Comunismo e utopia

Da La Città futura.

La prospettiva comunista è oggi rifiutata dai più perché considerata datata, utopista o distopica. Come mostreremo nel seguente articolo chi porta avanti tali critiche è in realtà sostenitore di una visione del mondo non solo più datata, ma anche certamente più utopista e per diversi aspetti più distopica di quella comunista.

Una delle accuse più comuni che sono rivolte al comunismo, anche da parte di chi non ne è pregiudizialmente avverso, è che si tratterebbe di una utopia. Perciò, per quanto potrebbe anche essere considerato valido su un piano puramente razionale e ideale non sarebbe comunque realizzabile. Tali posizioni non sono diffuse solo fra persone che non si definirebbero mai marxiste o comuniste, ma persino fra persone che si dichiarano comuniste e marxiste. Esempio emblematico potrebbe essere il grande intellettuale Domenico Losurdo, uno dei più significativi marxisti contemporanei e un militante del partito comunista. Ciò nonostante Losurdo stesso ha sviluppato una critica piuttosto radicale ai tratti utopisti del comunismo e, anzi, ha considerato proprio l’utopismo uno dei problemi fondamentali che avrebbe segnato la sconfitta storica del tentativo di transizione al socialismo nei Paesi del blocco sovietico

D’altra parte, proprio a partire dall’Unione Sovietica si assiste, dopo la conquista del potere e la mancata estensione della rivoluzione socialista ai Paesi a capitalismo avanzato del mondo occidentale, all’affermarsi di un pensiero anti utopista che si afferma – anche se in forme e con modalità diverse – fra i principali intellettuali del Paese, da Lenin a Bucharin, da Trockij a Stalin. Tale tendenza si svilupperà ulteriormente nei Paesi dell’Europa orientale, soprattutto a seguito dell’isolamento e della persecuzione dei cosiddetti titoisti. Al punto che un grande filosofo marxista come Ernst Bloch vedrà proprio nel venir meno della carica utopistica uno degli aspetti principali che ha impedito lo sviluppo della transizione al socialismo nei Paesi del blocco sovietico.

Tornando ai giorni nostri, l’accusa di idealismo e utopismo rivolta a marxisti e comunisti è un’accusa in qualche modo paradossale visto che tali concezioni del mondo si sono sempre professate materialiste e, quindi, anti-idealiste e sostenitori di quel socialismo scientifico che si sarebbe affermato proprio in polemica con il precedente socialismo utopista. La questione è ancora oggi estremamente attuale e in qualche modo dirimente in quanto in chiunque abbia occhi per vedere si afferma sempre più la convinzione che il sistema capitalistico non solo viva una crisi storica molto profonda ma che questa crisi storica sia da considerare irreversibile. Non a caso anche nel genere fantascientifico si è affermata la ferma convinzione che la crisi del sistema capitalistico porterà con sé esiti apocalittici. Si tratta di una credenza sotto alcuni aspetti progressista, in quanto smentisce categoricamente gli apologeti delle magnifiche sorti e progressive del modo di produzione capitalista, per altri aspetti decisamente regressiva, in quanto non riuscendo a immaginare una soluzione diversa da quella apocalittica, si afferma l’ideologia dell’après moi le déluge!

Quello che difetta è lo spirito dell’utopia necessario per battersi per una società in grado di risolvere in senso progressista le contraddizioni strutturali del capitalismo, cioè una società socialista di transizione alla società comunista. Naturalmente si tratta di una grande ambizione, di un grande e rivoluzionario obiettivo in cui non ci sarà più bisogno della stessa macchina necessariamente repressiva dello Stato, non ci saranno più classi sociali e ognuno darà alla società sulla base delle proprie capacità e riceverà sulla base dei propri bisogni. Si tratta, dunque, di obiettivi razionali, preferibili per ciascuna persona che non pone davanti il presunto utile personale all’utile collettivo: come osservava Brecht il comunismo è il semplice (nel senso che è immediatamente chiaro alla regione quale migliore forma di organizzazione sociale) che è difficile a farsi, a realizzarsi.

Ora, queste posizioni vengono oggi considerate dai più utopistiche, irrealizzabili, in quanto l’uomo sarebbe per natura egoista, in quanto chi ha il potere cercherà sempre di eternizzarlo, in quanto senza il rischio del licenziamento, della perdita del salario, senza gli apparati repressivi dello Stato gli uomini non darebbero mai alla società secondo le proprie possibilità, per ricevere in proporzione ai propri bisogni. Al contrario, chi dà di più vorrebbe avere necessariamente di più e a chi dà di meno non potrà mai ricevere di più.

