A cura di Jean-Claude Martini ed Eros Rossi Fomìn.
Indice
Avanguardia dei diritti
Diritti delle donne
La grande Rivoluzione d’Ottobre del 1917 aprì la strada all’emancipazione sociale e alla liberazione delle donne della classe operaia. Prima della Rivoluzione d’Ottobre, nella Russia zarista, le donne erano soggette a varie discriminazioni di classe e di sesso: l’80% di loro erano lavoratrici non qualificate che guadagnavano la metà dello stipendio dei colleghi uomini. Nella Russia zarista, l’87% delle donne non sapeva leggere e scrivere. Uno dei primi decreti della Rivoluzione fu quello di garantire i diritti politici completi alle donne; in Gran Bretagna avvenne nel 1918, negli USA nel 1920 e in Francia nel 1944.
Nella Russia sovietica, dal 1917 al 1920, quasi 4 milioni di donne impararono a leggere e scrivere, mentre dal 1922 al 1928 la rappresentanza femminile nei Soviet aumentò di 9 volte (830.700 lavoratrici e contadine). Negli anni ’70, mentre negli Stati Uniti solo il 5% dei membri del governo federale e dei governi statali erano donne, il 35,6% dei membri del Soviet Supremo erano donne.
Fu in Unione Sovietica – non nell’Europa occidentale o negli Stati Uniti – che furono istituite leggi speciali per proteggere le donne lavoratrici durante il periodo di gravidanza: 4 mesi di congedo di maternità con retribuzione intera per ogni donna.
Diritti del lavoratore
Nell’Unione Sovietica c’era un lavoro stabile e permanente per tutti, non più di 41 ore settimanali. Per coloro che lavorano in condizioni di lavoro meno salutari l’orario di lavoro è stato ridotto a 36 ore settimanali. La settimana lavorativa in Unione Sovietica era una delle più brevi al mondo, mentre ogni uomo e ogni donna che lavorava aveva diritto al tempo libero ogni settimana, insieme a un’indennità annuale stabile e piena.
L’assicurazione sociale statale dei lavoratori era obbligatoria. La fonte del contributo assicurativo non era il salario dei lavoratori ma il bilancio statale e quello delle aziende statali. Ogni lavoratore aveva diritto alla pensione completa, a 60 anni per gli uomini e a 55 anni per le donne. Nei lavori meno salutari, gli uomini avevano il diritto di andare in pensione all’età di 50 anni e le donne a 45 anni.
Il riposo e il tempo libero non erano un privilegio, come accade nel capitalismo, ma un diritto secondo l’articolo 119 della Costituzione sovietica. Lo Stato socialista metteva a disposizione del popolo una vasta rete di istituti culturali e sportivi gratuiti. La prima casa per il tempo libero fu costruita a Pietroburgo (Leningrado) nel 1920, su iniziativa dello stesso Lenin. All’inizio del 1940 esistevano già 3.600 case di svago che potevano servire quasi 470.000 lavoratori, mentre negli anni ’80 si contavano più di 14.000 centri di svago e di vacanza per 45 milioni di persone.
Nel mondo capitalista, soprattutto nell’Europa occidentale, i successi sindacali sono invece stato il risultato di continue e sanguinose lotte di classe. L’esistenza dell’Unione Sovietica e l’esempio della costruzione socialista hanno costretto un numero significativo di governi borghesi occidentali a garantire alcuni diritti sociali e lavorativi ai propri cittadini. Tuttavia, dopo le controrivoluzioni nell’URSS e nell’Europa orientale, questi diritti sociali e lavorativi furono ferocemente attaccati. Oggi, in occidente, viviamo la barbarie capitalista della disoccupazione di massa, della sottoccupazione, della riduzione dei salari, dei licenziamenti di massa, dei rapporti di lavoro a contratto zero, dell’occupazione minorile. Nel mondo capitalista, tutti i diritti sociali e del lavoro sono stati sacrificati sull’altare della redditività del capitale; dagli Stati Uniti con 47 milioni di persone che vivono al limite della povertà all’Unione Europea con 25 milioni di disoccupati [dati del 2016]!
Sistema sanitario universale e veramente gratuito
Il sistema sanitario pubblico istituito in Unione Sovietica costituisce un esempio significativo di costruzione socialista. Nella Russia sovietica esisteva un’ampia rete statale di assistenza sanitaria, basata sull’economia socialista pianificata centralmente, che forniva servizi medici gratuiti a tutta la popolazione. I numeri parlano da soli: prima della Rivoluzione d’Ottobre, nella Russia zarista, l’aspettativa di vita era di soli 32 anni. Dopo il 1917, nel giro di pochi anni, la speranza di vita salì a 44 anni (1920). Nel 1987 l’URSS aveva lo stesso tasso di aspettativa di vita del mondo occidentale (69 anni).
Durante la costruzione socialista, il numero dei medici di tutte le specialità aumentò rapidamente, mentre la mortalità infantile (che nella Russia pre-rivoluzionaria era un problema enorme) diminuì di 10 volte. A metà degli anni ’80, circa 160 milioni di persone erano sottoposte a controlli sanitari preventivi annuali, mentre più di 35 milioni erano sotto costante monitoraggio medico gratuito. Nello stesso periodo esistevano nell’Unione Sovietica più di 28.000 infermerie statali per donne e bambini.
Dopo il crollo dell’URSS, nella Russia capitalista, il tasso di aspettativa di vita è diminuito drasticamente fino al 2005 – anno in cui le politiche di Putin hanno risollevato anche l’aspettativa di vita. Nel 1990 l’aspettativa era di 69 anni; nel ’95 di 65 anni, e nel 2004 era di 63 anni. Nel 2020, come detto, si è risollevata, a 72 anni. Per approfondire rimandiamo al nostro Dossier.
