Il valore

A cura di Eros R.F., dalla guida Dessalines

I sistemi economici, come il capitalismo, non inventano, creano o costruiscono nulla. Sono i lavoratori a farlo. Gli “ismi” (feudalesimo, capitalismo, socialismo, ecc.) determinano solo chi viene ricompensato.

Il capitalismo non stimola nemmeno l’innovazione; la ricerca di nuove idee è fondamentale per l’umanità e avviene indipendentemente dal sistema economico in vigore. Invenzioni come la missilistica, internet, i viaggi spaziali, il GPS, i telefoni cellulari, i vaccini, sono state tutte sviluppate con finanziamenti pubblici.

La teoria del valore del lavoro riconosce che la nostra risorsa più preziosa è il tempo, in particolare il tempo di lavoro socialmente utile/necessario. Dopotutto, c’è solo un numero finito di ore di lavoro che l’umanità può svolgere in un dato giorno; e almeno la metà di questo valore va a pochi proprietari assenti.

La teoria del lavoro fu comunemente accettata nel XIX secolo (soprattutto dagli stessi Smith e Ricardo, “padri” teorici del capitalismo), ma cadde in disuso quando gli Stati capitalisti iniziarono a cementificare l’economia come disciplina per giustificare il nuovo status quo e sostenere le idee della classe dirigente.

Scendendo nella realtà dall’esperienza idealista e soggettiva, il valore, come qualsiasi altro concetto scientifico, ad esempio l’energia, si preserva in un sistema chiuso.

La teoria del valore del lavoro è stata dimostrata empiricamente corretta negli ultimi decenni, confrontando la quantità di lavoro richiesta in determinate industrie e la produzione di denaro di quelle industrie. Per quasi tutti i Paesi con dati economici sufficienti, la correlazione è superiore al 95%.

Nel capitalismo, la teoria soggettiva del valore si basa quasi interamente sul modello della curva della domanda e dell’offerta, che non è assolutamente scientifico, poiché presuppone più incognite che conoscenze, e come tale è inutile per fare previsioni. Le teorie capitalistiche del valore si basano sull’utilità e sul piacere, che non è quantificabile, misurabile, confrontabile o falsificabile, e come tale è inutile come concetto scientifico. Il suo più grande utilizzo è quello di permettere agli ultra-ricchi di giustificare il possesso di migliaia di vite di lavoro rubato.

La maggior parte degli economisti capitalisti tratta il valore come la polvere magica delle fate: può essere creato e distrutto con un semplice pensiero. Molti economisti e professori di economia moderni svolgono un ruolo simile a quello dei sacerdoti durante il feudalesimo: trattano il valore e le ricompense in termini idealistici, piuttosto che come concetti scientifici, giustificando l’immensa disuguaglianza del capitalismo (mentre spesso vengono pagati per promuoverla) e demonizzando altre teorie (come la teoria del lavoro) come eresia.

Le economie pianificate come quella dell’URSS, pur essendo imperfette, hanno spesso fornito risultati sociali migliori rispetto agli equivalenti occidentali. La sua economia pianificata e di proprietà pubblica l’ha portata dal feudalesimo a una superpotenza mondiale, con l’economia in più rapida crescita del XX secolo, pur essendo partita dallo stesso livello di sviluppo economico del Brasile nel 1920.