William Morris

William Morris (Walthamstow, 24 marzo 1834 – Hammersmith, 3 ottobre 1896) è considerato essere il primo marxista inglese. È stato inoltre un Artista poliedrico: un architetto, un pittore e disegnatore, un grafico, uno dei primi designer, un restauratore, un tipografo, un poeta e uno scrittore.

Pagina a cura di Eros Rossi Fomìn

Bibliografia

Libri

Arte e Socialismo
Principi del Socialismo
Lavoro utile, fatica inutile

Raccolte

Arte e Rivoluzione. Un’antologia

Racconti

Vita

Le origini

William Morris nacque il 24 marzo 1834 a Walthamstow, all’epoca un villaggio suburbano ai margini della foresta di Epping. William Morris era il terzo dei nove figli di Emma e William Morris, un ricco mediatore.
Di famiglia benestante, inizia la sua formazione al Marlborough College nel 1848 e la completa all’Exeter College dell’Università di Oxford, dove studia architettura, arte e religione. In questo periodo conosce artisti come Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones, Ford Madox Brown e Philip Webb, ma soprattutto il critico John Ruskin, le cui predicazioni eserciteranno una forte influenza su Morris, introducendolo alla scoperta del gotico nelle cattedrali di Francia e d’Inghilterra, che lo portarono verso un “ritorno al gotico”, basato su ragioni sociali di natura libertaria e quindi laica. Questa fu la caratteristica più originale della sua ideologia che, in campo politico, lo portò ad aderire al Manifesto di Marx.
Nello stesso istituto Morris viene a conoscenza del pittore preraffaellita E. Burne-Jones, la cui religiosità romantica produrrà in lui crisi mistiche, presto dominate dalla riflessione e dall’amore per la vita.
In questi anni conosce anche Jane Burden, una ragazza della classe operaia la cui pelle candida, la languida silhouette e la folta chioma capelli ramati erano considerati da Morris e dai suoi amici preraffaeiliti la massima espressione della bellezza femminile, tanto da essere scelta come modella per i numerosi dipinti e musa per le opere dell’artista inglese. Morris e Burden si sposarono nel 1859. Da lei Morris ebbe due figlie, Jane detta Jenny e Mary detta May.

L’attività artistico-politica

Morris iniziò la sua attività di letterato pubblicando poesie e racconti brevi su una rivista universitaria.
Aveva iniziato a scrivere poesie nel 1854 e nel 1858 ne pubblicò una raccolta, la sua prima opera, The Defence of Queen Guinevere and Other Poems. Per inciso, questa è anche il soggetto di uno degli unici dipinti della sua opera, La regina Ginevra, che corrisponde perfettamente agli ideali del gruppo preraffaellita. L’opera letteraria venne tuttavia accolta freddamente dalla critica; la scarsa fortuna lo scoraggiò per molti anni nonostante una delle sue opere ora considerata tra le migliori, The Haystack in the Floods, risalga proprio a questi anni. Si tratta di un’opera ambientata durante la Guerra dei cent’anni in cui due innamorati, Jehane e Robert, sono costretti a separarsi.
Nel 1867 pubblicò La vita e la morte di Giasone, un’epopea che narra le avventure degli Argonauti.
La sua principale opera poetica è, invece, Il paradiso terrestre (The Earthly Paradise), composta di fonti classiche e medievali, è un’antologia di poemi racchiusi in un’unica storia dall’esile trama che vede un gruppo di viaggiatori medievali alla ricerca di una terra promessa. L’antologia lo portò in breve tempo alla popolarità, ed è considerata da J.L. Borges la più grande opera di Morris. Nel prologo, intitolato “I vagabondi“, Morris racconta di “certi nobili marinai norvegesi” che salpano per l’Occidente alla ricerca del paradiso terrestre e, arrivati in una terra sconosciuta, vivono tra uno strano popolo e lì muoiono. I 24 poemetti dovrebbero essere cantati per loro e per i loro ospiti, alternativamente da uno degli anziani della città e da uno dei marinai. Si tratta di poemi di carattere romanzesco, ispirati a leggende classiche e gotiche: “Atalanta“, “L’uomo nato per essere re“, “Il destino di re Acrisio“, “La storia di Amore e Psiche“, “L’amore di Alcestes“, “Guardando il falco“, “Gli amanti di Gudrun” (il più notevole), ecc.
I poemi sono scritti nella cosiddetta rima reale, cioè in strofe di sette righe, che Morris imitò da Chaucer.

