Protesta dei socialdemocratici russi

Scritto fra la fine di agosto e il principio di settembre del 18991

Diciassette socialdemocratici riuniti in assemblea in una località (della Russia) hanno approvata all’unanimità la seguente risoluzione ed hanno deciso di pubblicarla e di sottoporla all’esame di tutti i compagni. 

In questi ultimi tempi si notano tra i socialdemocratici russi tendenze ad allontanarsi dai principi fondamentali della socialdemocrazia russa, principi che sono stati proclamati sia dai suoi fondatori e militanti di avanguardia – i membri del gruppo “Emancipazione del lavoro”, sia nelle pubblicazioni socialdemocratiche delle organizzazioni operaie russe degli anni novanta. Il Credo, che riportiamo qui e che, a quanto pare, esprime le idee fondamentali di alcuni socialdemocratici russi (i “giovani”), è un tentativo di esposizione sistematica e precisa delle “nuove concezioni”. Ecco il Credo nel suo testo integrale.

Il periodo delle corporazioni e delle manifatture in Occidente ha lasciato una forte impronta su tutta la storia posteriore, in particolare sulla storia della socialdemocrazia. La necessità per la borghesia di conquistarsi forme libere, l’aspirazione a liberarsi dai regolamenti corporativi che incatenavano la produzione, fecero di essa, cioè della borghesia, un elemento rivoluzionario. Dappertutto, in Occidente, essa comincia con Liberté, fraternité, egalité (libertà, fratellanza, uguaglianza), con la conquista di forme politiche libere. Ma con tale conquista, secondo l’espressione di Bismarck, la borghesia ha rilasciato una cambiale sul futuro al suo antipode: la classe operaia. Quasi dappertutto in Occidente, non è stata la classe operaia, come classe, a conquistare le istituzioni democratiche: essa ne ha usufruito. Ci si può replicare che essa ha partecipato alle rivoluzioni. I dati storici confutano quest’opinione, perché, proprio nel 1848, quando si consolidarono in Occidente le Costituzioni, la classe operaia era formata dall’elemento artigiano urbano, dalla democrazia Piccolo-borghese; il proletariato di fabbrica, infatti, quasi non esisteva, mentre quello della grande industria (tessitori tedeschi: Hauptmann, tessitori di Lione) costituiva una massa rozza, solo capace di rivolte, ma affatto incapace di presentare qualsiasi rivendicazione politica. Si può dire esplicitamente che le Costituzioni del 1848 sono state conquistate dalla borghesia e dalla piccola borghesia, dagli artigiani. D’altra parte, la classe operaia (artigiani ed operai delle manifatture, tipografi, tessitori, orologiai, ecc.) era abituata fin dal Medioevo a far parte di organizzazioni, di casse di mutuo soccorso, di associazioni religiose, ecc. Questo spirito di organizzazione sussiste ancora tra gli operai qualificati dell’Occidente e li distingue nettamente dal proletariato di fabbrica, che si lascia organizzare difficilmente e lentamente ed è soltanto capace di costituire le cosiddette lose organisationen [organizzazioni provvisorie], e non organizzazioni solide con statuti e regolamenti. Sono stati appunto questi operai istruiti delle manifatture a formare il nucleo dei partiti socialdemocratici. Donde il quadro seguente: da una parte, relativa facilita e completa possibilità di svolgere la lotta politica e, dall’altra, possibilità di organizzare razionalmente questa lotta con il concorso degli operai educati dal periodo manifatturiero. Su questo terreno, è sorto in Occidente il marxismo teorico e pratico. Punto di partenza è stata la lotta politica parlamentare, con la prospettiva in apparenza analoga al blanquismo, ma di carattere completamente diverso per la sua origine della presa del potere, da una parte, e di uno Zusammenbruch [crollo], dall’altra. Il marxismo è stato l’espressione teorica della prassi dominante: la lotta politica che prevale sulla lotta economica. Sia in Belgio che in Francia, e soprattutto in Germania, gli operai hanno organizzato la lotta politica con una facilità incredibile, ma con uno sforzo terribile, con tremendi attriti la lotta economica. E fino ad oggi le organizzazioni economiche sono, in confronto a quelle politiche (prescindendo dall’Inghilterra), estremamente deboli e instabili e dappertutto laissent à désirer quelque chose [lasciano un po’ a desiderare]. Nella lotta politica, finché l’energia non fu completamente esaurita, lo Zusammenbruch fu il necessario Sch1agwort [parola d’ordine] organizzatore, destinato, ad assolvere una grande funzione storica. La legge fondamentale che si può dedurre dallo studio del movimento operaio è quella della linea della minor resistenza. In Occidente tale linea era rappresentata dall’attività politica, e il marxismo, come era formulato nel Manifesto comunista, fu la forma quanto mai felice nella quale il movimento doveva sfociare. Ma quando nell’azione politica l’energia si esaurì completamente, quando il movimento politico raggiunse un grado di tensione oltre il quale sarebbe stato difficile e quasi impossibile portarlo (lento aumento dei voti negli ultimi tempi, apatia del pubblico nelle riunioni, tono scorato delle pubblicazioni), l’impotenza dell’azione parlamentare e l’entrata in lizza di una massa ignorante, del proletariato di fabbrica non organizzato e quasi inorganizzabile, produssero in Occidente ciò che si chiama ora bernsteinismo, la crisi del marxismo. Sarebbe difficile immaginare un corso degli eventi più logico di quanto sia stato il periodo dell’evoluzione del movimento operaio dal Manifesto comunista al bernsteinismo, e lo studio attento di tutto questo processo può stabilire lo sbocco della “crisi” con esattezza astronomica. Qui non si tratta, naturalmente, della sconfitta o della vittoria del bernsteinismo, cosa che poco interessa; si tratta del cambiamento radicale dell’azione pratica che ormai da lungo tempo si va poco a poco producendo in seno al partito.