Istruzione pubblica e lotta all’analfabetismo
Un risultato unico della costruzione del socialismo in Unione Sovietica è stata la completa eliminazione dell’analfabetismo e il rapido aumento del livello di istruzione. Prima della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, solo il 37,9% degli uomini di lingua russa e il 12,5% delle donne di lingua russa sapevano leggere e scrivere. Fin dall’inizio, il governo sovietico fece uno sforzo colossale per eliminare l’analfabetismo. I numeri parlano da soli: circa 50 milioni di adulti hanno imparato a leggere e scrivere negli anni tra il 1920 e il 1940; nel 1937 il 75% della popolazione totale sapeva leggere e scrivere. Nel decennio del 1960 l’analfabetismo era stato completamente eliminato.
L’eliminazione dell’analfabetismo – ottenuta anche dalla Cuba socialista negli anni ’60, con ancora più rapidità (vai al Dossier) – consisteva in un programma educativo generale e unificato creato dal governo sovietico che comprendeva: l’istituzione di un’istruzione gratuita per ogni bambino, la creazione di un programma educativo sociale prescolare, istruzione universitaria gratuita e accessibile per la classe operaia e i contadini, creazione di migliaia di scuole materne, elementari e superiori pubbliche. Il numero di persone che hanno raggiunto un’istruzione di livello universitario è passato da 1,2 milioni nel 1939 a 21 milioni alla fine degli anni ’80. Dal 1918 al 1990, più di 135 milioni di sovietici hanno completato l’istruzione universitaria.
Mentre nel mondo capitalista il diritto all’istruzione diventava soggetto al profitto e alle privatizzazioni, in URSS gli studenti avevano libero accesso a tutti i livelli educativi. Nell’Unione Sovietica l’istruzione superiore non prevedeva tasse e inoltre vi era completa accessibilità all’assicurazione medica e a vari eventi sportivi e culturali.
Nel 2000, nella Russia capitalista, il 40% degli studenti universitari pagava le tasse. La restaurazione del capitalismo nel paese ha portato alla disintegrazione del carattere pubblico e gratuito dell’istruzione. I risultati indiscussi del socialismo nel campo dell’istruzione sono stati riconosciuti a livello internazionale dagli organismi scientifici degli stati capitalisti. Caratteristica è la frase “quello che Ivan sa e Johnny no”, che è diventata oggetto di ricerca negli Stati Uniti. Soprattutto dopo il trionfo sovietico nel settore delle scienze, compresa la scienza spaziale, nessuno poteva contestare la superiorità del sistema socialista nel campo dell’istruzione.
Il benessere materiale
Dati occidentali sull’economia e il benessere sovietico
Partiamo con un’analisi materiale dell’economia sovietica e il suo conseguente riflesso nella vita e il benessere dei cittadini sovietici.
Citiamo per iniziare il paper piuttosto completo “Reassessing the Standard of Living in the Soviet Union: An Analysis Using Archival and Anthropometric Data” pubblicato da Elizabeth Brainerd per l’IZA (Institute of Labor Economics, della Deutsche Post Foundation), 2006.
Il paper si apre già con queste premesse:
«Le stime occidentali e sovietiche sulla crescita del PNL in URSS indicano che il PNL pro capite è cresciuto in ogni decennio – a volte rapidamente – dal 1928 al 1985. Sebbene questa misura suggerisca che il tenore di vita sia migliorato in URSS durante questo periodo, non è chiaro se questa crescita economica si sia tradotta in un miglioramento del benessere della popolazione nel suo complesso. Questo lavoro utilizza dati d’archivio inediti sulla mortalità infantile e studi antropometrici sui bambini condotti in tutta l’Unione Sovietica, per rivalutare lo standard di vita in URSS utilizzando queste misure alternative di benessere. Nel periodo prebellico questi dati indicano una popolazione estremamente piccola di statura e sensibile agli sconvolgimenti politici ed economici del Paese per mano dei leader sovietici e delle forze esterne. Considerevoli e rapidi miglioramenti sono stati rilevati nella mortalità infantile, nel peso alla nascita, nell’altezza dei bambini e nella statura degli adulti dal 1940 alla fine degli anni ’60. Mentre questo periodo di crescita fisica è stato seguito da una stagnazione delle altezze e da un aumento della mortalità maschile adulta, sembra che l’Unione Sovietica abbia evitato i cali di statura sostenuti che si sono verificati negli Stati Uniti e nel Regno Unito durante l’industrializzazione di quei Paesi.»
Parlando dei dati statistici, «Il tasso di crescita del PNL pro capite dell’Unione Sovietica ha eguagliato quello dell’OCSE nel periodo 1950-1980 (3,3% di media annua) e ha superato di molto quello degli Stati Uniti, rispettivamente del 3,3% e dell’1,9% dal 1950 al 1980. Nell’ultimo decennio del periodo, dal 1970 al 1980, la crescita del PNL pro capite è stata più o meno simile in tutte e tre le regioni, con una media di circa il 2% annuo in quegli anni».
Come si nota anche dalla tabella riportata di seguito (presente nel paper), la crescita del PIL PC (GNP per capita) sovietico era in linea con quello dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (un insieme di Stati occidentali) e le quote USA.
Anche contando gli investimenti (vengono considerati cioè quei fondi stanziati nella produzione e nei servizi con un ritorno economico a breve o lungo termine), possiamo notare come i tassi di investimento totale del governo sovietico, nella comparazione temporale, siano andati ad aumentare, fino al periodo della peretrojka (’85 in poi).
