Il disastro dell’agricoltura italiana

Nella discussione in atto sull’agricoltura italiana sarebbe interessante innanzitutto comprendere cosa produciamo ed in che quantità rispetto ai consumi interni.
In questo ci vengono in aiuto i dati ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), ecco i dati espressi in tasso di approvvigionamento ossia produzione / consumi interni apparenti ed uso dell’industria.

Dati 2021-22
-Grano duro71
-Grano tenero36
-Mais41
-Orzo63
-Ortaggi98,9
-Agrumi99,6
-Frutta a guscio41,2
-Frutta118
-Semi oleosi soia30
-Semi oleosi girasole65
-Vino195
-Olio oliva77,9
-Carne bovina75,6
-Carne ovicaprina34,1
-Carne suina59,2
-Avicoli102
-Latte81

Questi dati ci indicano dove siamo sovrani nella produzione alimentare di base ed i dati non sono particolarmente rosei.

La nostra bilancia commerciale nella filiera agricola risulta in positivo e si attestava nel 2021 ad un +11% export con circa €.3,5 miliardi di utile a fronte di un aumento dell’import dell’ 11,8% ma non necessariamente una buona notizia vista le produzioni agricole italiane, infatti a tirare il carro che attesta dati positivi è quasi esclusivamente l’industria alimentare che rappresenta l’85% delle esportazioni ed il 65% delle importazioni.

Ne consegue che la forza dell’Italia è nella trasformazione di prodotti agroalimentari ad alto valore aggiunto dedicati all’esportazione in Europa che ne assorbe il 56%.
In controtendenza a quanto indicano i dati sulla nostra forza nelle esportazioni il mondo del lavoro in Italia si è trasformato de-specializzando gli artigiani, gli agricoltori ed i lavoratori in generale, levando quindi alla produzione italiana l’unico futuro che sembrava avere, la trasformazione ad alto valore aggiunto di beni alimentari e non solo, l’assenza di un piano industriale per lo sviluppo del paese e di conseguenza per la filiera agro alimentare è una colpa che pesa tanto sulle sinistre, quanto sulle destre e sui governi tecnici che abbiamo dovuto sopportare negli anni.
Arrivati a questo punto possiamo anche analizzare le ragioni più profonde che hanno portato il nostro paese ad auto-affondarsi.
L’UE attraverso le PAC ha deciso di veicolare nel settore agricolo circa un terzo dell’intero ammontare del bilancio economico comunitario, questo sulla carta potrebbe sembrare una cosa buona da una parte ed un’onta per il settore agricolo dall’altra che, nonostante ciò, è sull’orlo del collasso; malauguratamente per gli agricoltori l’UE ha ben pianificato dove voleva che finissero i soldi introducendo delle condizionalità non solo per accedere alle sovvenzioni ma soprattutto su come spenderle, dove ed entro quanto.
Una cosa poco nota a chi non è del settore infatti è che buona parte delle risorse che sembrerebbero arrivare agli agricoltori vanno a finire in settori che con l’agricoltura non hanno nulla a che fare, infatti il settore della chimica, della meccanica e quello digitale-informatico sono stati i principali beneficiari dei fondi europei, visto che questi erano i settori dove l’agricoltore doveva investire per poter avere sovvenzioni.
Un’altra parte sostanziosa di quel terzo del bilancio europeo è finito nelle casse delle banche che, attraverso i finanziamenti agli agricoltori per poter accedere alle PAC hanno potuto godere di un sostanzioso banchetto.
Infine abbiamo le associazioni di categoria agricola che attraverso la burocratizzazione folle del settore hanno potuto prosperare, trasformandosi da sindacato di settore in vere e proprie aziende di assistenza tecnica e legale, i loro bilanci con assunzioni ed acquisto di sedi di prestigio ne sono la conferma oltre naturalmente ai funanbolici stipendi dei loro dirigenti.