Questo cambiamento si effettuerà non solo nel senso di una lotta economica più energica, di un rafforzamento delle organizzazioni economiche, ma altresì e questo è l’essenziale nel senso di un cambiamento dell’atteggiamento del partito nei confronti degli altri partiti di opposizione. Il marxismo intransigente, il marxismo negatore, il marxismo primitivo (che si fonda su una concezione troppo schematica della divisione della società in classi) cederà il posto ad un marxismo democratico e la posizione sociale del partito in seno alla società attuale dovrà nettamente cambiare. Il partito riconoscerà la società; i suoi compiti strettamente corporativi e, nella maggior parte dei casi, settari assumeranno l’ampiezza di compiti sociali, e la sua aspirazione alla conquista del potere si trasformerà nell’aspirazione a modificare, a riformare la società odierna in senso democratico, corrispondente alla situazione attuale, allo scopo di difendere in modo più efficace e completo i diritti (di ogni genere) delle classi lavoratrici. Il contenuto del concetto di “politica” si allargherà fino ad avere un significato veramente sociale, e le rivendicazioni pratiche immediate – avranno maggior peso, potranno contare su un’attenzione maggiore di quella che hanno avuto fino a questo momento.

Da questa breve descrizione del corso dello sviluppo del movimento operaio in Occidente non è difficile trarre una conclusione per la Russia. La linea della minor resistenza nel nostro paese non sarà mai orientata verso l’attività politica. L’insopportabile oppressione politica farà molto parlare di sé e richiamerà in modo particolare l’attenzione su questo problema, ma non spingerà mai all’azione pratica. Se in Occidente le deboli forze degli operai, portate all’azione politica, vi si sono rinvigorite e hanno preso forma, da noi, al contrario, tali deboli forze urtano contro il muro dell’oppressione politica, e non solo non hanno i mezzi pratici per combatterla e, quindi, per svilupparsi, ma ne sono sistematicamente soffocate e non possono neppure dar vita a piccoli germogli. Se si aggiunge ancora che la nostra classe operaia non ha ereditato lo spirito di organizzazione che distingueva i combattenti dell’Occidente, il quadro sarà ben angoscioso e tale da gettare nello sconforto il marxista più ottimista, che crede che ogni nuova ciminiera di officina, per il solo fatto di esistere, porti una grande prosperità.

