concetto marxista di società, classe e storia.

§22
Per iniziare, Lukács si è impegnato in una forma di revisionismo evidente, attribuendo la responsabilità dell’impegno del marxismo al realismo naturale a Friedrich Engels e alla sua “Dialettica della natura”.

§23
Per Lukács, quando Marx si riferiva alla realtà materiale oggettiva, stava semplicemente opponendo la società come orizzonte di significato sovraindividuale alla soggettività individuale. Non includeva la realtà naturale oggettiva, che Lukács considera irrilevante per il marxismo.

§24
La società era “oggettiva” e la coscienza era “soggettiva”. La loro interazione dialettica, per Lukács, era la base della storia stessa.
Ma la realtà materiale al di fuori della mediazione sociale (la natura) era irrilevante e fuori da questa dialettica, fuori dalla storia.

§25
Il motivo per cui cito Lukács è che il marxismo occidentale è stato fondato sulla falsa idea che egli abbia risolto il problema della distinzione “soggetto/oggetto” per il marxismo.
Ma non ha fatto nulla del genere, ha solo cambiato la definizione di oggettività per escludere la realtà oggettiva stessa.

§26
Qui l’oggettività è solo la totalità reificata delle relazioni sociali, priva di responsabilità soggettiva attiva.
Questo ovviamente contraddice il materialismo di Marx, per il quale l’oggettività include la natura, non solo la società come orizzonte puramente trascendentale.

§27
Senza includere la natura nella definizione di realtà materiale, la coscienza di classe consiste nel dissolvere tutta la società, in tutta la sua oggettività, in una pura autocoscienza soggettiva. Per Lukács, la classe proletaria è il primo “soggetto-oggetto” che fa esattamente questo.

§28
Si tratta di una grossolana perversione del marxismo, ed è facile vedere il percorso della visione lukácsiana nella Scuola di Francoforte, nella Nuova Sinistra, nel “mondo accademico postmoderno”, negli studi di genere e nel wokeness nel suo complesso.
Ma è davvero colpa del marxismo occidentale lukácsiano?

§29
In realtà, quando Lukács decise di rifiutare Engels, stava solo scendendo a compromessi con il realismo moderno istituzionale.
La “Dialettica della natura” di Engels era troppo “metafisica” perché vedeva qualcosa di “umano” nella realtà. In altre parole, il contrario della sfiducia metafisica nella realtà!

§30
In altre parole, James Lindsay è un fottuto idiota quando attribuisce al marxismo la colpa della sfiducia metafisica del wokeness nella realtà.
In realtà, la sfiducia nella realtà è la base stessa della modernità borghese.
Si può pensare che sia l’intera premessa dell’Età dei Lumi!

§31
Nel regno della scienza: La sfiducia metafisica nella realtà assume la forma di sfiducia nelle nostre convenzioni, intuizioni, credenze religiose e sensibilità sulla natura della realtà.
La realtà è una pura ESTERNALITÀ a cui si accede solo con un’indagine fredda, indifferente e impersonale.

§32
Nel campo della politica: La sfiducia metafisica nella realtà prende la forma di sfiducia nell’autorità sovrana tradizionale, considerandola ingiusta, arbitraria e tirannica.
I sovrani devono essere legittimati da una procedura costituzionale o democratica esplicitamente astratta.

§33
Il fenomeno Woke è solo l’applicazione al regno della cultura, dove le norme non scritte della civiltà mascherano segretamente relazioni di ingiustizia, oppressione ed emarginazione – in virtù del fatto che non sono premesse da una coscienza espressamente consensuale, razionale, ecc.

§34
Nella modernità borghese, solo ciò che rientra nella sfera di responsabilità esplicita dei soggetti coscienti può essere “attendibile”.
Qualsiasi riconoscimento dell’umanità nella realtà stessa non è diverso da una superstizione: La realtà è arbitraria, priva di significato e maligna. Solo le istituzioni sono buone.

§35
La follia del capitalismo borghese, che aliena l’uomo dal suo essere materiale, è la vera responsabile del fenomeno Woke, NON il marxismo.
Lukács non ha fatto altro che rendere il marxismo compatibile con le istituzioni borghesi. Il problema originale è la borghesia stessa.

§36
Le origini gnostiche, occultiste e alchemiche dell’illuminismo borghese sono abbondantemente chiare. Lindsay accusa di marxismo ciò che in realtà è IL FONDAMENTO DEL LIBERALISMO!
Il marxismo è l’esatto OPPOSTO di questa concezione borghese della conoscenza (gnosi), del formalismo e del lavoro.

§37
Nel marxismo, lo scopo più alto della conoscenza è quello di cedere il passo alla realtà. Ciò comporta una grande fiducia nell’essere materiale: tutto ciò che è importante raggiunto dalla conoscenza, è già riconciliato all’interno della realtà materiale stessa.
Il paradosso è che questo “cedimento” è un atto necessario della coscienza.

Kant e Fichte si librano nel blu dei cieli
alla ricerca di una terra lontana,
Io cerco solo di afferrare il profondo e il vero
ciò che – per le strade – trovo

– K. Marx

§38
La risposta di Lukács a questo paradosso ha rivisto il marxismo stesso. Ma anche se Lukács dovesse essere respinto, il problema rimane.
Inoltre, qual è il vero problema della revisione di Lukács? L’esplorazione di questo aspetto rivela la via per una soluzione migliore.

§39
Come abbiamo mostrato, l’idea del comunismo come pura autocoscienza soggettiva si basa sull’idea che l’oggettività sia solo una relazione sociale reificata. Ciò pone naturalmente la questione di quale sia il contenuto di queste relazioni sociali, dato che finora sono solo pura forma.

§40
Il marxismo è materialismo storico e il comunismo è solo l’applicazione pratica del materialismo storico, attraverso il proletariato con coscienza di classe (consapevole del materialismo storico), alla società stessa. Ma cosa dice questo sulla natura della società?

§41
Significa che la società è una “totalità” indescrivibile di stati mentali, opinioni e credenze individuali, – l’oggettività delle relazioni sociali è solo il risultato della mente soggettiva che “reifica” segmenti della totalità e li tratta come realtà esterne a se stesse.