Dopo aver lasciato Oxford, Morris rimase a lungo in contatto con gli amici di università e con essi fondò la confraternita dei preraffaelliti, un movimento che rifiutava la produzione industriale nelle arti decorative e nell’architettura e sosteneva un ritorno all’artigianato medievale, ritenendo che gli artigiani meritassero lo status di artisti.
Entrò a far parte di uno studio d’architettura ma si rese presto conto di essere maggiormente affascinato dalle arti applicate. Con l’aiuto dell’amico Webb costruì la Red House a Bexleyheath nel Kent, come dono di nozze a Jane. In quell’occasione i primi germi della sua poetica in fatto di arti applicate iniziarono a prendere forma: in seguito allo sviluppo di questa sua passione, costruì casa Standen nel Sussex, sempre con la collaborazione di Webb. La Red House (Casa Rossa) di Upton, nel Kent, dai lui arredata ma realizzata dall’amico architetto Philip Webb nel 1859 è considerata da molti, per la semplicità dei volumi e l’abbandono dei canoni classici, la prima opera anticipatrice dell’architettura moderna. L’architettura ebbe inoltre un’importanza rilevante nell’avvicinamento di Morris al socialismo.

Nel 1861, Morris fondò l’azienda Morris, Marshall, Faulkner & Co. con Rossetti, Burne-Jones, Madox Brown e Webb, che produceva vetrate, arazzi, tappeti e articoli artigianali in genere, progettati dagli stessi artisti e realizzati a mano. Per tutta la vita lavorò ai progetti di questa azienda, che cambiò nome man mano che i suoi soci si avvicendavano. Incoraggiò principalmente la rinascita dell’artigianato nelle sue forme più tradizionali come la pittura su vetro e su carta da parati. I motivi da lui creati sono tuttora un marchio concesso, su licenza, alla Sanderson and Sons and Liberty di Londra.
In seguito collaborò con lui nel laboratorio di arte applicata e ornamento chiamato “Arts and Crafts”, nonché nel movimento che lo seguì. Morris aveva speso il proprio denaro per questo lavoro, ma l’impresa idealistica e quasi paradossale fallì; il suo nome, tuttavia, era diventato famoso. Fu allora che Morris scese in strada, dedicandosi alla lotta sociale, mentre, d’altro canto, si distinse per le sue opere letterarie.

Nel 1875 riuscì a completare il lungo e arduo compito di tradurre l’Eneide in versi inglesi; nel 1887 fece lo stesso con l’Odissea. Nel frattempo, nel 1876 era apparso un suo lungo poema epico, The Story of Sigurd the Volsung and the Fall of the Nibelungs. Continuò anche la sua attività di decoratore, costruendo vetrate, mobili e arazzi, e condusse una vita da agitatore appassionato: scritti, conferenze, comizi e manifesti si susseguirono senza interruzione.

Il suo primo contatto con la classe operaia e la sua prima attività politica avvennero grazie al suo coinvolgimento nella lotta per impedire al governo Tory di Disraeli di entrare in guerra con la Russia tra il 1876 e il 1878.

Nonostante non fosse mai divenuto un architetto professionista, l’interesse di Morris per l’architettura fu profondo e persistente. Nel 1877 fondò l’associazione per la protezione degli antichi edifici (Society for the Protection of Ancient Buildings – S.p.a.b.) e la sua attività nel campo della conservazione e del restauro portarono, seppur indirettamente, alla fondazione del National Trust. In questo suo interesse trovò naturalmente un alleato in John Ruskin ed in particolare nelle sue opere Le pietre di Venezia (The Stones of Venice) e Riguardo al gotico (On The Nature of Gothic).

Morris e sua figlia May furono tra i primi socialisti inglesi e lavorarono con Karl Marx e Friedrich Engels, portandi il movimento comunista in Inghilterra. Nel 1883 Morris entrò a far parte della Federazione Democratica (presto ribattezzata Federazione Socialdemocratica (S.D.F.)) e, nel 1884, con il sostegno di Engels e l’approvazione di 8 dei 10 membri dell’esecutivo della S.D.F., fondò la Socialist League, curandone inoltre la rivista The Commonweal. Morris si trovò così a mediare tra i marxisti e gli anarchici socialisti, spaccatura che infine portò al fallimento della Socialist League.