Insieme ad esso, il tasso di crescita del PIL pro capite (attenzione: non il tasso del PIL, ma il suo tasso di crescita rispetto all’anno precedente) è rimasto piuttosto lineare – seppur con un andamento decrescente a lungo termine, come in tutti i Paesi sviluppati -, almeno fino alla fine degli anni ’80, quando iniziarono le manovre distruttive messe in moto da Gorbacev (la perestrojka).
[I seguenti due grafici sono presi dal seguente paper: “An analysis of the Soviet economic growth from the 1950’s to the collapse of USSR“, di Numa Mazat, F. J. Serrano, 2012]
Da finire citando altre tabelle e tornando al paper dell’IZA sul benessere e mortalità infantile.
Dati pubblici sovietici sull’epoca staliniana
«Alcune parole sui ritmi stessi e sulle percentuali d’aumento annuo della produzione. I nostri dirigenti dell’industria si occupano poco di questa questione. E’ invece un problema molto interessante. Che cosa sono le percentuali d’aumento della produzione, che cosa si nasconde propriamente dietro ogni percentuale di aumento? Prendiamo per esempio il 1925, nel periodo di ricostituzione. L’aumento della produzione ammontava in quell’anno al 66 %. La produzione globale dell’industria ammontava a 7 miliardi e 700 milioni di rubli. Il 66 % di aumento significava allora in cifre assolute un po’ più di 3 miliardi di rubli. Di conseguenza, ogni uno per cento di aumento era allora equivalente a 45 milioni di rubli. Prendiamo ora l’anno 1928. Esso dette un aumento del 26 %, cioè, come percentuale, quasi un terzo del 1925. La produzione globale dell’industria ammontava allora a 15 miliardi e 500 milioni di rubli. L’aumento annuo complessivo ammontava in cifre assolute a 3 miliardi e 280 milioni di rubli. Di conseguenza ogni uno per cento di aumento era allora equivalente a 126 milioni di rubli, cioè costituiva una somma quasi tripla di quella del 1925, allorché la percentuale di aumento era del 66%. Prendiamo, infine, l’anno 1931. L’aumento fu del 22 %, cioè un terzo del 1925. La produzione globale dell’industria raggiunse allora 30 miliardi e 800 milioni di rubli. L’aumento complessivo in cifre assolute fu di 5 miliardi e 600 milioni di rubli e qualcosa. Ogni uno per cento di aumento era quindi equivalente a più di 250 milioni di rubli, cioè sei volte di più che nel 1925, quando avevamo un aumento del 66%, e il doppio del 1928, quando avevamo un aumento del 26% e qualcosa.
Che cosa vuol dire tutto ciò? Vuol dire che nello studio dei ritmi di aumento della produzione non ci si può limitare alla sola analisi dell’ammontare totale delle percentuali di aumento: bisogna anche sapere che cosa sta dietro a ogni uno per cento di aumento e quale è la somma totale dell’aumento annuo della produzione. Per l’anno 1933, ad esempio, prevediamo un aumento del 16 %, cioè un aumento quattro volte minore dell’aumento del 1925. Ciò però non vuole ancora dire che l’aumento della produzione in questo anno sia esso pure quattro volte minore. L’aumento della produzione nel 1925 ammontava in cifre assolute a più di tre miliardi e ogni uno per cento era eguale a 45 milioni. Non v’è ragione di porre in dubbio che nel 1933, il tasso dell’aumento essendo del 16 % l’aumento della produzione in cifre assolute non sarà inferiore a 5 miliardi di rubli, cioè sarà quasi il doppio del 1925 e ogni uno per cento di aumento sarà equivalente almeno a 320-340 milioni di rubli, cioè ad una somma almeno sette volte più grande di ogni uno per cento di aumento nel 1925.
Ecco come si presentano le cose, compagni, quando si esamina il problema dei ritmi e delle percentuali di aumento in modo concreto.»
[Stalin, Questioni del leninismo, Mosca 1946, pp. 413-14]
«Mentre nell’U.R.S.S. la produzione industriale, nei tre anni della crisi (1930-1933), si era più che raddoppiata, raggiungendo nel 1933 il 201 per cento del livello del 1929, negli Stati Uniti d’America cadeva alla fine del 1933 al 65 per cento, in Inghilterra all’86 per cento, in Germania al 66 per cento, in Francia al 77 per cento del livello del 1929.»
[Storia del PC(b) dell’URSS, p. 326]
«Mentre al tempo del XV Congresso, nel 1926-1927, la produzione di tutta l’industria aveva raggiunto in complesso il 102,5 per cento dell’anteguerra, alla data del XVI° Congresso, ossia nel 1929-1930 raggiungeva circa il 180 per cento dell’anteguerra.
[…]
Al tempo del XVI° Congresso il partito aveva operato una svolta decisiva nello sviluppo dell’agricoltura dell’URSS. Le grandi masse contadine si erano volte verso il socialismo. Il 1° Maggio 1930, nelle regioni cerealicole più importanti, la collettivizzazione comprendeva il 40-50 per cento delle aziende contadine (invece del 2-3 per cento della primavera del 1928). I colcos avevano già seminato 36 milioni di ettari.»
[Ibidem, pp. 337, 338]
«Mentre nei paesi capitalistici, a soli tre anni dalla crisi economica del 1930-1933, sopravveniva un’altra crisi economica, nell’U.R.S.S. in tutto quel periodo continuava irresistibilmente l’ascesa industriale. Se l’industria capitalistica mondiale raggiungeva, nel suo complesso, verso la metà del 1937, a mala pena il 95-96 per cento del livello del 1929, per cadere poi, nella seconda metà del 1937, in una nuova crisi economica, l’industria dell’U.R.S.S., nella sua ascesa sempre più vigorosa, raggiungeva, verso la fine del 1937, il 428 per cento rispetto al livello del 1929, e in confronto all’anteguerra era più che settuplicata.
