Letteratura di guerra

Articolo tratto da Rosso XXI.

1. Il recente ultimo libro di Oriana Fallaci (cfr.Oriana Fallaci, La forza della ragione, Rizzoli, Milano 2004, pp.280, euro 15) fa parte di un genere letterario ben preciso. Si tratta di letteratura di guerra, più esattamente di letteratura di guerra preventiva. All’interno di questo genere letterario si tratta di un’opera molto felice, ben scritta ed estremamente efficace. Volesse il cielo che io sapessi scrivere tanto bene! Ma purtroppo gente come me è appesantita dalla cultura e dalla vergogna, e non sono mai riuscito veramente ad “odiare” qualcuno in modo assoluto. Per esempio, non riesco ad odiare gli americani.

Non appena penso alle facce ripugnanti di Bush e di Condoleeza Rice, subito penso ai poeti Frost e Lee Masters, agli scrittori su cui mi sono formato, ai piaceri della lingua inglese, agli uomini ed alle donne americane che ho conosciuto, e l’odio cade immediatamente. Invece Oriana Fallaci è puro odio: odia l’Islam (in cui non fa differenza fra arabi, turchi, persiani, Averroè e Bin Laden) in modo rotondo, sferico, indifferenziato. In un certo senso la invidio. Ci provo, ma non riesco proprio ad odiare così. E’ forse per questo (anzi, ne sono convinto, proprio per questo) che Oriana Fallaci è oggi fra i provvisori vincenti, ed io fra i provvisori perdenti. Per vincere bisogna odiare. Oriana Fallaci odia, ed odia in modo talmente puro da essere quasi ammirevole (e prego di essere preso alla lettera).

2. A costo di scandalizzare il lettore pio e timorato dei valori della sinistra politicamente corretta, la cui bandiera è la doppiezza e l’ipocrisia, a me Oriana Fallaci non riesce ad essere antipatica. C’è qualcosa di grande in questa odiatrice acquattata in un alloggio di Manhattan, che odia in modo tanto puro. Devo ammettere che io sono un vero “qualunquista” nel senso della vulgata PCI-PDS-DS per cui tutto il mio disprezzo e la mia antipatia sono rivolti al ceto politico professionale, al “malvagio baffetto” D’Alema, al “presuntuoso furetto” Amato, al “contenitore vuoto” Rutelli, al “parolaio” Bertinotti, al “fascista civilizzato” Fini, al “venditore di carrozzoni usati” Berlusconi, al “gesuita ipocrita di professione” Buttiglione, eccetera. Purtroppo io consumo tutta la mia antipatia verso questi “mostri-fantocci”, e quando arrivo alla Oriana Fallaci l’ho completamente esaurita, come chi dopo avere fatto troppo all’amore non può più farlo, e deve limitarsi ad accendere una sigaretta (che in lingua greca viene indicata come la “grande sigaretta”).

Certo, il fatto che Oriana Fallaci mi sia antipatica non significa che mi sia simpatica. Essa suscita invece in me una specie di attonita meraviglia. Ed anche, devo dirlo, una silenziosa ammirazione. Non conosco infatti nessuno che sia riuscito a portare tanto in alto, ed a tali alti livelli di espressione letteraria, due caratteristiche presenti in tutti i saggisti (e dunque anche ovviamente in chi scrive, che certo non può chiamarsene integralmente fuori), e cioè la Paranoia e la “Libera Stupidaggine” (o coglionata che dir si voglia). Segnalerò queste due caratteristiche in modo analitico nei prossimi due paragrafi, perché la paranoia e la libera stupidaggine sono effettivamente portate da Oriana Fallaci a livelli di vera e propria arte, ed anzi, di pura arte.

3. Iniziamo dalla Paranoia. In estrema sintesi, la schizofrenia è la patologia più comune fra i potenti, cioè fra i managers capitalistici strategici ed i politici al loro servizio, mentre la paranoia è la patologia più comune tra gli impotenti, cioè fra i saggisti e gli intellettuali che si limitano a torturare la carta, non potendo esercitare direttamente il loro potere sui corpi.