Messo in chiaro questi dati di fatto abbiamo visto come il sistema di informazione stia tentando di strumentalizzare e delegittimare la protesta agricola, trasformandola nella parata dei “mai contenti” che vogliono continuare a vivere ingrassandosi deturpando l’ambiente e sfruttando la natura.
Nonostante la partigiana interpretazione della stampa di regime e la notevole atomizzazione delle sigle autonome che protestano le richieste possono essere ristrette più o meno a questo elenco:

  • prezzo equo delle materie prodotte, divieto di vendite sottocosto da sottoporre a rigorosi controlli e sanzioni.
  • regolazione dei prezzi ai fattori di produzione (energia, gasolio, input tecnici).
  • appalti verdi di prodotti locali e di agricoltura familiare, per stimolare le filiere corte.
  • condizioni di reciprocità socio-ambientale e contingenti tariffari alle importazioni da paesi terzi.
  • redistribuzione equa della PAC e degli aiuti nazionali a favore delle piccole e medie aziende agricole che producono.
  • misure ambientali tese a valorizzare le caratteristiche dell’agricoltura locale (policoltura, legumi, pastorizia ecc).
  • semplificazione amministrativa per potersi slegare dalla tassazione indiretta necessaria all’esplicazione di pratiche macchinose e complicate, riduzione degli oneri a carico dell’agricoltura familiare.
  • risarcimento equo agli agricoltori per i danni causati dalla fauna selvatica.
  • diritto all’accesso alla terra e alle risorse naturali per produrre e promuovere la sovranità alimentare

Da queste richieste si può comprendere che il comparto non vuole vivere di elemosine ma ha intenzione di produrre a patto di essere adeguatamente remunerato per il suo lavoro, il problema di queste richieste è che il resto della filiera, che ad oggi aveva il grosso del guadagno, perderebbe questa situazione di privilegio acquisito.

Le reazioni alle proteste agricole da parte della politica europea sono state quelle di tentare di allontanare da sé la protesta e, dopo aver piazzato del fili spinato intorno ai loro uffici, hanno iniziato a paventare il mantenimento degli standard attuali nell’uso di pesticidi ed altre amenità del genere nel tentativo di indirizzare l’odio pubblico sugli agricoltori “avvelenatori”.

Il nostro Governo dal canto suo, come molti altri in Europa, ha tentato di elargire elemosine come l’esenzione IRPEF ( da lui rimessa in agenda), in germania hanno tentato con la dilazione in più anni degli aiuti statali sull’acquisto dei trattori e del sostegno sui carburanti.

Il problema di base è che il settore produce in perdita e quindi tutti questi palliativi serviranno solo ad allungare l’agonia del settore e questo gli agricoltori lo sanno.

Ritornando sulle associazioni di categoria,Ettore Prandini, il ricco presidente di Coldiretti, vola a Bruxelles e imbonisce i giornalisti affermando che “le richieste dei trattori sono confuse ed anche se non ci vogliono, noi lavoriamo per loro”, in verità è esattamente vero il contrario, infatti gli agricoltori chiedono il prezzo equo e il divieto di vendite sottocosto che proprio Coldiretti ha impedito che si realizzassero per i conflitti d’interessi che riguardano anche ‘l’amico di Prandini’ tale Paolo De Castro, presidente della fondazione Filiera Italia che viene sponsorizzata tra gli altri da Eni, Abaco, Agricola Grains, AIA, Bonduelle, Carrefour, Enel, Intesa Sanpaolo, Mc Donald’s, Snam, Federazione Nazionale Costruttori di Macchine Agricole, Terna, Novamont, My Energy,Consorzio Bio Gas.
Caso vuole che tutti questi soci di “Filiera Italia” siano coloro che indirettamente beneficiano degli aiuti PAC eteroindirizzati usando gli agricoltori come partita di giro, vedi meccanica, GDO, produttori di biogas, installatori di pannelli solari, distributori e produttori di fitofarmaci, banche, aziende produttrici di sementi.