[…]
Un’ascesa quasi identica si verificava nell’agricoltura. La superficie seminata – tenendo conto di tutte le colture – aumentò da 105 milioni di ettari nel 1913 (periodo dell’anteguerra) a 135 milioni di ettari nel 1937. La produzione cerealicola aumentò da 4 miliardi e 800 milioni di pud nel 1913 a 6 miliardi e 800 milioni di pud nel 1937; la produzione del cotone greggio da 44 milioni a 154 milioni di pud; la produzione del lino (fibra) da 19 milioni a 31 milioni di pud; la produzione delle barbabietole da 654 milioni a 1 miliardo e 311 milioni di pud; la produzione delle piante oleacee da 129 milioni a 306 milioni di pud.»
[Ibidem, p. 364]
«Il salario reale degli operai e degli impiegati durante il secondo piano quinquennale si è più che raddoppiato. Il fondo salari passò da 34 miliardi di rubli nel 1933 a 81 miliardi nel 1937. Il fondo delle assicurazioni sociali dello Stato salì da 4 miliardi e 600 milioni di rubli nel 1933 a 5 miliardi e 600 milioni di rubli nel 1937. Solo nel 1937 furono spesi circa 10 miliardi di rubli per le assicurazioni sociali dello Stato a favore degli operai e degli impiegati, per migliorare le loro condizioni d’esistenza, per le opere culturali, per i sanatori, le stazioni di cura, le case di riposo e l’assistenza medica.
Nelle campagne il regime colcosiano si consolidò definitivamente. […] Grazie al consolidamento del regime colcosiano, la povertà e l’incertezza del domani scomparvero dalle campagne. Mentre tre anni prima, era assegnato per ogni giornata lavorativa un chilo o due di grano, ora la maggioranza dei colcosiani delle regioni cerealicole, ne riceve da 5 a 12, e molti di essi fino a 20 chilogrammi per ogni giornata lavorativa, senza parlare degli altri prodotti e dei guadagni in denaro. Vi sono oggi milioni di famiglie colcosiane che, nelle regioni cerealicole, ricevono annualmente da 500 a 1.500 pud di cereali, e decine di migliaia di rubli come guadagno annuale nelle regioni che producono cotone, barbabietole, lino o che si dedicano all’allevamento del bestiame, alla viticoltura, alla produzione di agrumi, di frutta e ortaggi. I colcos sono diventati agiati. La costruzione di nuovi granai e rimesse è diventata la preoccupazione principale delle famiglie colcosiane, perché i vecchi magazzini per i prodotti, calcolati per insignificanti riserve annuali, non bastavano neppure più a soddisfare la decima parte dei nuovi bisogni dei colcosiani.
Dato il benessere crescente delle masse popolari, il governo promulgò, nel 1936, una legge che proibiva gli aborti. Al tempo stesso, fu elaborato un vasto programma per la costruzione di case di maternità, di nidi d’infanzia, di dispensari per lattanti, di asili infantili. Nello stesso anno, per queste istituzioni furono stanziati 2 miliardi e 174 milioni di rubli, rispetto a 875 milioni nel 1935. Fu emessa una legge speciale che stabilisce dei sussidi considerevoli alle famiglie con prole numerosa. In seguito a questa legge, furono distribuiti nel 1937 sussidi per più di un miliardo di rubli.
Con l’introduzione dell’istruzione generale obbligatoria e con la costruzione di nuove scuole, il livello di cultura delle masse popolari si è elevato in modo prodigioso. In tutta l’U.R.S.S. si persegue un’opera grandiosa per lo sviluppo dell’insegnamento. Il numero degli allievi delle scuole elementari e secondarie, da 8 milioni nel 1914, passò a 28 milioni nell’anno scolastico 1936-1937. Quello degli studenti negli istituti d’istruzione superiore, da 112 mila nel 1914, passò a 542 mila nell’anno scolastico 1936-1937.»
[Ibidem, pp. 369-70]
«…la nostra industria è cresciuta rispetto al livello dell’anteguerra di oltre nove volte, mentre l’industria dei principali paesi capitalistici continua a segnare il passo intorno al livello d’anteguerra, superandolo appena del 20-30 per cento.
[…]
Nel periodo in esame, lo sviluppo dell’agricoltura, del pari che lo sviluppo dell’industria, ha seguito una linea ascendente. Questo progresso non si esprime solo nell’aumento della produzione agricola, ma si esprime, prima di tutto, nello sviluppo e nel rafforzamento dell’economia agricola socialista, da una parte, e nella scomparsa dell’economia individuale dall’altra. Mentre nei colcos la superficie seminata a cereali, da 75 milioni di ettari nel 1933, è aumentata a 92 milioni di ettari nel 1938, la superficie seminata a cereali dei contadini individuali è invece diminuita, durante lo stesso periodo, da 15 milioni e 700 mila ettari, a 600 mila ettari, cioè al 0,6 per cento di tutta la superficie seminata a cereali. E non parlo delle superfici seminate a colture industriali, dove la parte della economia individuale si è ridotta a zero. E noto, inoltre, che i colcos abbracciano ora, 18 milioni e 800 mila famiglie contadine, cioè il 93,5 per cento di tutte le famiglie contadine, senza contare i colcos di pescatori e cacciatori.
Ciò significa che i colcos si sono definitivamente rafforzati e consolidati e che il sistema socialista dell’economia costituisce oggi l’unica forma della nostra agricoltura.