La schizofrenia, come è noto, è lo sdoppiamento della personalità, a gradi molto diversi di coscienza e di consapevolezza. Il politico post-moderno (diversamente stavano le cose per i politici “moderni”, tipo Crispi, Mussolini, Togliatti, De Gasperi, eccetera che in parte credevano ancora a quello che dicevano, perché non si era ancora arrivati allo svuotamento integrale della decisione politica rispetto agli automatismi economici) è il portatore organico di questa schizofrenia. Massimo D’Alema va alla marcia di pace di Assisi circondato da una massa salmodiante di plebei identitari che lo supplicano di dire “qualcosa di sinistra”, mentre nello stesso momento fa bombardare la Jugoslavia con uranio impoverito cancerogeno. Francesco Rutelli invoca l’ONU, come se quest’ultima potesse legittimare la guerra di aggressione americana in Irak, ignaro del fatto che neppure la Società delle Nazioni nel 1939 avrebbe potuto far diventare giusta e legittima la guerra di aggressione di Hitler contro la Polonia.

Potrei moltiplicare i casi di schizofrenia, ma il lettore intelligente lo farà da sé. Il politico manipolatore vive di schizofrenia, cioè di sdoppiamento fra due identità apparentemente opposte e in realtà complementari (su questo Fausto Bertinotti è assolutamente impagabile, diviso fra rivoluzione anticapitalistica totale e sostegno al governo dei “fantocci americani” Amato e Rutelli). Si tratta di una malattia professionale che viene giustamente riconosciuta nelle pensioni stratosferiche che intascano questi ineffabili personaggi, una malattia professionale come quella polmonare dei minatori, che non intascano però le barcate di soldi dei Bertinotti, Cossutta, D’Alema, eccetera. Effettivamente, non è comodo vivere in compagnia della schizofrenia, anche se è mille volte meglio della silicosi, dei tumori o delle cardiopatie.

La paranoia, o complesso di persecuzione, è invece la malattia professionale tipica degli intellettuali profetici e dei saggisti impotenti. Naturalmente anch’io ne sono affetto, sia pure (credo) in misura moderata. I miei libri non vengono recensiti, sono continuamente fatto oggetto di calunnia da parte di cialtroni che non leggono neppure quanto scrivo, pago con la solitudine il fatto di essere ostile alle bande della sinistra “ufficiale” di Sua Maestà, e ci mancherebbe altro che non fossi un po’ paranoico. Se mi aggirassi furente nella mia cameretta sarei già certamente arrivato alla fase “fallaciana” della paranoia, ma per fortuna esistono dei rimedi empirici, il migliore dei quali è la solidarietà ed il confronto con i (pochi) amici. In ogni caso, non sono così ingenuo da non capire che la paranoia, anzi la Paranoia, è una malattia professionale degli intellettuali che si considerano isolati ed inutilmente gridanti nel deserto, E tuttavia, un caso come la paranoia di Oriana Fallaci è assolutamente eccezionale. Vediamo perché.

Oriana Fallaci si vede ripetutamente come la reincarnazione femminile novecentesca di Mastro Cecco, un eretico fiorentino bruciato vivo nel 1328. Mastro Cecco fu bruciato vivo dalla vecchia Inquisizione, quella dei pretoni cattolici per i quali la Fallaci ha un rapporto schizofrenico di attrazione-repulsione, fino a dichiararsi “un’atea cristiana” (p. 189), mentre Oriana Fallaci è simbolicamente bruciata viva dalla nuova Inquisizione, quella del Politicamente Corretto della nuova Eurabia. Certo, il povero Mastro Cecco è vissuto in un mondo reale, in cui il fuoco bruciava veramente, mentre per sua (e nostra) fortuna Oriana Fallaci vive in un mondo virtuale ed allucinatorio. E tuttavia, mai come in questa demenziale analogia la Paranoia di Oriana Fallaci celebra i suoi trionfi.

Oriana Fallaci vive nel centro dell’impero, ha dietro gigantesche potenze economiche, politiche e commerciali, vende tonnellate di libri, è adulata dai recensori entusiasti (prima fra tutti, la sionista fanatica Fiamma Nirenstein), ed è a tutti gli effetti un bardo del potere militare imperiale. Ebbene, questa paranoica, se mai questo termine ha avuto un senso, si finge un povero eretico bruciato vivo. Mai inversione della realtà fu più palese. E’ anche interessante la lettera sprezzante che Oriana Fallaci manda alla brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce (pp.184-188). La Lioce esprime una cultura politica che ha tutta la mia condanna e disapprovazione (fra l’anticapitalismo e la decisione solitaria di uccidere a freddo due esperti di diritto del lavoro, eretti a simbolo astratto del nuovo lavoro interinale, precario e flessibile, ci stanno almeno dieci passaggi logici, di cui almeno otto o nove sbagliati.