§42
In questo caso, la società non ha un reale contenuto determinato – è una pura “Cosa in sé” kantiana, una mera totalità di relazioni individuali che afferma la propria esistenza solo negativamente, attraverso la reificazione (“oggettivazione”) delle sue parti costitutive.

§43
Ciò significa che i rapporti materiali di produzione sono radicati in stati mentali reificati, non nella realtà materiale. La coscienza di essi (e l’azione) li dissolverebbe.
La società materiale è quindi definita da “ciò di cui la coscienza soggettiva non si è ancora assunta la responsabilità”.

§44
Avendo rifiutato qualsiasi forma specifica di Essere come necessariamente materiale, compresa la natura, è solo non riuscendo a rendere pienamente trasparente la Totalità che la coscienza può rinunciare alla sua aspirazione a dissolvere tutto in se stessa.
La Totalità è il sublime lukácsiano.

§45
La Totalità delle relazioni individuali nella forma della Storia, o Società, costituisce un tipo di oggettività assoluta che non è una mera reificazione – ma il contenuto libero, continuo e olistico di ogni possibile esperienza, stato mentale e soggettività.

§46
Una totalità non può assumere coscienza di sé, poiché non può essere confinata in un solo sé. Questa è semplicemente la fine del socialismo scientifico: L’unica cosa che si può veramente sapere sulla società è che non si può sapere nulla. Questa non è più conoscenza della Cosa di Kant.

§47
Riemerge la distinzione soggetto-oggetto, solo ora tra un’autocoscienza soggettiva (sotto forma di partito, istituzioni, ecc.) che rende trasparenti e si assume la responsabilità di tutte le determinazioni della società e la Totalità delle relazioni come oggetto supremamente impenetrabile.

§48
Siamo quindi di nuovo al punto di partenza, e non siamo più saggi nel rispondere:

  1. In che misura la società (compresi tutti i rapporti di produzione) è essa stessa oggettiva?
  2. Fino a che punto il comunismo è solo una coscienza soggettiva?

Queste sono le domande fondamentali del marxismo occidentale.

§49
Pongo un accento particolare sul marxismo occidentale, poiché queste domande sono ovvie nel quadro dell’esperienza del marxismo-leninismo. Lì la questione dell’oggettività della società e del comunismo hanno trovato una risposta pratica: Nell’Avanguardia sovietica e nella Grande rivoluzione culturale proletaria [GPCR].

§50
Entrambi questi eventi si sono scontrati con i limiti oggettivi delle loro aspirazioni di fondo e la saggezza del marxismo-leninismo – sia nel Socialismo in un Paese che nella Riforma e Apertura di Deng Xiaoping – si è definita in relazione a quell’esperienza.

§51
Inoltre, il marxismo-leninismo si definisce nel contesto di paesi in cui la questione della società e dell’individuo si risolve nei legami concreti della civiltà, legami che non sono mai stati messi in discussione nemmeno all’apice della sperimentazione rivoluzionaria.

§52
Nell’Occidente, relativamente atomizzato, non è affatto chiaro in che misura la società sia oggettiva o in che misura le idee siano soggettive, anche al di fuori della teoria marxista. Il pensiero occidentale moderno mette in dubbio tutto ciò che riguarda la società, persino la definizione di genere.

§53
La stessa distinzione tra soggetto e oggetto non è affatto chiara nella società occidentale, che è estremamente sensibile ai cambiamenti della cultura guidati dagli algoritmi. Persino il consenso scientifico è (giustamente) messo in discussione, mentre l’opinione degli esperti si traveste da fatto.

§54
In contrasto con la nozione di reificazione di Lukács, il vero problema della distinzione soggetto-oggetto non può che apparire radicato nella nozione di Essere oggettivo da essa implicata, come totalmente depurata dalla qualità umana. Anche se, in realtà, tutti gli oggetti appaiono in qualche modo contaminati da essa.

§55
Quando la coscienza pensante è completamente divisa dalla realtà, come puro spirito, anima, mente o cogito – ciò che rimane della realtà è completamente privo di significato e di ogni significato morale, storico, spirituale o umano.
Come può questo essere compatibile con il punto di vista di Marx?

Questo comunismo, come naturalismo pienamente sviluppato, equivale all’umanesimo, e come umanesimo pienamente sviluppato equivale al naturalismo; è la vera risoluzione del conflitto tra uomo e natura e tra uomo e uomo – la vera risoluzione della lotta tra esistenza ed essenza, tra oggettificazione e autoconferma, tra libertà e necessità, tra individuo e specie.

– K. Marx

§56
Anche i marxisti, a partire da Plekhanov, hanno optato per un regresso nello spinozismo come mezzo per risolvere il problema, dove soggetto e oggetto collassano nella suprema Sostanza. In questo modo la coscienza pensante è il semplice attributo della Sostanza: la forma più fondamentale dell’Essere.

§57
Il filosofo sovietico Ilyenkov si spinge fino a delineare le implicazioni cosmologiche speculative di questa visione, secondo cui il pensiero nasce come attributo necessario della materia per prevenire la morte termica dell’universo, dando inizio a una catastrofe cosmica cosciente per resettarlo.

§58
Il problema dello spinozismo non è la visione secondo cui mente e materia (“soggetto e oggetto”) condividono la realtà, ma la nozione di realtà come “Sostanza”: una visione metafisica dell’oggetto già unito alle sue determinazioni soggettive. La Sostanza non ha quindi alcun interesse nei suoi attributi.

§59
Questo è solo uno dei modi per “risolvere” il problema negandolo del tutto: La sostanza è una mera oggettività data forma dalla mente. La sostanza è trattata come suprema, antecedente e data, ma è depositaria di una determinazione dogmatica soggettiva, non di una vera oggettività.

§60
La visione marxista-spinozista non può fondare le origini della coscienza proletaria, del marxismo e del partito comunista nella realtà – reprime le proprie origini e pretende che queste sorgano in perfetta continuità con la stessa Sostanza, illuminando di fatto se stessa.