Il ritiro dalla militanza politica

Gradualmente si convinse che la sua bona fides era incompatibile con la vita politica. Lasciò quindi la Lega, ma continuò a lavorare nella Hammersmith Socialist Society, che si era formata intorno alla sezione di Hammersmith della Lega socialista, e sostenne la causa comunista romanticamente fino alla morte, continuando l’attività politica con la penna, sia con scritti politici che con opere a tema sociale. Di questi anni sono infatti le sue due principali opere in prosa dallo sfondo sociale: due romanzi (uno dei quali utopico, News from Nowhere) (1890), i Canti per socialisti, una storia del socialismo, e A Dream of John Ball (1887).

Le sue energie vennero poi assorbiti nell’attività dalla Kelmscott Press. Morris e Rossetti affittarono una casa in campagna, Kelmscott Manor nell’Oxfordshire, nel 1889. La casa di campagna fu anche teatro della relazione amorosa tra l’amico Rossetti e la moglie Jane, che lo portò a cercare conforto nell’amicizia con Georgiana Burne-Jones. Morris si divise tra la sua attività aziendale, la sua casa editrice e l’attività di scrittore.
Nel gennaio del 1890 Morris fondò la Kelmscott Press a Londra, con lo scopo di produrre stampe di qualità e libri di design. Ispirate dal tipografo veneziano Nicolaus Jenson, le sue copertine erano caratterizzate da grande essenzialità ed eleganza commista a decorazioni medievaleggianti. Gli elementi decorativi delle sue opere editoriali furono principalmente ispirate agli incunaboli del XV secolo ed alle loro incisioni xilografiche. L’accurata selezione delle carte e degli inchiostri, oltre al raffinato studio dell’integrazione tra caratteri tipografici e decorazioni, resero la tipografia estremamente rinomata all’interno delle arti applicate. La sua tipografia rimase operativa fino al 1898 e produsse 53 volumi, ma la sua importanza soprattutto nell’ispirazione delle altre tipografie fu enorme.
Fu una delle sue realizzazioni più compiute e importanti. Amava questo lavoro più di ogni altro e se ne occupò, povero com’era, fino alla vecchiaia; persino sul letto di morte gli venivano portate le bozze da correggere.

Quando William Morris morì, il 9 gennaio 1896, il seguente necrologio fu pubblicato sul Clarion:

“Non posso fare a meno di pensare che non ha importanza quello che finisce sul Clarion questa settimana, perché William Morris è morto. E a quale socialista interesserà qualche altra notizia questa settimana, al di là di questo fatto? Era il nostro uomo migliore, ed è morto…
È vero che gran parte del suo lavoro vive e vivrà ancora. Ma lo abbiamo perso e, per quanto grande fosse il suo lavoro, lui stesso era più grande… era migliore del migliore. Anche se le sue parole cadevano come colpi di spada, si sentiva sempre che il guerriero era più forte della spada. Perché Morris non era solo un genio, era un uomo. Colpiscilo dove vuoi, ma era vero… era il nostro uomo migliore. Non possiamo fare a meno di lui, non possiamo sostituirlo. In tutta l’Inghilterra non c’è uomo più coraggioso, più gentile, più onesto, più intelligente, più coraggioso di William Morris. È morto, e non possiamo fare a meno di sentire per un po’ che nient’altro conta”.

Venne sepolto nel cimitero di Kelmscott.

Pensiero

“È Morris… che può essere propriamente chiamato il primo marxista inglese.”
A. L. Morton, Political Writings of William Morris.

Sull’Arte

Era convinto che prima di cambiare l’arte si doveva cambiare la società. D’accordo con il suo socialismo utopico, che condivideva con George Bernard Shaw, il suo proposito era quello di creare un’arte del popolo e per il popolo.
Restò affascinato dall’eleganza e dal preziosismo dei preraffaeliti e decise di diffondere il loro stile per mezzo delle arti applicate (incisioni, arte industriale, decorazione ambientale, oggetti artigianali, architettura, ecc.) non prodotte industrialmente, standardizzate, ma in maniera artigianale, come durante il Medio Evo, nelle corporazioni.