Così come in nome del Cristianesimo non si possono uccidere musulmani “simbolici”, ed in nome dell’Islam non si possono uccidere cristiani “simbolici”, nello stesso modo in nome del Proletariato non si possono uccidere giuslavoristi “simbolici”. In questo “delirio dell’intelletto astratto” – uso qui una categoria filosofica di Hegel adatta all’argomento – c’è qualcosa di profondamente sbagliato). Ma visto che la sta duramente pagando con l’ergastolo, non c’è ragione di infierire bestialmente sul vinto, e trovo demenziale che le si voglia anche impedire di leggere comunicati e le si metta la mordacchia alla bocca come a Giordano Bruno. Ma Oriana Fallaci si accanisce sul vinto. Nella sua lettera alla Lioce (p. 186) Oriana Fallaci descrive anche con esattezza le torture ai prigionieri delle belve militari anglo-americane, anche se lo fa ovviamente senza saperlo, perché sghignazza sul fatto che mai la Lioce avrebbe sopportato le torture dei nazisti. Non sa, la paranoica, che le torture che descrive non sono oggi fatte da un contadino della Sassonia, ma da una contadina della Virginia, anche se in entrambi i casi per ordini e disposizioni superiori.

Qui, appunto, la Paranoia celebra i suoi trionfi. La star dell’Occidente, che il defunto Antonio Gramsci avrebbe definito un “intellettuale organico” al moderno impero dotato di forze militari e mediatiche soverchianti, si finge un povero eretico medioevale bruciato vivo. Di fronte a questa Paranoia, signori, giù il cappello. Ritengo impossibile arrivare a tanto.

4. Passiamo alla Libera Stupidaggine. Per impregnarsi di libere stupidaggini è inutile fare il liceo classico e studiare filosofia a Parigi. Basta entrare in qualunque bar, tram suburbano, scompartimento di treni, eccetera, in cui la plebe (nel mio linguaggio la “plebe” non è una categoria sociologica legata al reddito, ma è una categoria filosofica legata all’intelligenza critica) si ingaglioffisce liberamente.

“Diciamoci la verità. Le donne sono nel profondo tutte puttane, vogliono una cosa sola, e adesso le femministe le permettono di alzare la testa. I terroni sono tutti pigri e mafiosi, e la sola cosa che sanno fare sono i magliari. Ci vuole la pena di morte sulla pubblica piazza, ed anzi ai pedofili bisognerebbe prima cavare gli occhi davanti a tutti. Se Hitler se le è presa tanto con gli ebrei, qualche ragione ci dovrà pure essere stata. Quando mai i negri hanno avuto un Dante o un Beethoven? Eccetera, eccetera…”

Dal momento che la Libera Stupidaggine, in forma generalmente pseudo-storica e pseudo-filosofica, è l’equivalente intellettuale della scorreggia, è normale che l’emittente di libere stupidaggini senta un oscuro senso di colpa. Si tratta della legittima vergogna di fronte alla vaga sensazione di stare dicendo cose infondate e generalizzazioni improprie e indebite. La libera stupidaggine non può essere abolita dalla storia, perché fa parte della natura umana così come il peto fa parte della predisposizione fisiologica. E’ terribile, invece, quando la Libera Stupidaggine viene legittimata da una fonte considerata “colta”.

Oggi il Politicamente Corretto protegge, sia pure in modo imperfetto, le donne, i neri e gli ebrei. Non protegge, invece, i musulmani, insieme ad altre categorie (come ad esempio i resistenti iracheni). Oriana Fallaci spinge la Libera Stupidaggine a livelli veramente artistici. A mio avviso il punto più sublime è a p. 245, in cui Oriana Fallaci, scrive letteralmente “.. i musulmani di solito si accoppiano con i travestiti brasiliani, brutti sudicioni“.

Ho letto capolavori di flussi di coscienza antisemiti ed antiebraici, come ad esempio Bagatelle per un massacro di Céline. Ma neppure Céline si sarebbe potuto inventare per gli ebrei una cosa del genere. Brava Oriana Fallaci!

Il libro di Oriana Fallaci è un vero florilegio di libere stupidaggini. Lo spazio mi impedisce di fare una buona analisi stilistica, come meriterebbe.

5. Siamo dunque arrivati ad un primo bilancio critico. Il libro di Oriana Fallaci è un capolavoro, anzi un duplice capolavoro di Paranoia e di Libera Stupidaggine. Adesso, colto l’essenziale, possiamo passare ad un’analisi più ravvicinata.

Caro lettore, preparati, ne verranno fuori delle belle.