§61
Questa visione non nasce da alcuna procedura necessaria di pensiero, esperienza o relazione con il mondo. È una visione metafisica che non si paga in alcun modo – è un’intuizione che non può essere riprodotta materialmente, un puro dogmatismo della mente.

§62
Non c’è mai il gesto decisivo di Marx di rinunciare alla conoscenza per sospenderla nell’Essere – la Sostanza è la concezione di una conoscenza che è già inerente all’Essere, perfettamente continua con l’intelletto che in nessun momento corre sul limite delle sue pretese.

§63
In pratica, diventa una sorta di arroganza ideologica, che afferma l’irrealtà e l’insignificanza di ogni legame di civiltà effettivamente sostanziale, a favore di una ‘Sostanza’ suprema che non ha alcuna pelle propria nel gioco, né alcuna realtà al di fuori di un intelletto calcificato.

§64
Ancora più importante, rende il socialismo scientifico un dogma metafisico, incapace di ricavare una conoscenza concreta della realtà sociale concreta. Non è possibile alcuna specificità dell’oggettività sociale – tutto è solo “capitalismo” che permea l’insieme dei suoi “attributi”.

§65
È ovvio che se “tutto” è oggettivo, allora non lo è nulla in particolare, compresa la società stessa. La misura dell’oggettività della società è la misura in cui essa è continua con un dogma della mente. Non c’è da stupirsi che Spinoza sia il pensatore preferito dal mondo accademico pseudo-marxista!

§66
Lo spinozismo è categoricamente incompatibile con il marxismo solo perché i suoi fondamenti rendono impossibile la comprensione delle leggi che regolano lo sviluppo storico e il particolare carattere qualitativo delle società. Non potrebbe mai costituire una coscienza di classe.

§67
In particolare, non può permettere il riconoscimento dell’oggettività delle contraddizioni (come la lotta di classe). Al posto dell’oggettività della lotta di classe c’è una pura “volontà di immanenza” soggettivista, una nozione di comunismo tanto antisociale quanto l’“autocoscienza” lukácsiana.

§68
Il concetto scolastico di Sostanza non risolve la distinzione oggetto-soggetto (il principale problema teorico del marxismo occidentale), ma la nasconde soltanto. Per gli oltre 100 anni in cui il marxismo occidentale l’ha confusa con il materialismo di Marx, il marxismo è stato condannato al languore metafisico.

§69
È sufficiente ricordare l’azzeccata visione di Spinoza da parte di Marx: un’oggettività metafisicamente mascherata che esclude l’oggettività dell’uomo, e quindi il socius rilevante per il materialismo di Marx stesso.

La disputa tra Strauss e Bauer su Sostanza e Autocoscienza è una disputa all’interno della speculazione hegeliana. In Hegel ci sono tre elementi, la Sostanza di Spinoza, l’Autocoscienza di Fichte e l’unità necessariamente antagonista dei due di Hegel, lo Spirito Assoluto. Il primo elemento è la natura metafisicamente mascherata separata dall’uomo; il secondo è lo spirito metafisicamente mascherato separato dalla natura; il terzo è l’unità metafisicamente mascherata di entrambi, l’uomo reale e la specie umana reale.

– K. Marx

§70
Il marxismo è riuscito a superare la metafisica, ma solo in un ambito limitato della pratica. Vale a dire nelle indagini di Marx nel Capitale, negli scritti di Friedrich Engels e nell’esperienza storica concreta del marxismo-leninismo.

§71
Marx ed Engels non sono riusciti a trasmettere pienamente il loro genio teorico. Solo Lenin lo ha ereditato e gli ha dato una realtà pratica. Il genio del marxismo è sopravvissuto come genio di statisti e Civiltà della storia mondiale, ma la sua scintilla originale di coscienza è andata perduta.

§72
Il marxismo-leninismo è emerso come un tipo di phronesis, le cui prospettive avanzate sono state stabilite dal contesto dell’esperienza storica concreta del comunismo. Non si tratta di una questione strettamente teorica, ma anche di un tipo di sensibilità avanzata basata sulla realtà pratica.

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§73
Il gesto prometeico di Marx acquisiva la realtà oggettiva e la storia esclusivamente al di fuori dell’Occidente, dove l’oggettività della società non era una questione metafisica, ma una realtà data. E il problema della metafisica permeava l’intero pensiero occidentale, non solo il marxismo occidentale.

§74
Affinché il marxismo abbia un senso in Occidente, non può ignorare questo problema, perché quando lo fa rimane comunque intrappolato in esso, regredendo inevitabilmente l’oggettività materialista dal socialismo scientifico pratico alla cornice scolastica kantiana o spinozista.

§75
Nel caso del kantianismo (come in Lukács), l’oggettività proletaria si dissolve nel soggettivismo delle istituzioni social-dem. Nello spinozismo, invece, diventa una presunzione intellettuale che non rischia nulla [nella sua applicazione enlla realtà]. Revisionismo, opportunismo e disfattismo sono la conclusione certa di entrambi.

§76
L’oggetto nella forma del “capitalismo” – sia come Cosa che come Sostanza – diventa così schiacciante e insormontabile, che la debolezza comparativa della soggettività marxista si fa strada. Lo spettro paranoico del “fascismo” riflette una coscienza sempre in ritirata di fronte al suo oggetto.

§77
E quasi nulla potrebbe affermare questa paranoia più del fatto che il pensatore che ha finalmente avviato la rivoluzione che avrebbe emancipato la mente occidentale dalla metafisica borghese una volta per tutte, è quasi altrettanto famigerato per la sua affiliazione al nazismo tedesco.

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§78
Allievo di Husserl e della scuola fenomenologica, Martin Heidegger getta involontariamente le basi per una completa riscoperta di Marx, emancipando il pensiero occidentale dalle sue catene metafisiche e aprendo la strada a una visione materialista veramente coerente.

§79
Heidegger sceglie di orientare il pensiero verso un’origine più fondamentale di quella che può essere contenuta nella cornice della riduttiva distinzione “res cogitans/extensa” o “soggetto/oggetto”, e cioè verso l’Essere in quanto tale. Questo è l’inizio di ciò che viene popolarmente chiamato ontologia.