Inoltre Coldiretti risponde spingendo per il via libera a pesticidi e OGM (i suoi amici e soci) che invece aggraveranno solo i costi di produzione dell’agricoltura, oltre a distruggerne la credibilità da parte dei consumatori ed aumentando i profitti di Federconsorzi 2 alias CAI SpA di cui lo stesso Prandini è azionista.

Insomma un mondo magico di governi, associazioni, aziende e singoli politici che fanno di tutto per mantenere lo status quo in modo da poter continuare a rubare e lucrare sul settore agricolo.
Infine, ma non per ultimo c’è il settore dei grandi speculatori finanziari che tramite il mercato delle commodities e dei futures scommettono sull’andamento del mercato dei prodotti agricoli, facendo il buono ed il cattivo tempo sui prezzi indipendentemente dal fatto che le materie prime siano effettivamente presenti o no sul mercato.
Per ogni euro prodotto in campo gli speculatori ne guadagnano 999, mettendo questo in correlazione col fatto che circa ¾ dell’ammontare dell’intera operazione PAC e PSA finisce nelle mani più o meno delle stesse persone ne risulta che l’agricoltore col trattorone da 200.000 euro non è il carnefice ma la vittima.

Insomma possiamo dire che banche, speculatori, grossi gruppi capitalistici ed associazioni di categoria lucrano a piane mani nel settore agricolo e vogliono indicare gli agricoltori come capro espiatorio all’opinione pubblica per portare avanti l’ennesima guarra tra poveri.
Negli ultimi giorni possiamo aggiungere il colpo da maestro di Coldiretti che, alla conferenza stato-regioni dell’8 febbraio, riesce a far approvare lo schema del decreto del ministero dell’agricoltura che assegna ai CAA (centri di assistenza agricola) il monopolio nella gestione delle istanze per i contributi delle PAC.

Altro colpo da maestro del Governo Meloni-Salvini (gli amici degli agricoltori), in solido con Ministro Lollobrigida hanno abbassato dal 70% al 40 % il contributo statale sulle polizze per gli eventi atmosferici, in tempi di cambiamento climatico praticamente un’opera d’arte al menefreghismo verso una categoria già con l’acqua alla gola.
In questo calderone, già molto denso, possiamo anche andare a mettere per il nostro bel paese quello che avverrà con l’autonomia differenziata.
Infatti appena le regioni del nord, Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna metteranno mano a buona parte dell’utile che producono distruggendo risorse naturali ed umane comuni, ci sarà l’ecatombe definitiva del settore agricolo del sud Italia.
Nel sud Italia in Puglia, Sicilia, Calabria e Campania sono presenti il 46,9% delle aziende agricole del paese e proprio perchè sono tante sono anche di piccole dimensioni ed a conduzione famigliare, lasciare queste aziende nelle mani delle pianificazioni regionali che presumibilmente rivendicheranno la materia di competenza relativa alle materie di interesse diretto od indiretto dell’agricoltura significa lasciare nelle mani di “governatori” soggetti a collusioni mafiose l’intero comparto.
Una delle presumibili possibilità che si affacciano alle porte è che una parte del sud Italia possa essere invaso da pietre tombali i C.A. sulle quali verranno posizionati pannelli solari sovvenzionati dai fondi dell’UE per la transizione ecologica.
Visto e considerato che buona parte delle aziende agricole italiane cadranno sotto i colpi della finta transizione verde al servizio dei soliti capitalisti nostrani e di fuori quel 80% dei fondi Pac che ad oggi finiscono nel 20% delle aziende più grandi è destinato ad aumentare esponenzialmente e ci ritroveremo nelle mani l’ennesimo sistema monopolistico che traghetta fondi dai beni comuni dati all’UE, dai capitali individuali dei consumatori e dai fondi statali e regionali, insomma un bel filotto per il solito 5% dei ricchi che diventeranno ancora più ricchi.
E ricordatevi se qualcuno campa a stento la colpa è sempre di quello che gli sta accanto ed ha la pancia vuota come lui e non dei filantropi- filibustieri che ci governano e sfruttano.