6. La ricostruzione della storia arabo-musulmana è compendiata da Oriana Fallaci nello stupro di un ragazzino greco da parte di Maometto II dopo la presa di Costantinopoli nel 1453. Il resto è una lunga notte nera. Oriana Fallaci se la prende con gli storici e con gli islamisti che valorizzano indebitamente il ruolo della cultura araba (che fu anche persiana, turca, indiana, eccetera, ma è tipico degli ignoranti incurabili confondere gli arabi con i musulmani, senza neanche sospettare che non ci sono praticamente cristiani persiani e turchi, mentre di arabi cristiani ce ne sono a milioni, e solo ora la loro esistenza è minacciata a causa dell’invasione imperiale americana). Qui la libera cazzata sostituisce integralmente la conoscenza storica.

Non è colpa mia se gli europei dell’Alto Medioevo erano fallacianamente tanto ignoranti da non sapere nemmeno più il greco, ed hanno dovuto reimparare la medicina, la matematica e la filosofia greca in traduzioni dall’arabo fatte a Toledo.

Non è colpa mia se per secoli ci furono società multireligiose cristiane, musulmane ed ebraiche mentre non avvenne il contrario, perché quando arrivavano i cristiani l’alternativa per gli ebrei ed i musulmani era o di convertirsi a forza o emigrare.

Non è colpa mia se l’equivalente della Inquisizione romana o spagnola nell’Islam non è mai esistita, anche se ovviamente le persecuzioni verso i dissenzienti anche lì si sono sprecate. Non è colpa mia se i francesi hanno occupato il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, il Libano e la Siria, gli italiani hanno occupato la Libia massacrando chi resisteva ed infine gli Inglesi hanno occupato la Palestina, la Giordania e soprattutto l’Irak.

Ed infine, non è colpa mia se le potenze imperialiste della Francia e dell’Inghilterra hanno disegnato banditescamente “frontiere maledette” (e prima inesistenti ed addirittura impensabili) che hanno tagliato con la forbice un’area economica, culturale e linguistica unificata, in cui Bagdad, Bassora, Beirut, Damasco, Aleppo e Gerusalemme facevano parte di un solo ed unico paese. La prima guerra mondiale, purtroppo, al di là della sacrosanta e mai troppo lodata rivoluzione di Lenin del 1917, è stata vinta dalla coalizione che ritengo fosse la peggiore delle due in lotta, la schifosa coalizione di Versailles che ha spezzettato due aree unitarie, quella centro-europea e quella medio-orientale, creando le condizioni per la seconda guerra mondiale (primo spezzettamento centro-europeo) ed ora per la quarta guerra mondiale in atto (secondo spezzettamento medio-orientale).

Ma è inutile continuare con i dettagli. Oriana Fallaci anche se crede di essere una colta intellettuale cosmopolita e poliglotta, è in questo erede della vecchia, bestiale, irredimibile sorda ignoranza della cultura storica italiana, una delle più provinciali del mondo (non parlo qui ovviamente degli specialisti, che non sono rilevanti per il nostro discorso).

Mi è capitato nella vita di studiare all’estero in un ambiente veramente cosmopolitico, e poi di insegnare storia e filosofia in licei italiani per trentacinque anni. Ho letto anch’io il manuale di storia medio ed ho conosciuto anch’io il collega insegnante medio. Abissi di provincialismo e di ignoranza, a volte irritanti, sempre pittoreschi. Gente che non sapeva nemmeno del genocidio degli armeni del 1915 (e che comunque non avrebbe mai saputo situare l’Armenia sulla carta geografica), gente che ignorava l’espulsione di un milione e mezzo di greci nel 1922 dall’Asia Minore (è come se, fatte le proporzioni demografiche, avessero espulso venti milioni di italiani), e soprattutto gente che non aveva la minima idea di come le “frontiere maledette” del Medio Oriente fossero state disegnate sulla carta da cialtroni colonialisti che avevano studiato ad Oxford ed alla Sorbona. E non sto parlando di studenti pigri che si tiravano le palline di carta. Sto parlando di estensori di manuali, di colleghi laureati, abilitati e sindacalizzati.

Oriana Fallaci appartiene a questo stesso ambiente di cialtronismo provinciale, e nessun alloggio a Manhattan potrà tirarla fuori dal suo ambiente naturale, impregnato di sottocultura plebea.