§80
Per Heidegger, l’Essere in quanto tale preesiste alla classificazione, alla categorizzazione, all’utilizzo, ecc. di particolari esseri da parte del pensiero. È l’“Essere degli esseri” – il terreno più fondamentale attraverso il quale gli esseri particolari ci vengono dati – sia nell’esperienza, sia nella contemplazione, sia nella pratica.

§81
Egli chiama la differenza tra l’Essere e gli esseri la differenza ontologica. Ogni relazione con gli esseri si basa su un orizzonte fondamentale dell’Essere in quanto tale. Quando un orizzonte specifico acquisisce il dominio storico, è metafisico – imponendo all’Essere una relazione specifica attraverso il pensiero.

§82
La visione dell’Essere pensante si basa su un fondamento molto meno metafisico del soggetto cartesiano: come Dasein, un essere per il quale esiste una domanda o un’apertura dell’Essere. Il Dasein incarna la stessa discontinuità dell’Essere che giustifica la Differenza ontologica.

§83
Il problema della distinzione soggetto-oggetto è che può considerare gli esseri come oggetti solo per un determinato soggetto. Ciò comporta una nozione di oggettività che è idealista a priori. La nozione di soggetto implica anche una visione specifica degli oggetti come semplici utilità per la sua realizzazione.

§84
Il soggetto, inoltre, definito come res cogita, è il pensiero stesso preso come proprio oggetto reale. Ciò implica un’alienazione del pensiero dalla realtà, precludendo la sua scandalosa incipienza nell’Essere. Questa nozione è la conclusione finale dell’idealismo; per Heidegger la metafisica in quanto tale.

§85
Marx ha già realizzato il rifiuto del culmine della filosofia idealista, soprattutto nei suoi primi scritti. Ma l’incipiente linguaggio materialista di cui si è servito (uomo, classe, modo di produzione, ecc.) è stato in seguito vittima di concettualizzazioni inevitabilmente metafisiche.

§86
Alcune di queste concettualizzazioni sono state coinvolte nella prima rottura del marxismo europeo stesso. La natura mutevole della produzione capitalistica e il ruolo del proletariato cessarono di conformarsi perfettamente alla loro concezione, e questo fu usato dalla socialdemocrazia per giustificare il suo revisionismo.

§87
Il marxismo occidentale, con la sua ortodossia concettualista, si è infiltrato nella metafisica, per cui è naturale che solo un pensatore occidentale del tutto estraneo al marxismo – e persino del tutto contrario ad esso politicamente – potesse avviare l’emancipazione del pensiero occidentale dalla metafisica.

§88
Heidegger può essere stato afflitto da varie peculiarità idealistiche e politicamente discutibili, ma queste non definiscono il suo significato storico primario. Il suo significato primario sta nel porre tutto il pensiero su una base che afferma la sua posteriorità di fronte all’Essere.

§89
Il concetto di Dasein aiuta a risolvere il problema fondamentale della teoria marxista: Il paradosso soggetto/oggetto e il suo individualismo metodologico. Per la prima volta, la società, le classi e le civiltà possono essere riconosciute come reali in modo coerente con la visione materialista.

§90
Il Dasein non si concede necessariamente un significato esclusivo alla contemplazione nella sua questione complessiva dell’Essere, quindi non è solo un altro concetto di soggetto: Non si tratta di una semplice cognizione, ma di un essere-nel-mondo che affronta la disgiunzione costitutiva con l’Essere nel suo stesso essere.

§91
Questo orientamento fenomenologico globale permette al pensiero di riconoscere la realtà senza tentare di assumere preventivamente le conseguenze o le implicazioni che essa ha per l’essere pensante. Quali che siano le conseguenze o le implicazioni, esse iniziano con l’essere, non con il pensiero.

§92
È indubbiamente possibile che il Dasein possa essere concepito esclusivamente come individuo, ma a differenza del concetto di Soggetto, non è necessariamente così. L’essere in quanto tale è una sorgente comune che attraversa i “soggetti” individuati, ed è il terreno di messa in scena di qualsiasi realtà condivisa.

§93
Inoltre, senza riconoscere l’incipienza del pensiero da un Essere più fondamentale, il materialismo marxista diventa un’assurdità: La materialità diventa identica al pensiero della materialità (come la Sostanza), e quindi un’idea! In questo modo, il materialismo diventa facilmente idealismo.

§94
Il Dasein è costitutivamente un essere già gettato in un mondo, un mondo che non solo non si è scelto, ma la cui datità, sotto forma di esseri, non può essere preventivamente definita da pensieri, idee o concetti. Si basa piuttosto su una relazione con l’Essere in quanto tale, che può essere solo scoperta.

§95
L’individuo reale si colloca così su uno sfondo in cui la sua stessa identità individuata è subordinata a un orizzonte più fondamentale dell’Essere. Il Dasein, nella sua incipienza, non conosce distinzioni tra individui, o tra sé e gli altri. Non è nemmeno un collettivo.

§96
In genere, i marxisti cercano di risolvere l’antinomia della socialità (o la somma dei soggetti individuali o un soggetto collettivo di cui gli individui fanno parte) definendola semplicemente, in modo grottesco, come un “complesso” di relazioni tra individui, troppo numerose per fondarsi in qualcosa di definito.

§97
Il concetto di Dasein, propriamente detto, non implica necessariamente nemmeno un’identità individuata, né tanto meno un raggruppamento di individui – ma uno sfondo più fondamentale e antecedente a partire dal quale gli individui acquisiscono distinzione, posto e identità all’interno di un mondo.

§98
La qualità simultanea di essere aperto all’Essere, pur essendo esso stesso Essere, implica il Dasein come un’incipienza di pensiero che va dalla questione di un soggetto di fronte al suo oggetto, a una qualità dell’“oggetto” stesso, come originariamente discontinuo rispetto a se stesso.

§99
Un Dasein è già immerso in un mondo, è un’esistenza fondata e corrisponde contemporaneamente a un’apertura dell’Essere in questione o almeno in discontinuità con quell’esistenza. Tuttavia, questo Essere non è altro che l’Essere stesso del Dasein.