Anche la lotta economica è difficile, infinitamente difficile, ma è possibile, e per di più viene condotta dalle masse stesse. Imparando in questa lotta ad organizzarsi ed urtandosi continuamente nel corso di essa contro il regime politico, l’operaio russo creerà quella o quelle organizzazioni che sono più adatte alle condizioni della realtà russa. Al presente si può dire con sicurezza che il movimento operaio russo si trova ancora in uno stato ameboidale e non ha ancora creato alcuna forma. Il movimento degli scioperi, qualunque sia la forma di organizzazione, non può ancora essere considerato, come la forma cristallizzata del movimento russo, mentre le organizzazioni illegali, anche dal punto di vista puramente quantitativo, non meritano alcuna attenzione (senza parlare poi della loro utilità nelle attuali condizioni).

Questa è la situazione. Se si aggiungono ancora le carestie e il processo di immiserimento delle campagne, che favoriscono lo streik-brecherismo [Parola mezzo tedesca e mezzo russa nel testo: crumiraggio (dal tedesco Streikbrecher [crumiro] (N. d, R.)] e, come conseguenza, l’ancor più grande difficoltà per elevare le masse ad un livello di civiltà più tollerabile, allora… che cosa può mai fare il marxista russo?! Le dissertazioni su un partito, politico operaio, indipendente sono soltanto il prodotto della trasposizione sul nostro, suolo di compiti e di risultati altrui. Il marxista russo non finora che una figura pietosa. I suoi compiti pratici sono attualmente miseri, le sue nozioni teoriche, in quanto non gli servono come mezzo di ricerca, ma come schema per l’azione, non hanno valore neanche per l’assolvimento di questi miseri compiti pratici. Inoltre questi schemi presi in prestito sono dannosi dal punto, di vista pratico. 1 nostri marxisti, dimenticando che la classe operaia dell’Occidente si è impegnata su un terreno politico preventivamente preparato, disprezzano eccessivamente l’attività di opposizione radicale o liberale di tutti gli altri strati sociali non operai. I minimi tentativi di concentrare l’attenzione sui fenomeni sociali di carattere politico-liberale provocano le proteste dei marxisti ortodossi, i quali dimenticano Che una serie di circostanze storiche ci impedisce di essere dei marxisti occidentali ed esige da noi un altro marxismo, adeguato e necessario nelle condizioni russe. L’assenza di senso e di istinto politico propria di ogni cittadino. russo non può evidentemente esser compensata con discorsi sulla politica e con appelli ad una forza inesistente. Tale istinto politico non può svilupparsi che per mezzo dell’educazione, cioè con la partecipazione alla vita (per quanto poco marxista) Che la realtà russa ci offre. Quanto la negazione era opportuna (provvisoriamente) in Occidente, tanto essa è dannosa da noi, perché una cosa è la negazione che parte da un qualcosa di organizzato e di effettivamente forte, un’altra la negazione che parte da una massa informe di individui dispersi.

Vi è una sola via d’uscita per il marxista russo: partecipare, dare cioè il proprio aiuto, alla lotta economica del proletariato e partecipare all’attività dell’opposizione liberale. Come “negatore”, il marxista russo è arrivato troppo presto, e la negazione ha indebolito in lui la parte di energia che deve essere orientata verso il radicalismo politico. Per ora tutto ciò non è grave. Ma se lo schema classista impedirà la partecipazione attiva dell’intellettuale russo alla vita e lo rigetterà troppo lontano dai circoli di opposizione, si avrà un notevole danno per tutti coloro che sono obbligati a lottare per delle forme giuridiche lontano dalla classe operaia, che non ha ancora formulato i propri compiti politici. L’innocenza politica dell’intellettuale marxista russo, mascherata da ragionamenti chimerici su terni politici, può giocargli un brutto tiro.

Non sappiamo se molti socialdemocratici russi condividano queste concezioni. Ma è certo che, in generale, idee di questa specie hanno dei sostenitori, e noi pensiamo perciò che sia nostro dovere protestare categoricamente contro simili concezioni e mettere in guardia tutti i compagni contro il pericolo che la socialdemocrazia russa si allontani dalla strada che si è tracciata, la creazione cioè di un partito operaio indipendente, inseparabile dalla lotta di classe del proletariato, che si ponga il compito immediato della conquista della libertà politica. Il Credo sopraccitato contiene in primo luogo “una breve descrizione del corso dello sviluppo del movimento operaio in Occidente” e in secondo luogo, le “conclusioni per la Russia”.

