Ritorno di fiamma nell’est?

Da Giovine Italia.

L’aumento dei disagi sociali è sempre più evidente in tutto il mondo: in Europa, ovviamente nelle Americhe e nel terzo mondo, ma anche in Russia.
Questo Paese ha particolarmente sofferto dall’ascesa di Gorbacev in poi, assistendo ad una degenerazione progressiva – già iniziata morbidamente con Kruscev – dell’Unione Sovietica, fino ad arrivare allo smantellamento di questa, insieme a gran parte dei diritti sociali che erano presenti nel più grande Paese al mondo.

Hanno assistito a numerosi golpe dal ’91 in poi, che hanno tentato di respingere, ad esempio tramite il referendum contro la dissoluzione dell’Urss (totalmente ignorato) e il fallito “putsch” di agosto, dove militari, parlamentari, e manifestanti sovietici provarono ad evitare la dissoluzione dell’Unione, ritrovandosi non solo contro Gorbacev, ma anche Stati Uniti ed Unione Europa (a quei tempi la CEE) che si erano ormai infiltrati nel Paese morente.

Tutti fatti naturalmente ignorati o sottovalutati qui in occidente.

Altri fattori che ne portarono la caduta furono: l’ascesa di Eltsin e di tutti gli oligarchi, ancora presenti oggi; la crisi costitizionale del ’93, in cui i golpisti bombardarono la Duma causando centinaia di morti; da ultimo, ovviamente, tutte le riforme impopolari di Eltsin che stavano trasformando la Russia nell’ennesimo Stato europeo sottoposto al giogo delle potenze occidentali, Stati uniti in primis. Tramite queste riforme, tutte le aziende furono privatizzate di colpo, spianando la strada ad investitori esteri (ovviamente capitalisti, e quindi più ricchi della popolazione) e svendendo quindi il patrimonio pubblico, causando recessioni dalle proporzioni immani, con un aumento dei prezzi esorbitante.

Non è un caso se Putin sia visto, nonostante gli innumerevoli errori o la propria posizione borghese, come un “salvatore” della Patria. È con Putin che è stato posto il freno alla degenerazione portata da Eltsin, che stava svendendo l’intero Paese all’occidente, ed è sempre con Putin che gli oligarchi hanno perso, almeno in parte, la propria influenza sulla politica nazionale.

Putin, essendosi dimostrato un grande stratega soprattutto in diplomazia e in politica estera, è visto ancora, come già detto, positivamente dal Popolo Russo; fiducia che, tuttavia, va, col passare del tempo, ad affievolirsi.
In confronto al resto dell’Europa si può dire che la Russia se la stia cavando bene dal punto di vista economico, ma analizzando approfonditamente la situazione si può ben capire che ciò non basta affinché la Popolazione sia “soddisfatta“.

Le recenti riforme che hanno minato il sistema pensionistico (creato tra l’altro ai tempi di Stalin e rivelatosi sempre efficiente e con risultati eccellenti); il fatto che sia stata data in mano ai privati, spesso esteri, in gran parte cinesi, parte abbondante delle risorse naturali o delle infrastrutture; la cattiva gestione del covid, con miseri lockdown che hanno portato ad un’esplosione degli infetti; e forse soprattutto la recente riforma costituzionale che permette a Putin di restare presidente potenzialmente fino al 2036 (e non più fino al 2024), sono i principali motivi per cui i Russi hanno perso, e stanno perdendo, fiducia verso il partito che governa il Paese ormai da 20 anni.

E i risultati sono evidenti: il 75% dei Russi vede l’epoca Sovietica come la migliore nella storia della Nazione, solo l’1% della popolazione vede nella cortina di ferro la causa della caduta o la fonte dei vari problemi, addirittura il 70% vede Stalin come una figura positiva (vogliamo forse comparare questa nostalgia a quella degli Italiani verso il “duce”, portata avanti da una misera minoranza disinformata?), e, sondaggio più recente degli altri, il 40% dei giovani Russi si sente politicamente vicino al socialismo.
Tutte le percentuali sopra citate possono esser facilmente reperibili dal centro demoscopico Levada e nel suo sito.