§100
Questa differenza ontologica (tra un mondo di esseri e l’Essere in quanto tale) non è antagonista, poiché l’Essere si limita a rivelare se stesso, il che non significa che sia in contrasto con il mondo, ma solo che gli viene attribuito un significato privilegiato nel modo in cui si rivela al Dasein, in contrasto con gli esseri.

§101
Gli esseri particolari acquistano definizione nel loro uso, o significato generale, ma il loro vero significato è sempre metonimico, sempre riferito a qualcosa di più fondamentale di loro stessi: L’essere in quanto tale è quindi anche l’orizzonte ultimo di significatività a cui si riferiscono gli esseri.

§102
La definizione stessa di un Dasein risiede nel punto in cui esso si trova di fronte alla soglia oltre la quale non può andare, definendo contemporaneamente l’insieme di ciò che è. Tipicamente intesa come la morte di una persona, ma soprattutto come il punto in cui il Dasein può riconoscere la propria finitudine.

§103
Ciò che è necessariamente al di là di ogni essere particolare, anche dell’ego individuale. L’essere in quanto tale fonda la finitudine del Dasein, e la significatività non sorge semplicemente nella morte fisica di una persona, ma nell’Essere stesso, nella misura in cui stabilisce i limiti del suo rivelarsi a un dato Dasein.

§104
Il difetto di Heidegger sta nell’ambiguità del Dasein. Mentre il Dasein è gettato in una comunità data, come orizzonte stabilito dell’essere, acquisisce un rapporto autentico con l’Essere solo attraverso l’esercizio della volontà individuale, dove arriva a riconoscere la propria finitudine.

§105
Tuttavia, allo stesso tempo, la comunità è il terreno stesso del Dasein, poiché la relazione con gli altri costituisce un dato orizzonte d’essere convenzionalmente stabilito. Ciò che rimane ambiguo è lo status antisociale dell’Essere che si rivela al Dasein.

§106
L’esperienza della finitudine è necessariamente individuale, tuttavia lo status della finitudine dell’Essere stesso non è chiaro. Ciò è accentuato dal fatto che per Heidegger ogni determinatezza dell’Essere è metafisica, chiude la differenza ontologica riducendo l’Essere a un essere particolare.

§107
Sebbene Heidegger non chiarisca come la comunità acquisisca la singolarità dell’essere, egli fonda l’Essere fenomenologico sul luogo della sua concepibilità, liberandolo dall’individualismo metodologico dell’intersoggettività: e questo è il suo principale risultato per il marxismo.

§108
Come si è visto, senza l’aiuto di Heidegger il marxismo regredisce inevitabilmente nella metafisica. Ma paradossalmente, la comprensione della metafisica da parte di Heidegger è il principale difetto della sua visione, che non solo la condanna alla stagnazione, ma la espone al rischio dell’idealismo.

§109
Heidegger non distingue, nella sua concezione della metafisica, tra l’Essere nella specificità della sua determinazione e l’Essere nella specificità della sua comprensione all’interno della storia della filosofia. Egli estende l’etichetta “metafisica” al di là dell’ambito del pensiero.

§110
Per lui la metafisica è un’attualità. Così, la modernità industriale capitalista è essa stessa il risultato della metafisica ed è implicita: una conseguenza della storia della filosofia. Ovviamente, da un punto di vista marxista elementare, o anche di buon senso, egli ha sbagliato tutto.

§111
Per capire come l’Essere stesso acquisisca una determinazione specifica, è sufficiente tornare alla differenza ontologica tra l’Essere e gli esseri particolari. Heidegger colloca questa differenza al centro del turbamento esistenziale del Dasein, per il quale l’Essere è sempre in questione.

§112
Questo dilemma, pur non essendo identico, è perlomeno parallelo a quello di Kant, per il quale il soggetto trascendentale è ugualmente situato tra le antinomie. È quindi sufficiente guardare “in parallelo” a Hegel per la soluzione, e trasporre la differenza come differenza dell’Essere stesso.

§113
Cioè, la differenza ontologica dovrebbe cambiare in primo luogo la nozione operativa di Essere, dalla sua concezione unilaterale impantanata nell’immobilità del pensiero, a una comprensione dell’Essere come contraddizione, differenza, ecc. in sintesi, un’unione dialettica di contrari.

§114
Così l’Essere in quanto tale acquisisce la determinatezza come unione ontologica assoluta degli opposti, trasponendo la differenza al centro del Dasein in una caratteristica dell’Essere stesso. Il fatto che esista il Dasein in primo luogo dovrebbe cambiare qualcosa nella nostra comprensione dell’Essere stesso.

§115
Tuttavia, a differenza di Hegel, non è necessario trarre la conclusione che il pensiero sia l’elemento essenziale della contraddizione nel cuore dell’Essere – il passo falso degli hegeliani fenomenologici, da Kojeve a Žižek, che sono regrediti rispetto al risultato originale di Heidegger.

§116
La conclusione importante è che l’ontologia – intesa non come contemplazione filosofica, ma come soglia reale con cui l’uomo si rapporta all’Essere in quanto tale – è essa stessa attivamente sospesa e si riproduce all’interno della realtà materiale, come terreno formativo di ogni pensiero.

§117
Questa soglia non si trova nei limiti della filosofia, ma nei limiti dell’esistenza stessa dell’uomo, essa stessa sospesa nella storia temporale. Tale limite non è la soglia della padronanza dell’uomo sulla natura, ma il limite con cui l’uomo vive, si relaziona con gli altri e con le cose.

§118
Tale limite non prescinde da alcuna filosofia, idea o coscienza, ma è il limite autentico dell’esistenza dell’uomo in relazione all’intero Essere, condizionato non necessariamente dalla limitazione fisica, ma dal limite della contraddizione assoluta che forma il senso stesso.

§119
Questo può essere inteso come la contraddizione tra la datità dell’essere e l’Essere in quanto tale, o tra le norme determinate della civiltà e la loro unità in un’autorità statale, una cornice specifica di passato e futuro, particolare e universale, molti e uno, ecc.

§120
Heidegger (almeno nei suoi primi anni) non riusciva a vedere che il Dasein non è solo un essere per il quale esiste una domanda sull’Essere – ma anche un essere per il quale tale domanda è già risolta in un modo specifico. Heidegger supponeva che tale risoluzione fosse necessariamente metafisica.