Innanzi tutto, le idee degli autori del Credo sullo sviluppo del movimento operaio in Occidente sono completamente sbagliate. Non è vero che in Occidente la classe operaia non abbia partecipato alla lotta per la libertà politica ed alle rivoluzioni politiche. La storia del cartismo e la rivoluzione del ’48 in Francia, Germania e Austria provano l’opposto. Non è affatto vero che “il marxismo è stato l’espressione teorica della prassi dominante: la lotta politica che prevale sulla lotta economica”. Il “marxismo” comparve invece nel momento in cui dominava il socialismo apolitico (owenismo, “fourierismo”, “vero socialismo”), e il Manifesto comunista prese immediatamente posizione contro il socialismo apolitico. Persino quando il marxismo si presentò armato di tutta la sua teoria (Il Capitale) ed organizzò la celebre Associazione internazionale degli operai, la lotta politica non fu affatto la prassi dominante (ristretto tradunionismo in Inghilterra, anarchismo e proudhonismo nei paesi latini). In Germania, il grande merito storico di Lassalle è consistito nell’aver trasformato la classe operaia da appendice della borghesia liberale in partito politico indipendente. Il marxismo ha fuso in un tutto indivisibile la lotta economica e la lotta politica della classe operaia, e la tendenza degli autori del Credo a separare queste forme di lotta appartiene alle più infelici e nefaste deviazioni dal marxismo.

Completamente sbagliate sono inoltre le idee degli autori del Credo sulla situazione attuale del movimento operaio dell’Europa occidentale e su quella teoria del marxismo sotto la cui bandiera esso si sviluppa. Parlare di “crisi del marxismo” significa ripetere le frasi prive di senso degli imbrattafogli borghesi, che si sforzano di gonfiare ogni discussione tra i socialisti e di trasformarla in una scissione dei partiti socialisti. Il famigerato bernsteinismo – così come viene inteso dal grande pubblico in generale e dagli autori del Credo in particolare – è un tentativo di sminuire la teoria del marxismo, di trasformare il Partito operaio rivoluzionario in un partito riformista, e, come c’era da aspettarsi, il tentativo è stato energicamente condannato dalla maggioranza dei socialdemocratici tedeschi. Più volte si sono manifestate delle tendenze opportunistiche nella socialdemocrazia tedesca. Ma sempre sono state respinte dal partito, che fedelmente conserva intatto il retaggio della socialdemocrazia rivoluzionaria internazionale. Noi siamo convinti che ogni tentativo di importare in Russia le concezioni opportunistiche incontrerà una resistenza non meno energica da parte dell’enorme maggioranza dei socialdemocratici russi.

Parimenti, con buona pace degli autori del Credo, non c’è neanche da parlare di “cambiamento radicale dell’azione pratica” dei partiti operai dell’Occidente: l’enorme importanza della lotta economica del proletariato e la necessità di questa lotta sono state riconosciute dal marxismo fin dai suoi inizi, e già negli anni quaranta Marx ed Engels polemizzavano contro i socialisti utopisti, che ne negavano l’importanza.

Quando, circa vent’anni dopo, si costituì l’Associazione internazionale degli operai, la questione dell’importanza dei sindacati operai e della lotta economica venne sollevata già al primo congresso, a Ginevra, nel 1866. La risoluzione di quel congresso indicava esattamente l’importanza della lotta economica, mettendo in guardia i socialisti e gli operai, da una parte, contro l’esagerazione (che si notava allora fra gli operai inglesi) e, dall’altra, contro la sottovalutazione (che si riscontrava fra i francesi ed i tedeschi, specialmente fra i lassalliani) dell’importanza di questa lotta. La risoluzione riconosceva che i sindacati operai sono un fenomeno non solo normale, ma necessario in regime capitalistico; riconosceva la loro grandissima importanza per l’organizzazione della classe operaia nella sua lotta quotidiana contro il capitale le per l’abolizione del lavoro salariato. Essa riconosceva che i sindacati operai non devono occuparsi esclusivamente della “lotta immediata contro il capitale” e tenersi lontani dal movimento politico e sociale generale della classe operaia; i loro scopi non devono essere “ristretti”, ma tendere all’emancipazione generale dei milioni e milioni di lavoratori oppressi. Più di una volta, da allora, le stata sollevata in seno ai partiti operai dei diversi paesi, e più di una volta, certamente, sarà ancora sollevata la questione se non sia il caso, in un momento determinato, di prestare un’attenzione un tantino maggiore o minore alla lotta economica o politica del proletariato; la questione generale o di principio, pero, resta sempre nei termini in cui è stata posta dal marxismo. La convinzione che una lotta di classe unica deve necessariamente unire la lotta politica e la lotta economica la socialdemocrazia internazionale ce l’ha ormai nel sangue. Inoltre l’esperienza storica dimostra irrefutabilmente che la mancanza di libertà o la menomazione dei diritti politici del proletariato comportano sempre la necessità di porre in primo piano la lotta politica. 