Naturalmente questa obiezione non regge in quanto già la nostra società non può realmente rinunciare al principio razionale su cui si fonderà la società comunista. In effetti, quasi ovunque ai nostri giorni, le persone giovani, forti e sane danno sicuramente di più alla società dei neonati o delle persone molto anziane o molto malate e queste ultime ricevono certamente di più da parte della società di quanto riescono a restituire e quasi nessuno e talvolta neppure i liberisti e anticomunisti pretendono che debba avvenire il contrario.

Senza contare che i comunisti stessi prevedono che prima del passaggio alla società comunista sia necessaria una fase non certo breve di transizione socialista in cui si realizzerà dapprima una società realmente meritocratica, sarà vietato lo sfruttamento, i grandi mezzi di produzione saranno socializzati, alla dittatura oligarchica di una minoranza di sfruttatori si sostituirà la dittatura democratica di coloro che non vorranno più lo sfruttamento della forza lavoro altrui, di contro a chi cercherà di reimporla. In tale fase, producendo in modo pianificato secondo i bisogni sociali reali, si elimineranno tutti gli spaventosi sprechi propri della società capitalista. Lavorando tutti gli abili al lavoro sarà possibile una radicalissima diminuzione dell’orario di lavoro per un salario decisamente superiore a quello attuale. Anche questa non è affatto un’utopia, dal momento che Campanella, già all’inizio del diciassettesimo secolo, aveva calcolato che lavorando tutti in una città come Napoli, al tempo la più popolosa d’Italia, si sarebbe potuto vivere tutti meglio lavorando appena quattro ore al giorno. Naturalmente con le attuali tecnologie e con la divisione del lavoro e la produzione che già il capitalismo ha provveduto a socializzare e a internazionalizzare, il lavoro necessario si ridurrà in modo decisamente ancora più drastico. In tal modo resterebbe moltissimo tempo effettivamente libero per tutti, che consentirebbe così la formazione dell’uomo nuovo, capace di far funzionare una società comunista. Una formazione che appunto dovrà realizzarsi lungo tutta una fase storica, quella di transizione dal socialismo al comunismo. Senza contare che l’esperienza storica ha portato già Lenin e con lui diversi intellettuali comunisti a sostenere che, per lo meno nei Paesi non a capitalismo avanzato, prima della transizione al comunismo sarà necessaria una transizione al socialismo, che prevede, ad esempio in primo luogo il passaggio dal capitalismo privato a un capitalismo di Stato.

D’altra parte senza principio speranza e spirito dell’utopia si finisce per sostenere la posizione del vescovo della celebre poesia di Brecht, Il sarto di Ulm, che secoli fa, quando gli uomini provavano per le prime volte a cercare di volare, naturalmente senza successo, sentenziava che “mai l’uomo volerà”. Ripensando a tali posizioni, che allora potevano apparire di semplice buon senso, oggi non possono che essere considerate del tutto distopiche, dal momento che al giorno d’oggi i voli sono divenuti spesso il modo di viaggiare non solo più comodo, ma anche più economico.

Ora è particolarmente bizzarro che spesso e volentieri a considerare utopistico il comunismo sono persone ancora legate a una visione del mondo religiosa, o che sognano il ritorno reazionario a una società primitiva o precapitalistica, o immaginano un del tutto impossibile capitalismo dal volto umano o, infine, considerano l’attuale Repubblica Popolare Cinese il migliore dei mondi possibili. In tutti questi casi chi considera utopistico il comunismo, come è facile dimostrare, si autocontraddice in quanto vi contrappone una ideologia molto più utopistica, o distopica, e certamente più irrealistica e inverosimile.

Cominciamo da chi considera utopistico il comunismo e scambia il capitalismo di Stato in atto in Cina come la più efficace forma di transizione socialista. Tale posizione, peraltro, non è condivisa di fondo nemmeno dai comunisti cinesi che non si sono mai sognati di proporre il loro come il migliore modello da seguire a livello internazionale. Anzi in genere sostengono, in modo decisamente più realistico, che si tratta nelle attuali condizioni storiche, particolarmente arretrate sul piano dei rapporti di forza internazionali – vista la generale prevalenza dei conservatori sui progressisti, dei reazionari sui rivoluzionari – del migliore dei mondi oggi possibili per la maggioranza della popolazione del loro Paese. Senza contare che, per quanto più efficace, il capitalismo di Stato cinese – che peraltro convive all’interno di questo Paese con diverse forme di capitalismo privato – se non si attua una decisa svolta nella direzione di una società socialista, non potrà sfuggire alla crisi di sovrapproduzione. Ora, però, al contrario di quanto sostengono gli apologeti dell’attuale modello cinese, la maggioranza dei comunisti cinesi ritiene che nel “socialismo con caratteristiche cinesi” non sarebbe più utile né necessaria la lotta di classe, tanto che nello stesso Partito comunista sono da anni accolti anche i capitalisti. Secondo la tesi, questa sì poco realistica e verosimile, che nonostante il persistere di significative differenze di classe tutti i cinesi avrebbero oggi gli stessi interessi di fondo.