§121
Se è vero per la storia della filosofia, non lo è per l’uomo vivo e reale, per il quale la contraddizione tra la determinatezza dell’Essere e l’apprezzamento per l’ontologico è il contenuto stesso di quest’ultimo. È ciò che dà senso all’Essere stesso!

§122
La contraddizione assoluta è una contraddizione di incipienza, tra determinazione e origine. La contingenza del Dasein non è semplicemente una questione di scelta, come pensava Heidegger, ma in una determinazione la cui “ragione” è chiara solo retroattivamente, come il collasso di una funzione d’onda.

§123
Una civiltà è così com’è, non perché sia fisicamente impossibile che sia in un altro modo, ma proprio perché è fisicamente possibile. Solo assumendo una determinazione su uno sfondo di molte, una ragione superiore può partecipare allo sviluppo di un popolo.

§124
Il marxismo occidentale, prima di impegnarsi nell’analisi “materialista storica”, proietta una volgare visione metafisica (rifiutata da Marx ed Engels) dell’umanità, secondo la quale l’uomo si trova sull’orlo dell’estinzione fisica. Pertanto, tutto ciò che riguarda la società si riduce alla sopravvivenza.

§124.1
Quindi, la lotta di classe si riduce in ultima analisi alla scelta razionale individuale, e un gruppo si trova semplicemente svantaggiato rispetto agli altri, per il fatto di non essere in grado di soddisfare i desideri o di limitare le scelte degli individui. Ciò che è problematico è la chiarezza.

§124.2
È in netto contrasto con la visione marxista della lotta di classe, che colloca l’antagonismo di classe all’interno di un’unica divisione del lavoro, come contraddizione al centro dell’essere stesso – dandogli un significato ontologico, piuttosto che come risultato di individui in conflitto.

§125
Capire una data Civiltà è semplicemente una questione di comprensione del modo di produzione. Il problema è che non si preoccupano mai di chiedersi esattamente cosa viene prodotto. Cominciano e finiscono con l’individuo, non arrivando di fatto ad alcuna conoscenza reale.

§126
Il problema, naturalmente, è che l’individuo è situato all’interno di un orizzonte più fondamentale con cui si relaziona agli altri, alle cose, ecc. I marxisti conoscono bene questo discorso, ma non chiariscono mai cosa si intenda a livello materiale oggettivo.

§127
Un modo di produzione è il modo in cui qualcosa viene riprodotto; questo qualcosa non può essere solo l’individuo. Perché un modo di produzione sia generale, deve avere esso stesso un oggetto generale, altrimenti l’intero concetto diventa completamente inutile.

§128
Per cominciare, questo oggetto – che è in realtà l’Essere specifico del Dasein – deve essere una specifica logica di riproduzione. Si potrebbe chiamare unità di civiltà o divisione del lavoro. I marxoidi hanno dedicato un’eternità di soliloqui al Capitale come logica di riproduzione.

§129
Il Capitale, la cui logica è la standardizzazione, l’astrazione e l’utilitarismo, non è una logica specifica, ma un vuoto universalismo, che si conclude con la moderna “civiltà” americana, ora una mera estensione della Chiesa della metafisica cartesiana (governo, istituzioni finanziarie ecc.).

§130
Il “M-C-M” [Moneta-Merce-Moneta] non è altro che la forma di riproduzione della moderna politica europea; l’astrazione della forma merce corrisponde all’astrazione dello Stato. Il Capitale non è un processo autonomo, ma una questione di civiltà. Un oggetto più profondo ha la precedenza su di esso.

§131
In un certo senso, Heidegger ha ragione nel dire che qui l’ontologia ha il primato. Prima che ci fosse il capitalismo, c’era un modo più fondamentale in cui la civiltà europea si rapportava all’Essere nel suo complesso. Ciò non significa che quest’ultimo sia arbitrario – al contrario, è storico-mondano.

§132
Il punto è che, contrariamente alla visione materialista volgare, tutte le domande, le aspirazioni, le paure e i sogni “metafisici”, spirituali, culturali, scientifici, ecc. dell’umanità erano legati allo sviluppo del capitalismo e riflettevano la loro più alta relazione con l’Essere in quanto tale.

§133
Conoscere una logica di riproduzione significa conoscere ciò che è più sacro, fondamentale e ontologico per un dato popolo. Nessuna concezione astratta, geometrica meccanica o aritmetica della produzione fisica è sufficiente a produrre la conoscenza di un determinato modo di produzione.

§134
È chiaro che Heidegger, pur fornendo le basi per un marxismo liberato dalla metafisica, difficilmente ci permette di andare così lontano con il concetto di Dasein. Ma almeno, con l’aiuto di Hegel, è possibile cogliere la differenza ontologica come una caratteristica dell’Essere stesso.

§135
Questo è il secondo passo più importante per arrivare a una vera concezione dell’oggettività della società, dopo la svolta fenomenologica di Heidegger. Questo perché stabilisce che l’Essere è una contraddizione specifica, quindi ha una sorta di finitudine al di là della morte individuale.

§136
Questo non ci dice ancora nulla di particolare su un Dasein specifico. Perché ciò sia possibile, è necessario fare un passo fondamentale oltre Heidegger e oltre l’Occidente stesso. Heidegger ci ha dato una via di fuga dalla metafisica – ma non una prospettiva già al di fuori di essa.

§137
È stato Aleksandr Dugin a realizzare la particolarizzazione del concetto di Dasein di Heidegger, consentendo così di metterlo all’opera in modo produttivo, persino pratico. E lo fa tornando all’inizio della metafisica secondo Heidegger – nel Logos.

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§138
Il Logos è la prima dimenticanza dell’Essere, nella forma dell’Essere come identità della differenza. Mentre Heidegger identifica l’Essere con il Tempo, Eraclito identifica l’Essere come cambiamento e flusso costante, e quindi come identità della differenza stessa. L’inizio della filosofia occidentale.