Passò dal naturalismo teorico-mistico, del suo maestro Ruskin, ad un’applicazione pratica d’intonazione sociale.
Rifiutò la poetica di Ruskin dell’arte come bellezza divina, frutto del sentimento religioso, considerandola piuttosto un’attività umana.
Della generale dottrina estetica, Morris, come il resto dei preraffaeliti, abbracciò soprattutto il rifiuto dell’ingerenza industriale nella decorazione e nell’architettura, caldeggiando il ritorno dell’artigianato e del lavoro manuale per riconferire agli artigiani il rango di artisti. Secondo la sua filosofia, l’arte avrebbe dovuto essere accessibile a tutti, elaborata a mano e non avrebbero dovuto trovare classificazioni di merito. In altre parole, l’arte applicata avrebbe dovuto godere della stessa dignità di cui godevano pittura e scultura.

Per l’artigianato e il Socialismo

Lo stile “Art and Crafts” deplorava l’estetica dell’industrializzazione e i suoi effetti sociali. Morris si impegnò a ricreare un’industria manuale nell’era delle macchine, producendo tessuti, arazzi, carte da parati e mobili per la sua azienda “Morris and Company”.
La sua importanza come innovatore delle arti applicate fu molto significativa, però l’unica cosa che riuscì ad ottenere fu una produzione d’oggetti ben fatti, anche eleganti, ma così cari (dato che non erano prodotti in serie, ma uno per uno), che soltanto le classi agiate li potevano acquistare.

Le libere associazioni corporative dei lavoratori, e non le cattedrali, furono la ragione fondamentale della sua scelta del periodo gotico come periodo umano esemplare da cui recuperare il sistema di produzione artigianale (“…un’arte fatta dal popolo e per il popolo costituisce la felicità di chi la crea e di chi la usa…”); egli sottolineava così la sua avversione alla macchina. La sua ideologia estetica e sociale si proponeva di eliminare la distinzione tra “grande arte” e “arti minori”, di rivitalizzare il lavoro manuale e di promuovere e realizzare un’arte per tutta la società e non solo per l’élite. A differenza dell’operaio industriale, che non aveva alcun contatto personale con i suoi materiali, l’artigiano medievale, secondo Morris, viveva il lavoro come gioia e bellezza. Per tutti questi motivi è stato descritto come un utopista e un visionario.

Strenuo avversario della produzione in serie e della rivoluzione industriale, Morris caldeggiava l’utilizzo di particolari tecniche e le sperimentava personalmente. Per le sue stoffe, ad esempio, utilizzava tinte naturali e procedimenti scoperti su un libro del XVI secolo. Tra le sue più belle carte da parati, spicca Margherite, realizzata nel 1864 e tratta principalmente da motivi rinvenuti in erbari medievali. Unì così l’amore per il passato e l’amore per la natura, entrambi in netta contrapposizione con la rivoluzione industriale.

Sarebbe comunque sbagliato inquadrare e considerare William Morris come un socialista utopico, un luddista o un sognatore distante dalla comprensione della dialettica. Pur immaginando una società simil-utopica dove tutti di fatto sono artisti e producono artigianato esprimendo il proprio spirito, Morris era un strenuo rivoluzionario marxista, avendo inoltre legato forti legami personali e politici con Marx ed Engels. Morris, pur non essendo un profondo conoscitore della filosofia del materialismo dialettico, ben comprendeva che “la storia va avanti”, e che il medioevo, il passato, e il predominio dell’artigianato sull’industria non potevano di certo tornare alla ribalta. Morris era infatti a favore dell’utilizzo dei macchinari, ma che la tecnica fosse a servizio dell’uomo, eliminando i lavori faticosi (cfr Lavoro utile, fatica inutile) e lasciando il lavoro manuale d’artigianato, il lavoro creativo e intellettuale all’uomo.

Suo malgrado, Morris può essere anche considerato il padre del design, o disegno industriale. Nonostante osteggiasse fortemente il lavoro in serie, infatti, fu uno dei primi artisti a disegnare motivi decorativi affinché artigiani e professionisti li utilizzassero nella loro opera: tra i suoi lavori più noti, la decorazione della Oxford Union Library tramite pannelli, tappezzerie ed affreschi a soggetto medievaleggiante (principalmente tratti dal poema di Thomas Malory La morte di Artù).

L’interesse di Morris per il design, per il lavoro manuale ed i materiali si riflette fortemente anche nella sua opera di pittore, in particolare per quanto riguarda l’attenzione al dettaglio e alla resa delle superfici. Tra le sue opere migliori, La bella Isotta (1858-1859) è forse il più famoso: la modella per Isotta è la moglie di Morris e probabilmente il dipinto costituì l’occasione per l’inizio della loro relazione.