[…]
Se a questi dati si aggiunge che il numero delle stazioni di macchine e trattrici nel periodo considerato è aumentato da noi da 2.900 nel 1934 a 6.350 nel 1938, si può, sulla base di tutti questi dati, affermare con sicurezza che la ricostruzione della nostra agricoltura sulla base della nuova tecnica moderna è già fondamentalmente compiuta.
La nostra agricoltura, per conseguenza, è non solo l’agricoltura più grande e più meccanizzata, ma anche l’agricoltura più capace di produrre merce ed anche la più attrezzata in mezzi tecnici moderni, rispetto all’agricoltura di qualunque altro paese.»
[Stalin, Questioni del leninismo, p. 623, 626, 628]
«Particolarmente interessante è il problema della produzione cerealicola mercantile dei colcos e dei sovcos. Il compagno Nemcinov, noto statistico, ha calcolato che su cinque miliardi di pud di cereali di produzione complessiva nell’anteguerra, i cereali gettati sul mercato erano in tutto un miliardo e 300 milioni di pud, ossia il 26 per cento della produzione cerealicola complessiva di allora. I1 compagno Nemcinov calcola che la produzione disponibile dei colcos e dei sovcos in quanto grande produzione, ha costituito, per esempio, nel 1926-1927 circa il 47 per cento della produzione complessiva, mentre la produzione disponibile delle aziende contadine individuali era circa il 12 per cento. Se, per maggior prudenza, si calcola la produzione disponibile dei colcos e dei sovcos nel 1938 uguale al 40 per cento della produzione complessiva, si otterrà che la nostra economia cerealicola socialista ha potuto fornire e realmente ha fornito quest’anno un’eccedenza di circa due miliardi e 300 milioni di pud di cereali mercantili, cioè un miliardo di pud in più di quanto non ne avesse forniti la produzione dell’anteguerra.»
[Ibidem, p. 629]
«Insieme con l’incremento dell’industria e dell’agricoltura, è aumentato nel paese anche il commercio. La rete del commercio statale e cooperativo al minuto si è allargata durante il periodo considerato del 25 per cento. La cifra d’affari del commercio statale e cooperativo al minuto è aumentata del 178 per cento. La cifra d’affari dei mercati colcosiani è aumentata, del 112 per cento.»
[Ibidem, p. 630]
«In conclusione, noi abbiamo gli indici seguenti del miglioramento della situazione materiale degli operai e dei contadini; nel periodo
1. Il reddito nazionale, da 48 miliardi e mezzo di rubli nel 1933, è salito a 105 miliardi nel 1938;
2. Il numero degli operai e degli impiegati, da poco più di 22 milioni nel 1933, è salito a 28 milioni nel 1938;
3. Il fondo annuale dei salari degli operai e degli impiegati, da 34 miliardi e 953 milioni di rubli è salito a 96 miliardi e 25 milioni;
4. Il salario annuale medio degli operai industriali, che nel 1933 era di ‘1.513 rubli, nel 1938 era giunto a 3.447 rubli;
5. Gli introiti in denaro dei colcos, da 5 miliardi 661 milioni e 900 mila rubli nel 1933, sono giunti a 14 miliardi 180 milioni e 100 mila rubli nel 1937;
6. La distribuzione media di grano ad ogni famiglia colcosiana, nelle regioni cerealicole, da 61 pud nel 1933 è salita a 144 nel 1937; senza tener conto delle sementi, dei fondi di sementi di riserva, del fondo per il nutrimento del bestiame comune, delle consegne di grano allo Stato, dei pagamenti in natura per i lavori compiuti dalle stazioni di macchine e trattrici;
7. Gli stanziamenti nel bilancio dello Stato per opere sociali e culturali sono passati da 5 miliardi 839 milioni e 900 mila rubli nel 1933 a 35 miliardi e 202 milioni e mezzo nel 1938.
Per quanto riguarda il livello di coltura del popolo, la sua ascesa ha seguito il miglioramento della situazione materiale del popolo.
Dal punto di vista dello sviluppo culturale del popolo, il periodo considerato è stato veramente un periodo di rivoluzione culturale. L’introduzione pratica dell’istruzione elementare generale obbligatoria nelle lingue delle nazionalità dell’U.R.S.S., l’aumento del numero delle scuole e degli allievi di tutti i gradi, l’aumento del numero degli specialisti che hanno terminato le scuole superiori, la formazione e lo sviluppo dei nuovi intellettuali sovietici, — questo è il quadro generale dell’ascesa del popolo.»
[Ibidem, p. 633]
«Per riportare l’economia nazionale al livello anteguerra è stato necessario un certo periodo di tempo. Il livello prebellico del 1940, per quanto si riferisce al volume annuo della produzione industriale globale, è stato raggiunto e sorpassato nel 1948; quello della produzione carbonifera, nel 1947; quello dell’acciaio e del cemento, nel 1948; quello della ghisa e del petrolio, nel 1949; quello delle calzature, nel 1950; quello dei tessuti di cotone, nel 1951. […] Nel 1952 sono stati ottenuti nuovi successi nello sviluppo della nostra industria. Com’è noto, il piano per l’anno in corso, per quanto riguarda l’industria nel suo complesso, non soltanto viene realizzato con successo, ma viene superato.