Ancor meno si può parlare di un qualche sostanziale mutamento nell’atteggiamento del partito operaio verso gli altri partiti di opposizione. Anche per questo problema il marxismo ha indicato la posizione giusta, egualmente lontana tanto dall’esagerazione dell’importanza della politica e della cospirazione (blanquismo, ecc.) quanto dal disprezzo della politica o dalla riduzione di questa ad una rappezzatura sociale, opportunistica, riformistica (anarchismo, socialismo utopistico e piccolo-borghese, socialismo di Stato, socialismo della cattedra, ecc.). Il proletariato deve tendere a costituire dei partiti politici operai indipendenti, il cui scopo principale dev’essere la conquista del potere politico da parte del proletariato per organizzare una società socialista. Il proletariato non deve affatto considerare le altre classi e gli altri partiti come “una sola massa rivoluzionaria”: deve invece partecipare a tutta la vita politica le sociale, sostenere le classi ed i partiti progressisti contro quelli reazionari, sostenere ogni movimento rivoluzionario contro il regime esistente, prendere le difese di ogni nazionalità o razza oppressa, di ogni confessione religiosa perseguitata, del sesso privo di diritti, ecc. Le argomentazioni degli autori del Credo su tale questione attestano soltanto la loro tendenza ad offuscare il carattere di classe della lotta del proletariato, ad indebolire questa lotta con un assurdo “riconoscimento della società”, a ridurre il marxismo rivoluzionario ad una volgare corrente riformistica. Noi siamo convinti che l’enorme maggioranza dei socialdemocratici russi respingerà categoricamente un tale travisamento dei principi fondamentali della socialdemocrazia. Le erronee premesse sul movimento operaio dell’Europa occidentale conducono gli autori del Credo a “conclusioni per la Russia” ancora più erronee. L’affermazione che la classe operaia russa “non ha ancora formulato i propri compiti politici” attesta soltanto una completa ignoranza del movimento rivoluzionario russo. Gia l’ “Unione operaia della Russia settentrionale”, fondata nel 1878, e l’ “Unione operaia della Russia meridionale”, fondata nel 1875, avevano posto nel loro programma la richiesta della libertà politica. Dopo la reazione degli anni ottanta la classe operaia ha parecchie volte ripreso tale rivendicazione negli anni novanta. L’affermazione che “le dissertazioni su un partito politico operaio indipendente sono soltanto il prodotto della trasposizione sul nostro suolo di compiti e di risultati altrui”, non attesta altro che l’assoluta incomprensione della funzione storica della classe operaia russa e dei compiti più impellenti della socialdemocrazia russa. Il programma degli autori del Credo tende, evidentemente, ad ottenere che la classe operaia, seguendo e la linea della “minor resistenza”, si limiti alla lotta economica, mentre gli “elementi dell’opposizione liberale” lotterebbero, con la “partecipazione” dei marxisti, per delle “forme giuridiche”. La realizzazione di un simile programma equivarrebbe al suicidio politico della socialdemocrazia russa, equivarrebbe a ostacolare e a restringere gravemente il movimento operaio, russo e il movimento rivoluzionario russo (i due ultimi concetti per noi coincidono). Il solo fatto che un simile programma abbia potuto comparire dimostra quanto fondati fossero i timori di uno dei combattenti di avanguardia della socialdemocrazia russa, P. B. Axelrod, quando, verso la fine del 1897, scriveva, a proposito della possibilità di una simile prospettiva:

Il movimento operaio non esce dall’angusto alveo dei conflitti puramente economici tra operai ed imprenditori e di per se stesso manca, nel suo complesso, di carattere politico; nella lotta per la libertà politica, invece, gli strati avanzati del proletariato seguono i circoli e i gruppi rivoluzionari della cosiddetta intellettualità» (Axelrod, I compiti attuali e la tattica dei socialdemocratici russi, Ginevra, 1898, p. 19).

I socialdemocratici russi devono dichiarare una guerra a fondo a tutto il complesso di idee che hanno trovato la loro espressione nel Credo, giacché queste idee conducono direttamente all’avverarsi di una simile prospettiva. I socialdemocratici russi devono tendere tutte le loro forze perché si realizzi un’altra prospettiva, esposta da P. B. Axelrod in questi termini:

Altra prospettiva: la socialdemocrazia organizza il proletariato russo in un partito politico indipendente che combatte per la libertà, in parte a fianco e in alleanza con le frazioni rivoluzionarie borghesi (se ne esisteranno), in parte attirando direttamente nelle sue file o trascinando al proprio seguito gli elementi intellettuali più rivoluzionari e più legati al popolo».

Mentre P. B. Axelrod scriveva queste righe, le dichiarazioni dei socialdemocratici della Russia dimostravano chiaramente che essi, in grande maggioranza, condividevano lo stesso punto di vista. È vero che un giornale degli operai di Pietroburgo, la Rabociaia Mysl, propendeva, sembra, per le idee degli autori del Credo, esprimendo purtroppo, nel suo articolo di fondo programmatico (n. 1, ottobre 1897), l’opinione, del tutto erronea e contraria al pensiero socialdemocratico, che “la base economica del movimento” può essere “oscurata dalla tendenza a non dimenticare mai l’ideale politico”. Ma nello stesso tempo un altro giornale degli operai di Pietroburgo, il Sankt-Peterburgski Raboci Listok (n. 2 settembre 1897), affermava risolutamente che “soltanto un partito operaio numeroso e fortemente organizzato può… rovesciare l’autocrazia”, che gli operai, “organizzati in un forte partito”, “libereranno se stessi le tutta la Russia da ogni oppressione politica ed economica”. Un terzo giornale, la Rabociaia Gazieta, nell’articolo di fondo del n. 2 (novembre 1897) scriveva: “La lotta contro il governo autocratico per la libertà politica è il compito immediato del movimento operaio russo”. “Il movimento operaio russo decuplicherà le sue forze se si presenterà come un tutto compatto, con un nome unico ed una organizzazione ben congegnata…”. “I circoli operai isolati devono trasformarsi in un solo partito comune”. “Il partito operaio russo sarà un partito socialdemocratico”. Che l’enorme maggioranza dei socialdemocratici russi condividesse completamente proprio queste convinzioni della Rabociaia Gazieta risulta anche dal fatto che il congresso dei socialdemocratici russi tenutosi nella primavera del 1898, costituì il “Partito operaio socialdemocratico russo”, ne lanciò il Manifesto e riconobbe la Rabociaia Gazieta come organo ufficiale del partito. Gli autori del Credo fanno cosi un enorme passo indietro in confronto al grado di sviluppo già raggiunto dalla socialdemocrazia russa ed espresso nel Manifesto del Partito operaio socialdemocratico russo. Se le feroci persecuzioni del governo russo sono ora riuscite ad indebolire temporaneamente l’attività del partito e a far cessare la pubblicazione del suo organo ufficiale, compito di tutti i socialdemocratici russi è di fare tutti gli sforzi possibili per consolidare definitivamente il partito, per elaborarne il programma e riprendere la pubblicazione del suo organo ufficiale. Di fronte agli sbandamenti ideologici di cui è una prova il fatto che possano apparire programmi come il Credo da noi sopra esaminato, pensiamo che sia necessario sottolineare i seguenti principi fondamentali esposti nel Manifesto, i quali hanno un’enorme importanza per la socialdemocrazia russa. In primo luogo, la socialdemocrazia russa “vuol essere e rimanere un movimento di classe delle masse operaie organizzate”. Ne deriva che la parola d’ordine della socialdemocrazia deve essere: appoggio agli operai non solo nella lotta economica, ma anche nella lotta politica; agitazione non solo sul terreno dei bisogni economici immediati, ma anche su quello di tutte le manifestazioni di oppressione politica; propaganda non solo delle idee del socialismo scientifico, ma anche delle idee democratiche. Solo la teoria del marxismo rivoluzionario può essere la bandiera del movimento di classe degli operai, e la socialdemocrazia russa deve preoccuparsi di svilupparla ulteriormente e di attuarla, salvaguardandola in pari tempo dalle deformazioni e dall’avvilimento che subiscono cosi sovente le “teorie di moda” (e i successi della socialdemocrazia rivoluzionaria in Russia hanno già fatto del marxismo una teoria “di moda”). Concentrando al presente tutte le sue forze nell’attività tra gli operai delle fabbriche, delle officine e delle miniere, la socialdemocrazia non deve dimenticare che nelle file delle masse operaie da essa organizzate devono entrare, con l’estendersi del movimento, e i lavoratori a domicilio, e gli artigiani, e gli operai rurali, e i milioni e milioni di contadini rovinati e morenti di fame.