Tra le varie compagnie, che fondò per scopi artistico-sociali, vanno annoverate la “Morris & Co.”, la casa editrice “Kelmscott Press”, la “Century Guild”, la “Workers Guild”, la “Guild & School of Handicraft” e la più importante di tutte: la “Arts & Crafts”, che influenzò l’Art Nouveau e per suo mezzo la Bauhaus.

Il pensiero politico in News from Nowhere

Molti critici ritengono che con News from Nowhere abbia trasceso la narrativa del suo tempo, sviluppando la sua inclinazione futuristica e politica e la sua immaginazione redentrice attraverso un’utopia rurale; in ogni caso, Morris ha lasciato in eredità in quel romanzo la visione del futuro che avrebbe desiderato per l’umanità. Nell’opera, dopo un’animata discussione nel circolo sul futuro della società, l’autore si addormenta e si risveglia nella società del 2000; in quest’epoca futura, il progresso della civiltà è concepito come un ritorno alla semplicità quasi primordiale della vita; le macchine e la velocità spasmodica sono state abolite e dimenticate nella serena pace della vita di campagna. L’urbanesimo è stato combattuto e le baraccopoli sono state demolite. L’uguaglianza sociale è assoluta, perché tutti lavorano per la pura gioia di creare il necessario e tutti godono dell’abbondanza.
Un giovane, Dick, si offre di fare da guida all’autore, stranamente vestito, e lo porta in un negozio dove alcuni bambini gli regalano una tunica e un mantello dai colori vivaci. L’autore ha difficoltà a pagare, ma nessuno è in grado di capire i suoi gesti, perché non c’è più moneta; Dick pensa allora di portare lo straniero da un suo parente molto anziano, Hammond, che potrebbe essere in grado di spiegarsi meglio di lui.

Nel dialogo che segue, vengono passati in rassegna i principali problemi sociali e politici. Morris espone, attraverso le risposte del vecchio, le sue soluzioni utopiche e allo stesso tempo i difetti e i mali del XIX secolo. Ammettendo il principio che la ricompensa del lavoro è la vita, la gioia della creazione, e che il bisogno di lavorare è naturale quanto l’istinto di procreare, Hammond esalta l’artigianato, in cui si afferma l’individualità artistica, e ricorda con orrore di aver sentito i suoi anziani parlare dell’esistenza di immense fabbriche in cui il contributo umano era puramente meccanico.
Dopo la visita ad Hammond, il giovane Dick e la sua fidanzata Clara accompagnano Morris, insieme ad alcuni amici, alla festa della trebbiatura. Il viaggio avviene in barca sul Tamigi, dove ritrova intatti gli antichi nomi dei piccoli villaggi a lui ben noti. Ogni notte dormono in uno dei villaggi lungo il fiume e ovunque vengono accolti come vecchi amici. Durante una di queste tappe, Morris si innamora di una ragazza, Ellen, che è attratta dallo straniero, che crede provenga da una terra lontana e misteriosa. I quattro partono felici; ma quando arrivano a destinazione nei pressi di Hammersmith, Morris, mentre sta andando a cena, si accorge improvvisamente di vedere senza essere visto e legge nei lineamenti della bella Ellen la tristezza della sua scomparsa; una nube scura lo avvolge e, tornando alla luce, si ritrova nella sua fattoria di Hammersmith, proprio dove erano andati a ristorarsi. L’autore si sente triste e solo, ma il ricordo della visione è così chiaro e vivido che sente di doverlo rendere noto per cercare di far nascere lentamente la nuova era di livellamento, di calma e serena felicità.

Il presupposto fondamentale di tale concezione utopica è la ferma fiducia, nutrita da Morris e dai principali scrittori inglesi di utopia (Kendall, Huxley), nella bontà innata dell’uomo. Questo è per gli utopisti un luogo comune; Morris si distingue dagli altri per l’arte con cui rende quasi convincente la realizzazione della sua utopia, riconoscendo la necessità di un lungo periodo di transizione per raggiungere un’epoca di felice ingenuità, i cui personaggi sono delineati con magistrale leggerezza.

Approfondimenti

Libri
  • The heritage of William Morris, di Terry Liddle
  • Morris, Bax and Babeuf, di Ian Birchall
  • William Morris, di E. P. Thompson.

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