[…]
Quanto all’aumento annuale della produzione nelle principali branche industriali, negli ultimi anni esso è stato considerevolmente maggiore rispetto al livello prebellico. Così, ad esempio, negli ultimi tre anni – 1949-1951 – quando cioè il livello prebellico della produzione industriale era stato non soltanto ristabilito, ma superato, l’aumento della produzione della ghisa è stato pari a 8 milioni di tonnellate, quello dell’acciaio a 13 milioni di tonnellate, quello dell’acciaio a 13 milioni di tonnellate, e quello dei laminati a 10 milioni di tonnellate, mentre prima della guerra erano occorsi otto anni per realizzare un aumento di questa entità nella produzione della ghisa, nove anni per l’acciaio, e dodici anni per i laminati. L’aumento della produzione carbonifera in questi tre anni è stato pari a 74 milioni di tonnellate, l’aumento nella produzione del petrolio a 13 milioni di tonnellate. Prima della guerra erano occorsi sei anni per ottenere un simile aumento nella produzione del carbone e dieci anni in quella del petrolio. L’aumento nella produzione dell’energia elettrica in questi tre anni è stato di 37 miliardi di kwh. Prima della guerra erano occorsi nove anni per ottenere un aumento di questa entità nella produzione dell’energia elettrica.
L’aumento nella produzione dei mezzi di produzione e lo sviluppo della produzione agricola hanno assicurato una solida base allo sviluppo dell’industria che produce beni di consumo. La produzione totale di questa industria nel 1951 ha superato del 43% quella del 1940, e nel 1952 essa supererà all’incirca del 60% la produzione del 1940. La produzione del 1952 sarà la seguente: oltre 5 miliardi di metri di tessuti di cotone, ossia all’incirca il 30% in più del 1940; circa 190 milioni di metri di tessuti di lana, ossia il 60% circa in più del 1940; 218 milioni di metri di tessuti di seta, ossia 2,8 volte la produzione del 1940; 250 milioni di paia di calzature di cuoio, ossia all’incirca il 20% in più rispetto al 1940; 125 milioni di paia di calzature di gomma, ossia l’80% in più di quanto prodotto nel 1940; più di 3.300.000 tonnellate di zucchero, ossia il 50% in più rispetto al 1940; oltre 380.000 tonnellate di burro prodotto industrialmente (senza contare le considerevoli quantità di burro di produzione casalinga), il che costituisce un aumento di oltre il 70% rispetto al livello prebellico della produzione industriale del burro.»
[Stalin-Molotov-Malenkov, Verso il comunismo, Edizioni di Cultura Sociale, Roma 1952, pp. 80, 81, 82]
«I successi della ricostruzione e dello sviluppo dell’industria nel dopoguerra hanno permesso alla produzione industriale dell’U.R.S.S., per abitante, di superare attualmente il livello prebellico. Così, ad esempio, la produzione dell’energia elettrica, per abitante, nel 1951 è stata più del doppio di quella del 1940, quella della ghisa è stata superiore del 50%, quella dell’acciaio del 70%, quella del carbone del 60%, la produzione del cemento è stata più che raddoppiata, quella dei tessuti di cotone è aumentata del 20%, quella dei tessuti di lana di oltre il 60%, quella della carta del 70%, ecc.
[…]
Solo nel 1946-1951 oltre 320 miliardi di rubli, su un totale di investimenti di circa 500 miliardi di rubli del bilancio statale, sono stati investiti nell’industria. Durante questo periodo circa settemila grandi aziende industriali di Stato sono state ricostruite, costruite e messe in attività. In confronto al 1940 i principali fondi produttivi dell’industria sono aumentati nel 1952 del 77%.»
[Ibidem, p. 83]
«Il numero delle macchine utensili è aumentato durante questo periodo di 2,2 volte, grazie alla fornitura di nuove macchine a rendimento più elevato. Soltanto negli ultimi tre anni, l’industria meccanica sovietica ha prodotto circa 1.600 nuovi tipi di macchine e di meccanismi.»
[Ibidem, p. 84]
«Tra il 1940 e il 1951 la produttività del lavoro nell’industria è aumentata del 50%; e l’aumento della produttività del lavoro ha contribuito per il 70% ad accrescere la produzione industriale di questo periodo. Nell’edilizia, la produttività del lavoro è aumentata del 36% durante lo stesso periodo.»
[Ibidem, pp. 89-90]
«Nel terzo anno dopo la guerra, è stato raggiunto il livello della produzione granaria prebellica e negli anni seguenti esso è stato elevato, mentre la produzione dei cereali per il mercato è aumentata considerevolmente nello stesso tempo. Nell’anno corrente 1952, il raccolto globale dei cereali è stato di 8 miliardi di pud, con un raccolto globale della più importante coltura alimentare, il grano, superiore del 48% a quello del 1940.
Il problema dei cereali, considerato un tempo il problema più acuto e più grave, è stato risolto con successo una volta per tutte.
Nel dopoguerra, particolarmente rapido è stato lo sviluppo della produzione del cotone e delle barbabietole da zucchero: nel 1951, la produzione globale del cotone grezzo ha superato del 46% il livello anteguerra, quella delle barbabietole da zucchero del 31%. Quest’anno è stato ottenuto un raccolto ancora più abbondante di queste colture importanti. Il livello anteguerra è stato superato per quanto riguarda le colture oleaginose, le patate e i foraggi; inoltre, il raccolto complessivo di piante alimentari per il bestiame (radici da foraggio, cucurbitacee da foraggio e colture da immagazzinare nei silos) è stato sin dal 1951 superiore del 25% a quello del 1940. […] La nostra agricoltura attuale è cambiata anche qualitativamente. Essa differisce in modo radicale dalla vecchia agricoltura a basso rendimento, estensiva. Mentre nel 1952 le aree seminative di tutte le colture agricole dell’U.R.S.S. sono di 1,4 volte superiori a quelle del 1913, l’area coltivata a cereali è aumentata solo del 5%; quella coltivata a piante industriali, ortaggi e cucurbitacee è aumentata di oltre 2,4 volte e quella coltivata a foraggi di oltre 11 volte. Oggi le colture industriali rappresentano oltre il 40% del valore complessivo delle colture agricole mercantili.»