Ancora più irrealistiche e inverosimili sono le illusioni dei sedicenti socialdemocratici che si battono per un capitalismo dal volto umano. Il capitalismo, in effetti, implica necessariamente la concorrenza fra imprese private, che costringe i capitalisti che vogliono sopravvivere a cercare di massimizzare lo sfruttamento della forza lavoro. Peraltro i sedicenti socialdemocratici considerano capitalismo dal volto umano quello keynesiano, che si sarebbe realizzato nei sedicenti trenta gloriosi. In realtà hanno scambiato quanto i subalterni e i rivoluzionari avevano conquistato con le lotte e i comunisti avevano imposto conquistando il potere in molti Paesi – tanto da essere in grado di tenere testa all’imperialismo sul piano internazionale – con la migliore delle società possibili, prendendo generalmente come riferimento il modello scandinavo. Naturalmente si tratta di un modello che non solo è scomparso dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ma che non è esportabile in Paesi con più abitanti e meno risorse. Senza contare che nello stesso modello svedese vi era al contempo una delle più elevate percentuali di suicidi.

Ancora più distopiche e inverosimili sono le posizioni degli apologeti delle società capitaliste, che non tengono conto del fatto che la concorrenza, con l’aumento della composizione organica del capitale, non può che provocare la caduta tendenziale del tasso di profitto che implica crisi sempre più gravi di sovrapproduzione, ponendo i rapporti di produzione e proprietà capitalisti sempre più in contraddizione con lo sviluppo delle forze produttive. Senza calcolare che tale miope e anarchico modo di produzione mette sempre più a rischio la stessa sopravvivenza dell’uomo sulla terra, a causa delle crescenti guerre imperialiste e devastazioni dell’habitat naturale dell’uomo.

Ancora più assurde e distopiche sono le prospettive dei reazionari che sognano un ritorno alle società precapitaliste o addirittura “primitive”. In tutti questi casi si fa finta di non sapere che tali tipi di società renderebbero impossibile la stessa sopravvivenza della grande maggioranza degli attuali esseri umani, per consentire a una minoranza di sopravvivere in condizioni presumibilmente più irrazionali delle presenti.

Infine abbiamo le utopie o distopie più irrealistiche e inverosimili delle comuniste, proprie della visione del mondo mitologico-religiosa. Per motivi di spazio prendiamo in esame la religione più diffusa nel mondo occidentale, ossia il cristianesimo che ha elaborato la credenza in un mondo utopistico che ha non pochi punti in comune con l’obiettivo per cui si battono i comunisti, cioè un mondo dove non ci saranno più classi sociali, ricchi e poveri, dove non ci sarà più sfruttamento oppressione e dove si vivrà tutti in pace. Si tratta, però, nel caso del cristianesimo, di una ancora più utopistica vita eterna, che spetterebbe agli eletti da Dio dopo la morte in un altro mondo più inverosimile e irrealistico di quello promosso dai comunisti. Inoltre per divenire seguaci di Cristo si richiedono generalmente ai cristiani delle attitudini decisamente più utopistiche di quelle che saranno richieste all’uomo nuovo comunista, come la capacità di amare il proprio nemico o non desiderare le cose degli altri. Senza contare che un cristiano dovrebbe, teoricamente, considerare l’intera Bibbia parola di Dio, sebbene siano in essa presenti, specialmente nell’Antico Testamento, delle norme di vita che non possono che apparirci oggi decisamente inattuali e patriarcali. Inoltre, secondo molti cristiani, chi non sarà in grado di superare il giudizio divino – cosa estremamente difficile per ognuno – rischierà di finire per l’eternità nel mondo per antonomasia distopico dell’inferno. Un destino che secondo la stessa Bibbia e diversi padri della chiesa – da Agostino a Calvino, passando per Lutero – potrebbe riguardare una parte addirittura maggioritaria dell’umanità, dal momento che “molti sono i chiamati ma pochi gli eletti” e solo questi ultimi riceveranno la grazia indispensabile alla salvezza.

Infine, anche le altre accuse generalmente rivolte a comunisti e marxisti di seguire una visione del mondo datata e ormai inattuale sono non di rado rivolte da individui che seguono credenze religiose decisamente più antiche e/o meno attuali o sostengono una concezione conservatrice o reazionaria anch’essa più datata e superata. Peraltro, più datate e inattuali di quelle comuniste e marxiste sono anche le posizioni dei liberali, dei democratici – che sognano un capitalismo dal volto umano – e degli apologeti del capitalismo di Stato.