7. Oriana Fallaci si occupa molto della chiesa cattolica (ad es. pp 189-200). La sua posizione (“sono un’atea cristiana”) è quella classica del consolidato laicismo crociano (non possiamo non dirci cristiani, anche se non pensiamo che esista un signore chiamato Dio e tanto meno una vita dopo la morte). Si tratta però di un laicismo crociano estremizzato dell’epoca imperiale delle guerre preventive.

In sostanza, Oriana Fallaci identifica il cristianesimo con l’Occidente e la sua è una vera e propria religione dell’Occidentalismo. Ma il suo occidentalismo è un occidentalismo senza dialogo interculturale, ed è dunque un occidentalismo senza universalismo.

L’Occidente cristiano di Oriana Fallaci è Pietro l’Eremita che chiama alla crociata i cavalieri (o il loro equivalente post-moderno, e cioè i paladini delle multinazionali). In proposito, farò tre tipi di osservazioni. Prima però, dirò qualcosa del mio modo personale di vedere la questione.

Per dirla in breve, io verrei subito classificato “ateo” nel chiacchiericcio identitario italiano, perché certo non credo nel Dio cui le dita grassocce ed inanellate d’oro del cardinale napoletano Giordano fa fare il miracolo di S.Gennaro, con la presenza istituzionale e nazionalpopolare di Bassolino e della Russo Jervolino. Di un Dio così non so proprio cosa farmene, e viva gli dei di Epicuro.

Sono invece d’accordo con Hegel, per cui la religione non è solo un sentimento, ma è anche in un certo modo conoscenza della realtà, anche se ovviamente da “decifrare”. Mi tengo dunque bene alla larga non soltanto dal grassoccio idolatra Giordano, ma anche dal ridicolo ateismo laicista e positivista alla Oddifreddi e Levi Montalcini. Per quanto riguarda i cattolici, preferisco mille volte gli ortodossi greci, per il fatto che non pretendono di avere un papa universale unico vicario di Dio in terra e soprattutto perché fanno sposare i barbuti pretoni, che in questo modo hanno mogli, figli e nipotini e sono meno tentati di accarezzare lubricamente i rosei bambini. Dei protestanti non ho molta considerazione. Se sono isolati, sono semplicemente dei laici razionalisti inconseguenti. Se cantano in coro, penso agli orrendi protestanti fondamentalisti americani convinti come George Bush di parlare in nome di Dio, veri e propri Bin Laden di lingua inglese. Fine della parentesi personale.

Passando ai rapporti fra Oriana Fallaci e il cattolicesimo, mi limiterò a tre punti essenziali. In primo luogo, Oriana Fallaci, vorrebbe che il clero cattolico, dal papa all’ultimo pretino, diventasse il sacerdozio salmodiante dell’Occidente, intendendo come Occidente la banda americana e sionista che oggi monopolizza il circo politico-mediatico e che i popoli per ora non sono ancora riusciti ad abbattere ed a sostituire con nuovi gruppi dirigenti. Ma la chiesa cattolica, a differenza della cultura di “sinistra”, ha un’esperienza secolare e sa che esiste una cosa chiamata “demografia”, per cui sa bene che sulla base di bianchi puri può tranquillamente aprire un ospizio per vecchi. Le grida occidentaliste di Oriana Fallaci hanno pertanto scarse possibilità di essere accolte al di fuori di piccoli ambienti di laici snob.

In secondo luogo, Oriana Fallaci non ha forse ancora capito come vanno le cose. Oggi la chiesa cattolica è pienamente accodata alla crociata americana e sionista, e mentre con la mano sinistra grida “pace, pace”, con la mano destra grida “continuazione dell’occupazione”. L’arcipretone Ruini d’altra parte lo ha detto in occasione dei funerali dei soldati morti a Nassirya. “Terroristi assassini. Non fuggiremo di fronte a loro. Anzi, li fronteggeremo”.

Il Cardinal Ruini, mentre lascia salmodiare al suo principale innocue frasi di pace, ha con queste infami espressioni dettato la linea politica americano-sionista del clero cattolico (ma non certo di Gesù di Nazareth, che non è proprietà privata di nessuna pretoneria ne mai lo diventerà).

Ruini non sa che con queste rauche grida di guerra va addirittura contro la tradizionale dottrina della chiesa sulla guerra giusta, perché è assolutamente evidente che la lotta dei partigiani iracheni contro gli occupanti rientra nella categoria della “guerra giusta”, in quanto guerra contro gli invasori, che hanno sconvolto il quadro del diritto internazionale motivando la loro aggressione con due sporche menzogne (le inesistenti armi di distruzione di massa e l’inesistente collusione con gli attentatori delle Torri Gemelle di New York).