Dopo aver visto queste cifre così alte, ci si potrebbe quindi domandare, perché il Popolo Russo non è ancora insorto, o non ha votato in maggioranza il Partito Comunista? La risposta può essere più complessa di quanto si creda. Sempre secondo lo studio dell’agenzia Levada, sebbene l’Unione Sovietica sia vista dalla maggior parte della popolazione come il miglior passato della propria storia, “solo” (magari ne avessimo in Italia) il 28% degli stessi crede che sia necessario tornare “sulla via del Socialismo”.

È infatti presente nell’immaginario russo che il socialismo non sia lo stadio successivo al capitalismo, bensì un sistema più o meno temporaneo che permette alla Nazione di “rimontare” e progredire dal punto di vista sociale. La fonte di questa mancata comprensione e della scarsa analisi politica può esser facilmente ricollegabile all’istruzione e all’educazione che c’è stata durante la presidenza di Gorbacev, dove venne meno l’insegnamento politico ai giovani. Gli adulti russi, nonostante abbiano vissuto nel perfetto esempio di socialismo, spesso non sanno cosa voglia dire veramente e concretamente quest’ultimo, finendo per definirlo con concetti astratti e meramente idealistici. In genere quando rimpiangono l’Unione sovietica non dicono di rimpiangere di per sé il socialismo, ma di rimpiangere il senso di fiducia che c’era tra amici, familiari, e cittadini in generale, il senso di unione e fratellanza che c’era tra i vari Paesi e il poter vivere senza aver paura per il futuro. Concetti assolutamente giusti, ma che, se considerati senza riconoscere che questi risultati sono derivati dal socialismo, non producono nient’altro che nostalgia per il passato. Una sorta di nostalgia simile a quella che si prova quando si è adulti e si rimpiange la propria infanzia spensierata.

La Russia ha avuto una storia particolare, e a differenza degli altri Paesi ha fatto un effettivo balzo dal “semi-feudalesimo” al socialismo, saltando praticamente le differenti fasi di capitalismo presenti nel resto dell’occidente per adottare direttamente il socialismo. È dunque giustificata questa errata comprensione presente nel cittadino medio russo, che vede il socialismo come un passato e non quindi come un futuro. Altro punto focale è il fatto che i russi vedano il passato sovietico come un passo fondamentale per il proprio Paese affinché questo possa competere con il resto del mondo. Si è giunti quindi ad un ottica nazionalistica e competitiva, vedendo nel socialismo non un obiettivo, ma un mezzo per “raggiungere gli altri”.

Non è, dunque, assolutamente scontata una Rivoluzione in Russia. È, sì, vero che Putin sta perdendo consensi, ma allo stesso tempo la popolazione russa, nonostante la nostalgia del passato, non vede nel socialismo la soluzione ai propri problemi, almeno per ora.

Non esiste al momento una figura carismatica dello stesso partito di Putin che possa prendere il posto di questo: il partito Russia Unita è ormai totalmente personificato ed orbitante intorno alla figura del presidente Putin e, al massimo, di Medvedev (che ha comunque pochi consensi da parte della popolazione).

Tutto sta nelle abilità del Partito Comunista russo, che ha le potenzialità per instaurare coscienza e conoscenze politiche nei giovani appartenenti alla generazione post-caduta del muro.

Il fatto che il 40% dei ragazzi russi si senta “vicino” al socialismo è un forte segno di speranza, e se il Partito riuscirà a ben indirizzare la disperazione e la rabbia che sarà provocata dalla prossima imminente crisi che sta arrivando a livello mondiale, la Russia potrà, ancora una volta, ricominciare a risplendere.