Rivoluzione islamica contro lo scià orchestrata dalla CIA?

A cura di Jean-Claude Martini.

Quanto alle nostre relazioni con i Paesi occidentali, è inutile insistervi: tutto ciò che precede dimostra assai bene, mi pare, che l’Iran si affiancava ideologicamente alle potenze democratiche occidentali e che i nostri scambi economici con i Paesi dell’Ocse e gli Stati Uniti erano considerevoli e costanti.
(Mohammad Reza Pahlavi, Risposta alla storia, Editoriale Nuova, Milano 1980, p. 190)

È nel momento in cui l’Iran si allontana e sembra scomparire che il mondo occidentale si rende conto di quanto gli fosse vicino sotto il mio regno. Allora eravamo parte della “famiglia”. Oltre ai legami etnici, culturali e ideologici, c’era un’interdipendenza economica che da entrambe le parti avevamo interesse a rafforzare. Era fin troppo evidente che se per disgrazia l’Europa fosse stata severamente colpita anche noi avremmo subito il contraccolpo. Integrati nel sistema democratico occidentale, eravamo davvero solidali con i nostri partner europei.
(Ibidem, p. 216)

Il nostro è certamente uno dei Paesi che hanno fatto di più per incoraggiare la gioventù ad andare a continuare gli studi all’estero, in modo particolare negli Stati Uniti.
(Ibidem, p. 226)

Nixon era venuto a Teheran prima della sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti, nell’effettuare un viaggio intorno al mondo per farsi conoscere, poi vi era tornato in qualità di presidente. Nessuno, come lui, aveva compreso la necessità, per l’Occidente, di avere in questa parte del mondo un alleato forte e sicuro.
(Ibidem, p. 272)

I più grossi perdenti [della Rivoluzione Islamica, ndr] sono gli Stati Uniti: avevamo firmato con essi un trattato commerciale che prevedeva da parte loro una vendita per dieci miliardi di dollari di materiale e di forniture diverse all’anno per cinque anni. Tutto ciò è svanito!
(Ibidem, p. 289)