§139
Dugin, piuttosto che languire nel melodramma del lungo oblio dell’Essere, impiega il Logos come concetto produttivo: Come logica dell’esistenza di una data Civiltà, che definisce il suo particolare Dasein, o ontologia. Questa analisi è solo superficialmente idealista, ma non necessariamente.

§140
Dugin afferma di rifiutare il materialismo nel suo complesso. Tuttavia, solo il suo linguaggio è metafisico: ciò che descrive non è altro che l’essere comune metafisicamente celato che è la premessa di qualsiasi applicazione del socialismo scientifico. Il nocciolo del suo pensiero è materialista.

§141
Il Logos è la forma rivelata del Dasein, che ripulisce Heidegger da ogni traccia di potenziale soggettivismo e, in modo propriamente hegeliano, traspone la stessa differenza ontologica in un oggetto determinato. L’analisi geopolitica attiva può allora sostituire la contemplazione impotente.

§142
Dugin propone lo Spazio come controparte adeguata del Tempo heideggeriano, perché non gli dispiace essere “metafisico”, nel senso di fondare l’Essere nella specificità. Ma in una prospettiva materialista, passare dal generale al particolare è l’opposto del metafisico.

§143
Dugin è necessario per il marxismo, perché senza specificare l’essere comunitario, che è la premessa del socialismo scientifico, non solo regredisce nella metafisica (e non può trarre alcuna intuizione particolare), ma diventa un’estensione a buon mercato del liberalismo unipolare americano.

§144
Dugin può dare espressione a questo essere sociale in modo apertamente metafisico, ma questo è solo un vestito di Halloween. L’importante è che lo delimiti come il terreno stesso del pensiero, adempiendo alla logica della dialettica marxista-leninista, a partire dal particolare.

§145
Il socialismo in un Paese rifletteva la logica precisa secondo cui il comunismo universale può essere costruito solo all’interno di un determinato essere comunitario, non una vana pretesa di tutto il mondo, ma una relazione concreta e fondata tra un determinato partito e un determinato Paese.

§146
L’orientamento geopolitico di Dugin consente di comprendere l’oggettività delle civiltà al di là del formalismo della statualità: gli Stati esistono solo nella misura in cui possono riflettere il Logos di fondo di una Civiltà, riflesso nella sua geografia.

§146.1
Per Dugin, il Logos acquisisce particolarità (al di là della mera identità della differenza) quando stabilisce una logica particolare che mette in relazione l’uno con i molti, l’identità e la differenza, l’essere e il divenire, la stasi e il flusso, l’universale e il particolare, l’autorità centrale e la comunità locale, ecc.

§146.2
Il Logos è improntato a una logica particolare di come si rapporta alla propria incipienza, di come esclude il nulla, di come un popolo si rapporta alle proprie origini costitutive, con quali mezzi si rapporta a un’universalità, quale limite specifico definisce la sua esistenza.

§147
Il Logos della Civiltà si traduce facilmente, in termini marxisti, in una specifica logica di riproduzione comunitaria, che a sua volta non avrebbe alcun significato senza riconoscere il primato dell’“ontologia” – almeno intesa come il modo in cui l’uomo riproduce le condizioni della Forma.

§148
Con Dugin, la conoscenza può essere derivata solo dalle fondamenta: ogni presupposto metafisico, noetico, persino psicologico è sospeso e messo in pericolo fenomenicamente – non una sola presunzione della mente può essere inattiva nell’indagine delle Civiltà e della geopolitica.

§149
Ciò che spiega gran parte del misticismo di Dugin è la fenomenalizzazione dell’intelletto attivo, che deve sconfinare oltre se stesso e nelle sue reali premesse materiali, dove solo un linguaggio del sublime può bastare a dare espressione ai suoi limiti oggettivi.

§150
È importante notare che per Dugin questi limiti sono messi al lavoro: i limiti della metafisica sono limiti immanenti del Logos stesso, consentendo così un’analisi e un’indagine positiva delle diverse Civiltà, anziché limitarsi a comprenderle in termini di differenze.
La lotta di classe, con un adeguato riconoscimento ontologico, riflette la sussunzione dell’universalismo modernista (per Heidegger, la metafisica cartesiana) a un particolare fondamento dell’Essere, una particolare Civiltà tradizionale e uno sviluppo concreto.

§184.3
Così il Comunismo non cerca di sfuggire alla modernità o al soggetto cartesiano, ma lo attraversa pienamente: gli conferisce il proprio statuto ontologico di contraddizione immanente, in sintesi, di oggetto dialettico. La “forma-valore” viene finalmente riconosciuta, come lacerata dall’interno.

§184.4
La forma-valore è immersa nel contesto di una logica di riproduzione definita, che di fatto le conferisce una particolarità concreta, e la cui esistenza è l’inizio di un tipo di produzione basato sull’uso – in altre parole, il cosiddetto stadio iniziale del socialismo.

§185
Il Comunismo è la realtà ineludibile dell’umanità – ma solo il Comunismo in quanto tale, che “disdegna di nascondere i suoi scopi”, libera oggettivamente l’umanità da una determinata forma di comunanza, nella misura in cui essa contraddice il contenuto reale della comunanza.

§186
Il Dasein non è altro che il Comunismo stesso. Il Comunismo è il vero orizzonte entro il quale si rivela l’oggettivo essere comunitario di un determinato popolo, in modo coerente con il suo mondo e la sua società. Il Comunismo è il vero movimento di cambiamento.

§187
I comunisti non hanno bisogno di “abolire” alcunché – nella misura in cui qualcosa merita di essere abolito, si è già abolito nella realtà: Solo nel Comunismo le contraddizioni, i cambiamenti e le aspirazioni di un popolo sono sospesi in un unico orizzonte fenomenico.

§188
Il Comunismo si limita a dare espressione al “comunismo reale” già insito in una data Civiltà o in un dato popolo, semplicemente GLI DA UN NOME. Il comunismo nomina solo l’eccesso di sviluppo, di indeterminazione e di contraddizione che ogni Civiltà possiede.

§189
Il Comunismo “cade sempre al suo posto”, in un modo che riconcilia, sublima ed è compatibile con le Civiltà esistenti. Il Comunismo nomina semplicemente l’apertura del destino stesso, che in ultima istanza può essere conosciuto solo da Dio – ma sicuramente non da un uomo.