[Ibidem, p. 98]
«Parallelamente ai notevoli progressi compiuti nello sviluppo dell’agricoltura, il massimo sviluppo dell’allevamento del bestiame è divenuto il compito centrale del partito e dello Stato per il progresso dell’agricoltura negli anni del dopoguerra. Nel periodo dal luglio 1945 al luglio 1952, l’aumento dei bovini nell’U.R.S.S. è stato di 13,4 milioni di capi, quello degli ovini di 41,8 milioni di capi, quello dei suini di 21,2 milioni di capi e quello degli equini di 5,6 milioni. Il livello dell’anno prebellico 1940 per quanto riguarda i bovini nelle aziende di tutte le categorie è stato raggiunto nel 1948, per quanto riguarda gli ovini nel 1950, e per quanto riguarda i suini nell’anno corrente [1952]. […] Oggi il bestiame allevato nei colcos e nei sovcos e i suoi prodotti costituiscono la massima percentuale del numero complessivo dei capi di bestiame e dei prodotti dell’allevamento. La produzione globale e mercantile della carne, del latte, del burro, delle uova, della lana e dei pellami nell’U.R.S.S., complessivamente ha superato il livello prebellico.»
[Ibidem, p. 101]
«Nel dopoguerra il commercio cooperativo e statale è aumentato di 2,9 volte ed ha considerevolmente superato il livello prebellico. Nel 1951 rispetto al 1940, i magazzini statali e cooperativi hanno venduto alla popolazione l’80 per cento in più di carne e prodotti derivati, il 60 per cento in più di pesce e prodotti derivati, l’80 per cento in più di burro, quasi il doppio di olio ed altri grassi, il 70 per cento in più di zucchero, l’80 per cento in più di tessuti, il 50 per cento in più di calzature. La rete del commercio statale e cooperativo al minuto si è estesa, l’assortimento delle merci è sostanzialmente aumentato e la qualità è migliorata.»
[Ibidem, p. 115]
«Nell’anno in corso, rispetto al 1940, il trasporto di merci per ferrovia è aumentato all’incirca dell’80 per cento, i trasporti fluviali e marittimi del 60 per cento, gli autotrasporti di 3,1 volte, i trasporti aerei di 9,2 volte. I trasporti medi giornalieri dei vagoni ferroviari superano quest’anno di circa il 40 per cento quelli del 1940.
[…]
Nei trasporti per vie d’acqua, la lunghezza delle linee fluviali interne utilizzate per la navigazione ha superato nel 1951 di 23.000 chilometri quella del 1940. I trasporti marittimi e fluviali sono stati dotati di nuove navi per merci e passeggeri. Il grado di meccanizzazione del lavoro di carico e scarico è considerevolmente aumentato rispetto al 1940; nel 1951 esso è salito dell’83 per cento per il Ministero della flotta fluviale e del 90 per cento per il Ministero della marina mercantile.
Gli autotrasporti sono dotati di nuovi e migliori autocarri ed automobili. La rete delle camionabili, la cui pavimentazione è stata migliorata, è aumentata di 3,1 volte rispetto al 1940.
Negli anni del dopoguerra mezzi di comunicazione come la posta, il telegrafo, il telefono e la radio, sono stati ulteriormente sviluppati. La rete telefonica e telegrafica del paese si è allargata, e la capacità delle centrali telefoniche urbane è aumentata. Oggi tutti i centri distrettuali sono collegati per mezzo del telefono e del telegrafo con i centri regionali, e le attrezzature telefoniche dei soviet di villaggio e delle stazioni di macchine e trattori sono state quasi definitivamente completate. La rete radiofonica è oggi quasi due volte più grande di quella del 1940. Il servizio postale è stato considerevolmente esteso; la lunghezza delle linee aeree postali è aumentata di due volte e mezzo.»
[Ibidem, p. 117]
«L’indice principale dell’aumento del benessere del popolo sovietico è nella continua ascesa del reddito nazionale. Dal 1940 fino a tutto il 1951, il reddito nazionale dell’Unione Sovietica è aumentato dell’83 per cento. Contrariamente a quanto avviene nei paesi capitalistici, dove oltre la metà del reddito nazionale viene intascata dalle classi sfruttatrici, nell’Unione Sovietica l’intero reddito nazionale è patrimonio dei lavoratori. Circa tre quarti del reddito nazionale sono impiegati per soddisfare i bisogni personali, sia materiali che culturali, dei lavoratori dell’U.R.S.S.: il resto è impiegato per allargare la produzione socialista e per soddisfare altri bisogni generali dello Stato e sociali.
Il principale fattore dell’aumento del salario reale degli operai e degli impiegati e dei redditi reali dei contadini è costituito dalla politica di riduzione dei prezzi dei generi di largo consumo effettuata in modo conseguente dal governo. In seguito alle cinque riduzioni dei prezzi statali al minuto effettuate nel 1947-1952, i prezzi dei prodotti alimentari e industriali sono oggi in media inferiori del 50 per cento rispetto al quarto trimestre del 1947.
Come è noto, gli operai e gli impiegati del nostro paese ricevono, a spese dello Stato, i sussidi delle assicurazioni sociali, le pensioni della previdenza sociale, usufruiscono gratuitamente o con forti riduzioni di posti di soggiorno nelle case di cura e di riposo e dispongono di istituti per i loro figli, e hanno ferie annuali pagate. Tutti i lavoratori delle città e delle campagne beneficiano dell’assistenza medica gratuita. Lo Stato paga nelle città e nelle campagne assegni alle madri di famiglia numerosa e alle madri nubili; esso assicura l’istruzione gratuita nelle scuole elementari e settennali e conferisce stipendi agli studenti. Nel 1940 è stata pagata la somma di 40 miliardi e 800 milioni di rubli per i suddetti sussidi e assegni ai lavoratori delle città e delle campagne. Nel 1951, la somma destinata a questo scopo è stata di 125 miliardi di rubli.