Oriana Fallaci può stare tranquilla. Le gerarchie superiori della pretoneria romana (che non oso chiamare “chiesa”, perché il venerando termine greco di ecclesia significa assemblea pacifica dei fedeli) in fondo sono con lei.

In terzo luogo, per finire, Oriana Fallaci vorrebbe che non solo i pretoni idolatri, ma anche i sacerdoti di base pacifisti fossero cattivi e malvagi come lei. In questo modo le chiese, già semivuote, si vuoterebbero completamente. Se la baracca funziona ancora, funziona esclusivamente per il volontariato caritativo di generosi pretini rivolto a giovani, anziani, malati, infelici. Sono loro, e soltanto loro, a tenere in piedi questa baracca. E Oriana Fallaci li vorrebbe cattivi e “crociati” come lei. La tradizione controriformistica dei cattolici italiani è ipocrita, ma non certo autolesionista.

8. Sarebbe ingeneroso non segnalare che Oriana Fallaci regala al lettore anche momenti esilaranti, in particolare a proposito di buffi personaggi come Romano Prodi (p. 93) e Gianfranco Fini (p. 97). A proposito del bolognese Prodi (un personaggio tipico di quella Bologna orribile descritta dal bravo giallista Loriano Machiavelli nei romanzi del sergente Sarti Antonio) Oriana Fallaci ricorda la partecipazione del buffo personaggio alla seduta spiritica del 1978 in cui si evocavano le anime del Purgatorio per sapere dove i brigatisti rossi tenevano prigioniero Aldo Moro (e Prodi a quella immonda seduta spiritica partecipò sul serio).

Ancora più esilarante la descrizione di Fini, che con lo zucchetto ebraico si prosterna davanti ai sionisti per far dimenticare decenni di apologia del fascismo. Naturalmente Oriana Fallaci (p. 133) è perfettamente d’accordo con la porcheria propagandistica oggi egemone, per cui chi si oppone al sionismo è ipso facto anche antisemita. Credo che il vero Mastro Cecco buonanima avrebbe smascherato questa ipocrisia intollerabile (la legna simbolica con cui oggi vengono costruiti i roghi). In quanto alle truppe d’occupazione italiane illegali in Iraq (p. 177), esse vengono dipinte come benefattori che “riportano un po’ di ordine pubblico” (sic).

9. Ma Oriana Fallaci a volte si butta anche nella filosofia. Per esempio, (p. 88), fa dottamente notare che in lingua araba non c’è neppure una parola per indicare il nostro nobile termine occidentale di libertà, avendo i disgraziati solo il termine di affrancamento (hurrya) con cui vengono affrancati gli schiavi. Cara Oriana Fallaci, limitati alla libera stupidaggine, e non ficcarti in cose etimologiche più grandi di te! Nel nostro occidentalissimo latino i liberi erano i figli, in quanto asserviti al padre, ed i liberti erano gli schiavi liberati. La variante greca di liberti (apeleutheroi) significa etimologicamente “affrancati”.

Non importa. La libera stupidaggine, anche quando si traveste da etimologia filosofica, resta libera stupidaggine. Così il lettore di Oriana Fallaci desideroso di avere una filosofia della storia universale pronta come il caffè solubile imparerà che mentre l’Islam è uno “stagno di acqua morta” (p. 273) l’Occidente è un “fiume” (p. 274). Peccato che in questo momento questo fiume sia talmente inquinato che se uno ci nuota dentro e per caso beve una sorsata della sua acqua ci resta secco immediatamente.

10. Concludiamo questa segnalazione. In linea di massima, è meglio leggere i libri dei “cattivissimi” piuttosto di quelli dei “buonisti”. Fra Veltroni e la Fallaci, mille volte meglio la Fallaci. E’ vero che, come dice saggiamente Don Chisciotte, “l’ipocrita che si finge buono arreca meno danno di chi pecca pubblicamente”. Ma oggi gli ipocriti che si fingono buoni bombardano la Jugoslavia con uranio cancerogeno guidando contemporaneamente cortei salmodianti che inneggiano alla pace. E allora meglio Oriana Fallaci. Più di duecentocinquanta pagine di libere stupidaggini possono avere un effetto catartico. In me almeno lo hanno avuto. Se non altro, ho capito che bisogna accostarsi ai problemi di oggi con maggiore serietà ed anche, diciamocelo pure, con minore odio unilaterale.