§190
Nel Comunismo, l’intera Civiltà, cultura e società è “sollevata” e messa in pericolo dalla lotta del proletariato. Solo retroattivamente si può sapere cosa sopravvive oltre la soglia della sua inevitabile vittoria. L’intera storia dell’umanità è messa in pericolo.

§191
Il Comunismo è sicuramente il rischio che tutto ciò che è significativo e umano si dissolva. Tutto è “sospeso” nel futuro, che è in definitiva indecidibile. La fede in Dio, la fede nel popolo – è la fede che le cose torneranno al loro posto in un modo che sia umano.

§192
L’intero popolo, l’intero Paese e l’intera storia sono in pericolo nella lotta per il futuro. Tutto è legato lì. Tutto è attivamente sospeso in qualcosa che non si deciderà senza lottare. È in gioco assolutamente tutto.

§193
Il motivo per cui si chiama “Comunismo” e non qualcosa di più specifico è proprio perché la sua specificità, pur essendo inevitabile, non si forma mai completamente. Ciò è dovuto allo sviluppo storico dell’umanità come processo continuo.

§194
L’epoca della riscoperta del marxismo in Occidente, e in particolare in America, è ormai alle porte. L’America, culmine della modernità borghese, si trova ora di fronte alla prospettiva certa di una guerra civile. E la follia autoconsumatrice della modernità capitalista mette in pericolo l’intera umanità.

§195
Un nuovo evento, una nuova era della rivelazione dell’Essere è alle porte – una nuova soglia con cui l’umanità si relaziona all’Essere, e quindi un’era di rinascita comunista. 400 anni di metafisica cartesiana si chiudono ora, e siamo gettati in un’epoca di definitiva incertezza.

§196
Il marxismo nel suo complesso deve essere riscoperto ed emancipato dalla sua decadenza metafisica socialdemocratica, in modo coerente con l’esperienza in corso del marxismo-leninismo. Ne va del destino comune dell’umanità.

§197
Si può tentare di obiettare a un’interpretazione del marxismo che attinge da Heidegger e Dugin. Ma non c’è altro modo per dare un senso alle saggezze del marxismo-leninismo, almeno dal punto di vista occidentale. E non solo in termini di teoria, ma anche in termini di pratica.

§198
Gli Stati comunisti realmente esistenti consideravano (e continuano a considerare) la società e la civiltà come realtà oggettive, riconoscendo al contempo il ruolo del partito comunista come guida dello sviluppo della società. Lo sviluppo non elimina le leggi della storia.

§198.1
Non consideravano la coscienza comunista come una realtà suprema che liquida e sostituisce tutte le saggezze dell’umanità con una vuota astrazione. La coscienza comunista era proprio l’intuizione, l’apprezzamento e il rispetto di quella saggezza.

§198.2
Il Comunismo non sostituisce la società. Dà solo espressione a quello sviluppo che nella società è veramente e concretamente generale, veramente universale, veramente comune. Questo è il primato ontologico rappresentato dal proletariato: il vero destino comune dell’umanità.

§198.3
L’universalismo del proletariato dà per scontato l’universalismo della modernità astratta (da cui il comunismo trae origine). Tuttavia, evita la follia autoconsumante del globalismo, dando una concreta riconciliazione di questa astrazione nell’essere stesso.

§199
Lo sviluppo comunista non elimina le leggi della Civiltà, i costumi, la sensibilità e la cultura di un popolo. Al massimo, può rivelare cambiamenti che erano già latenti al loro interno, in funzione dei compiti di una nuova epoca.

§200
L’unica vera misura del progresso è ciò che si radica organicamente e in modo coerente, o almeno compatibile, con l’insieme di un popolo, di una Civiltà e di una storia. Le varie tendenze ed “esperimenti” individual-soggettivisti non hanno nulla a che vedere con il Comunismo.

§201
Il progresso comunista si misura in termini di rinuncia e rassegnazione, dove una Rivoluzione raggiunge finalmente il suo limite. Solo questo limite la definisce progressiva, duratura, oggettiva e parte della storia immortale dell’umanità – perché definisce la finitudine della civiltà stessa.

§202
Quando si rese conto dei limiti del sapere assoluto hegeliano, Marx trovò nel proletariato la soluzione, la riconciliazione e la saggezza che fondano le altezze raggiunte dalla mente.

§203
Dopo aver constatato i limiti della socialdemocrazia europea, Lenin si è imbattuto nel partito bolscevico e nella strategia della dittatura congiunta del proletariato e dei contadini.

§204
Quando si rese conto dei limiti della diffusione geografica della rivoluzione, Stalin si imbatté nella teoria del socialismo in un solo Paese e, per la prima volta, il comunismo acquisì un modo concreto e positivo di sviluppo e di civilizzazione, praticamente consapevole del suo fondamento.

§204.1
Niente incarna meglio questa estetica (sensibilità ontologica) della rinuncia del realismo socialista, che trasse dall’impressionismo l’arte cupa, ma catartica, di “rimettere a posto la realtà”.

§204.2
Per cogliere la visione ontologica del marxismo-leninismo basta apprezzare il passaggio dall’avanguardia sovietica al realismo socialista.

§205
Resosi conto dei limiti della rivoluzione culturale, Deng Xiaoping ha avviato la riforma e l’apertura e il socialismo con caratteristiche cinesi, che ha dato al comunismo una vitalità, un dinamismo e una flessibilità senza precedenti nella guida dello sviluppo economico.

§206
È giunto il momento di rendersi finalmente conto del limite della modernità stessa, e della modernità americana in particolare. Ciò richiede un riesame completo del significato del Comunismo e del suo rapporto con le Civiltà tradizionali dell’Occidente.

§207
Ma soprattutto richiede l’assunzione incondizionata di responsabilità, da parte dei comunisti americani, di fronte alle sfide impreviste che il popolo americano deve affrontare.
Il Comunismo comporta ora la responsabilità dell’umanità di fronte al suo destino comune.

§208
Solo a partire da questo, un popolo può ritrovare un senso dopo la catastrofe che sta per arrivare.