In secondo luogo: “Sulle sue robuste spalle l’operaio russo deve portare e porterà fino in fondo la causa della conquista della libertà politica”. Ponendosi come compito immediato il rovesciamento dell’assolutismo, la socialdemocrazia deve agire come combattente di avanguardia per la democrazia e, già per questa sola ragione, deve accordare ogni appoggio a tutti gli elementi democratici della popolazione russa, per farli suoi alleati. Solo un partito operaio indipendente può essere un valido baluardo nella lotta contro l’autocrazia, e solamente alleandosi con un tale partito e sostenendolo tutti coloro che lottano per la libertà politica potranno dispiegare la loro attività.

Infine in terzo luogo: «Come movimento e come corrente socialista, il Partito socialdemocratico russo continua l’opera e le tradizioni di tutto il precedente movimento rivoluzionario della Russia; ponendo la conquista della libertà politica come compito principale fra i compiti immediati del partito in generale, la socialdemocrazia marcia verso il fine già nettamente indicato dai gloriosi militanti del vecchio partito della “Volontà del popolo”.

Le tradizioni di tutto il movimento rivoluzionario precedente esigono che la socialdemocrazia concentri al presente tutte le sue forze sull’organizzazione del partito, sul consolidamento della disciplina nel suo seno e sullo sviluppo della tecnica cospirativa. Se i militanti della vecchia “Volontà del popolo” hanno saputo esercitare una funzione di primo piano nella storia russa, nonostante che gli strati sociali che sostenevano quel pugno di eroi fossero assai ristretti, nonostante che la bandiera di quel movimento fosse una teoria tutt’altro che rivoluzionaria, la socialdemocrazia, appoggiandosi alla lotta di classe del proletariato, saprà diventare invincibile. “Il proletariato russo, spezzerà il giogo dell’assolutismo per continuare la lotta contro il capitale e contro la borghesia con ancor maggior energia, fino alla completa vittoria del socialismo”. 

Noi invitiamo tutti i gruppi socialdemocratici e tutti i circoli operai della Russia ad esaminare tanto il Credo sopraccitato quanto la nostra risoluzione ed a far conoscere in modo preciso il loro atteggiamento verso la questione sollevata, per eliminare tutti i dissensi ed accelerare l’opera di organizzazione e di consolidamento del Partito operaio socialdemocratico russo.

Le risoluzioni dei gruppi e dei circoli potrebbero essere comunicate all'”Unione dei socialdemocratici russi” all’estero, che, a norma del punto 10 della risoluzione del Congresso dei socialdemocratici russi del 1898, è parte integrante del Partito socialdemocratico russo e suo rappresentante all’estero.

Note
  1. Pubblicato per la prima volta all’estero nel dicembre 1899 come estratto del Raboceie Dielo (n 4-5).
    Trascritto per Internet da Antonio Maggio nel novembre 2003, dalle Opere complete[]