In seguito all’aumento dei salari nominali degli operai e degli impiegati, dei redditi dei contadini in denaro e in natura, in seguito alla riduzione dei prezzi dei generi di largo consumo e all’aumento degli altri sussidi di Stato alla popolazione, i redditi reali degli operai e degli impiegati sono aumentati per ogni lavoratore, nel 1951, di circa il 57 per cento nei confronti del 1940, e i redditi reali per ogni contadino di circa il 60 per cento.»
[Ibidem, pp. 129-31]
«La costruzione di alloggi e di edifici pubblici viene condotta nel nostro paese su vasta scala. Soltanto negli anni del dopoguerra, nelle città e nei quartieri operai sono state costruite nuove abitazioni per un totale di oltre 155 milioni di metri quadrati di superficie abitabile, ed oltre 3 milioni e 800 mila case nelle località rurali. Sono state costruite abitazioni particolarmente nei circondari che hanno subito la occupazione durante la guerra.»
[Ibidem, p. 131]
«Il partito ed il governo hanno sempre dimostrato e continuano a dimostrare una grande sollecitudine per la salute del nostro popolo. Le spese dello Stato per la sanità pubblica, incluse le somme spese a tale scopo dalle assicurazioni sociali, sono aumentate, da 11 miliardi e 200 milioni di rubli nel 1940, a 26 miliardi e 400 milioni di rubli nel 1951. Su questa base, sono stati ottenuti ulteriori miglioramenti ed una estensione della rete dei servizi sanitari e medici per la popolazione. Nel 1951, nelle città e nelle località rurali il numero dei posti letto superava del 30 per cento quello del 1940. Il numero delle case di cura è aumentato. Il numero dei medici è aumentato nel paese dell’80 per cento.
In seguito al miglioramento del tenore di vita materiale e culturale del popolo e dei servizi sanitari, la mortalità del nostro paese è diminuita. Negli ultimi tre anni l’aumento assoluto della popolazione è stato di 9.500.000.»
[Ibidem, pp. 132-33]
«Le spese per l’istruzione sono salite da 22 miliardi e 500 milioni di rubli nel 1940, a 57 miliardi e 300 milioni di rubli nel 1951, cioè sono aumentate di oltre due volte e mezzo. Nei soli anni del dopoguerra, sono state costruite 23.500 scuole. Il numero delle persone che frequentano le scuole nell’U.R.S.S. è ora di 57 milioni, cioè quasi 8 milioni in più del 1940. L’insegnamento scolastico settennale e decennale è stato considerevolmente esteso; fra il 1940 e il 1951 compreso, il numero degli allievi dalla quinta alla decima classe è aumentato del 25 per cento; il numero degli allievi nelle scuole tecniche secondarie e nelle altre scuole secondarie specializzate è aumentato del 40 per cento; il numero degli studenti che frequentano gli istituti superiori è aumentato del 67 per cento. Soltanto nel 1952, presso gli istituti superiori si sono laureati 221.000 giovani specialisti per le varie branche dell’economia nazionale, mentre agli stessi istituti si sono iscritti 375.000 nuovi studenti. Oggi nell’Unione Sovietica lavorano approssimativamente 5.500.000 specialisti muniti di diplomi delle scuole superiori e delle scuole secondarie specializzate, cioè 2,2 volte di più di prima della guerra.»
[Ibidem, pp. 133-34]
«Prendendo in considerazione la sempre crescente importanza della scienza nella vita della nostra società, il partito manifesta una sollecitudine quotidiana per il suo sviluppo. Lo Stato sovietico ha dato grande impulso alla costruzione e all’attrezzatura di una vasta rete di istituti di ricerche scientifiche ed ha creato le più favorevoli condizioni al rigoglioso sviluppo della scienza; esso ha assicurato la preparazione su vasta scala di personale scientifico. Il numero degli istituti di ricerche, laboratori ed altri istituti scientifici è salito nell’U.R.S.S. da 1.560 nel 1939 a 2.900 all’inizio del 1952. Il numero dei lavoratori scientifici è quasi raddoppiato durante lo stesso periodo. Le spese dello Stato per promuovere lo sviluppo della scienza nel periodo 1946-1951 sono state di 47,2 miliardi di rubli.
Durante il periodo passato in rassegna, la rete degli istituti culturali e di istruzione nelle città e nelle località rurali è stata estesa su vasta scala. Attualmente, il paese ha 368.000 biblioteche di vario tipo. Dal 1939 il numero delle biblioteche è aumentato di oltre 120.000. La tiratura annuale dei libri ha raggiunto gli 800.000.000 di copie: un aumento di 1,8 volte nei confronti del 1939. Dal 1939 il numero degli impianti cinematografici sonori nelle città e nei villaggi è stato quasi triplicato.
Elementi quanto mai importanti e inseparabili della cultura sovietica sono la letteratura e l’arte. Noi abbiamo conseguito successi della più grande importanza nel progresso della letteratura sovietica, delle arti figurative, del teatro e della cinematografia. Una lampante dimostrazione di tutto questo è l’assegnazione annuale dei Premi Stalin a numerosi lavoratori meritevoli in questi campi. L’alto appellativo di laureato del Premio Stalin è stato conferito a 2.339 letterati e artisti.»
[Ibidem, pp. 134-35]
Il progresso
La ricerca e le invenzioni
Non c’è settore della scienza del XX secolo in cui l’Unione Sovietica non sia stata una forza trainante. Ogni anno, il 20%-25% delle invenzioni annuali, in quasi ogni aspetto della tecnologia, appartenevano all’URSS.