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Pagina a cura di Eros Rossi Fomìn
Bibliografia
Libri
Raccolte
Vita
Le origini
Nato il 16 aprile 1886 ad Amburgo, Ernst Thälmann crebbe in una famiglia operaia che gestiva una piccola bottega di coloniali. La povertà segnò la sua infanzia: a 16 anni lasciò casa con pochi marchi in tasca, lavorando come scaricatore di porto, mozzo su navi mercantili e bracciante negli Stati Uniti. Queste esperienze gli rivelarono le disuguaglianze del capitalismo, spingendolo a unirsi al Partito Socialdemocratico (SPD) nel 1903, dove iniziò a organizzare scioperi e manifestazioni.
La sua formazione politica si nutrì delle letture clandestine di Marx e delle lotte sindacali nel porto di Amburgo, centro industriale e fucina di ribellioni.
La grande guerra e la presa di coscienza
Arruolato a forza nel 1915, Thälmann combatté sul fronte occidentale, partecipando a battaglie come quella della Somme. Ferito due volte, sviluppò un odio viscerale per il militarismo e il nazionalismo, aderendo alla posizione di Karl Liebknecht: «Il nemico principale è in casa nostra».
Dopo aver disertato nel 1918, tornò ad Amburgo durante la Rivoluzione di novembre, organizzando i Consigli operai-militari che tentarono di instaurare un potere socialista. La repressione della SPD e dei Freikorps contro gli spartachisti (con l’uccisione di Luxemburg e Liebknecht) lo spinsero a unirsi al Partito Comunista Tedesco (KPD) nel 1920.
Leader del KDP e lotta contro il nazismo
Nel 1923, Thälmann guidò l’insurrezione di Amburgo, un tentativo di sollevazione armata contro il governo borghese. Con 18.500 operai, organizzò barricate e guerriglia urbana, resistendo per tre giorni nonostante la superiorità militare delle forze statali. Questo episodio, sebbene fallito, lo consacrò come simbolo della resistenza proletaria.
Eletto segretario del KPD nel 1925, promosse la Roter Frontkämpferbund (Lega dei Combattenti della Fronte Rossa), un’organizzazione paramilitare antifascista che raccolse oltre 70.000 aderenti.
Negli anni ’30, Thälmann denunciò il pericolo hitleriano, promuovendo il fronte unico tra comunisti e socialdemocratici. Tuttavia, la SPD rifiutò ogni collaborazione, definendo i comunisti «nemici peggiori dei nazisti».
Nel 1932, candidato alle presidenziali, ottenne 3,7 milioni di voti, mentre il KPD divenne il terzo partito in Germania. Thälmann avvertì: «Chi vota Hitler, vota la guerra!», ma la borghesia e una parte del proletariato preferirono il fascismo al socialismo.
Arresto, prigionia e martirio
Dopo l’incendio del Reichstag (1933), Thälmann fu arrestato dalla Gestapo e torturato per undici anni in carceri come Moabit e Buchenwald. Nonostante le pressioni, rifiutò di rinnegare le sue idee, scrivendo alla moglie Rosa: «Un uomo con dignità non rinuncia alle sue azioni… la verità non può essere soffocata a lungo».
Il 18 agosto 1944, con l’Armata Rossa alle porte della Germania, fu giustiziato con un colpo alla nuca per ordine diretto di Hitler. Il suo corpo fu bruciato per evitare che diventasse un simbolo della resistenza.
L’eredità e il mito
Nella DDR, Thälmann fu celebrato come martire antifascista: scuole, strade e organizzazioni giovanili portarono il suo nome, mentre film come Ernst Thälmann: Figlio della sua classe (1954) ne mitizzarono la figura.
In Occidente, invece, fu bollato come «demagogo» e dimenticato, mentre ex nazisti vivevano impuniti.
Pensiero
Antifascismo e la teoria del “socialfascismo”
Thälmann interpretò il fascismo come strumento del capitale per schiacciare il proletariato, ma commise l’errore strategico di equiparare la socialdemocrazia (SPD) al nazismo, definendola «socialfascista». Questa posizione, imposta dal Comintern sotto la guida di Stalin, portò a una frattura insanabile con la SPD, accusata di essere «il nemico principale» per il suo sostegno alla Repubblica di Weimar e alla repressione dei movimenti operai, come durante il Blutmai del 1929, quando la polizia socialdemocratica uccise 33 manifestanti comunisti a Berlino.
Thälmann sosteneva che la SPD, con i suoi legami con la borghesia, fosse un ostacolo alla rivoluzione: «Chi vota Hindenburg, vota Hitler; chi vota Hitler, vota la guerra!», dichiarò durante le presidenziali del 1932, cercando di polarizzare il proletariato contro entrambi. Tuttavia, questa linea impedì un fronte comune antifascista, lasciando il KPD isolato di fronte all’ascesa di Hitler.
Nonostante il rifiuto della SPD, Thälmann promosse la “Azione Antifascista” nel 1932, un tentativo di unire operai comunisti e socialdemocratici dal basso. Il progetto, però, fu viziato da ambiguità: mentre invitava alla collaborazione, continuava a denigrare i leader socialdemocratici come «traditori».
La sua visione della rivoluzione si basava sullo sciopero di massa e sull’insurrezione armata, come dimostrò nell’Insurrezione di Amburgo del 1923. Guidò 18.500 operai in una guerriglia urbana contro polizia ed esercito, applicando tattiche di mobilità e resistenza, ma il fallimento rivelò la mancanza di coordinamento nazionale e il distacco dalle masse contadine.
Thälmann insistette sulla necessità di un Partito “tempra d’acciaio”, centralizzato e disciplinato, modellato sul bolscevismo. Tuttavia, la sua adesione acritica alle direttive di Mosca portò a errori, come la sottovalutazione del pericolo nazista fino al 1933.
Thälmann vide nell’Unione Sovietica il faro della rivoluzione mondiale, allineando il KPD alla politica estera staliniana. Durante un discorso a Parigi nel 1932, esortò: «Tendiamo le mani oltre le frontiere ai nostri compagni francesi, per un’alleanza fraterna contro i criminali di guerra!».
Questo legame si tradusse in un sostegno incondizionato agli interessi sovietici, incluso l’abbandono della critica al Patto Molotov-Ribbentrop (1939), che condannò Thälmann a rimanere prigioniero dei nazisti senza pressioni diplomatiche per la sua liberazione.
Limiti teorici
Le scelte di Thälmann furono oggetto di aspre critiche, anche all’interno della sinistra. Lev Trotsky lo accusò di «burocratismo» e di aver frainteso la natura del fascismo, riducendolo a una «variante del capitalismo» senza coglierne la specificità reazionaria.
Inoltre, la sottovalutazione del nazionalsocialismo come fenomeno temporaneo («Hitler crollerà da solo») e l’ossessione per la SPD impedirono al KPD di costruire un’alternativa credibile durante la crisi economica del 1929. Lo stesso Thälmann, in una lettera dal carcere, ammise errori tattici: «Un uomo politico deve essere giudicato anche per ciò che avrebbe voluto fare».
Dopo la sua esecuzione a Buchenwald (1944), Thälmann divenne un simbolo della resistenza antifascista nella DDR. La Organizzazione dei Pionieri Ernst Thälmann e film come Ernst Thälmann: Figlio della sua classe (1954) ne mitizzarono la figura, presentandolo come martire incorruttibile.
Tuttavia, questa narrazione occultò i limiti del suo pensiero, come la fiducia cieca nei consigli da parte del Comintern e l’incapacità di adattare il marxismo alla realtà tedesca. La sua eredità rimane divisa: esempio di fallimento strategico per alcuni, rimane comunque un eroe che ha sacrificato la vita per la causa della Germania.