A cura di Jean-Claude Martini.
I testi di economia del lavoro spiegano ormai dall’inizio del Millennio che “i salari si fissano a Pechino”, un’espressione che punta a rimarcare come sia l’economia asiatica ormai a influenzare i meccanismi di formazione dei prezzi, inclusi gli stipendi. La Cina è la seconda potenza economica al mondo dopo gli USA ed entro il prossimo decennio potrebbe diventare la prima. Quel che accade al suo interno non può mai passare inosservato, perché rischia di avere prima o poi ripercussioni sulle nostre vite, anche perché qui vi abita quasi un abitante su cinque della Terra.
E proprio dalla Cina arriva una notizia, destinata ad avere conseguenze a medio-lungo termine anche sulle economie avanzate. Secondo Forbes, lo stipendio mensile medio di città come Shanghai ($1.135), Pechino ($983) e Shenzen ($938) avrebbe raggiunto e superato quello di alcune economie dell’Europa dell’Est. Un esempio? Lo stipendio medio mensile di un lavoratore croato è di appena 887 dollari, quello di lituano di 956, di un lettone di 1.005, mentre in Estonia si arriva a 1.256 dollari e in Ungheria a 1.139 dollari.
Nel giro di qualche anno, poi, sembra alla portata per i cinesi raggiungere i livelli salariali dei colleghi polacchi ($1.569) e cechi ($1.400), dati gli elevati ritmi di crescita dei primi, rispetto a quelli pur soddisfacenti degli europei orientali.
(La Cina aggancia l’Europa dell’Est, ecco la svolta sui salari, da lamescolanza.com)
Nel corso della loro istruzione ed addestramento, i quadri devono studiare le opere di Marx, Engels, Lenin, Stalin e del compagno Mao.
(Deng Xiaoping, Discorso alla riunione plenaria della Commissione militare del Comitato centrale del PCC, 28 dicembre 1977)
È per noi una profonda lezione [la caduta dell’URSS]. Rimuovere la storia dell’Unione Sovietica e del Partito Comunista Sovietico, dimenticare Lenin e Stalin, e dimenticare tutto quanto significa innestare il nichilismo storico, e ciò confonderebbe i nostri pensieri e distruggerebbe il partito a tutti i livelli.
(Xi Jinping, Discorso inedito del dicembre 2012)
Mao Zedong, in Riformare il nostro studio, scritto nel nel 1941 per affrontare il serio problema della teoria separata dalla realtà e del trattamento dogmatico del marxismo all’interno del Partito, ha messo in evidenza che nello studiare e nell’applicare il marxismo-leninismo molti compagni “sono soltanto capaci di citare frasi e parole isolate dalle opere di Marx, Engels, Lenin e Stalin, ma non sanno adottare la posizione, il punto di vista e il metodo di questi maestri per studiare concretamente la situazione attuale e la storia della Cina, analizzare concretamente i problemi della rivoluzione cinese e risolverli”.
(Xi Jinping, Studiare il sistema teorico del socialismo con caratteristiche cinesi e padroneggiare la posizione, il punto di vista ed il metodo marxisti, Qiushi, Vol.2, No.4, 1 ottobre 2010)
Cosa c’è, in fin dei conti, di buono nel sistema multipartitico dei Paesi capitalisti? Quel sistema vide la luce come risultato della competizione tra diversi settori della borghesia, e nessuno di questi partiti rappresenta gli interessi delle masse lavoratrici. Nei Paesi capitalistici il popolo non ha e non può condividere un ideale comune; molti semplicemente non hanno alcun ideale. Questo stato di cose non rappresenta un punto di forza di quei paesi, ma la loro debolezza: impediscono loro di concentrare tutte le proprie forze, molte delle quali si intralciano e lavorano l’una contro l’altra. […] Tutta la nazione cinese condivide comuni interessi di fondo e comuni alti ideali, quelli del costruire e sviluppare il socialismo e di realizzare infine il comunismo. Possiamo perciò unirci come un sol uomo sotto la direzione del Partito comunista. Mentre va mantenuto nel lungo termine il principio della coesistenza e della mutua supervisione tra il nostro partito e gli altri partiti, la Cina e il movimento per le modernizzazioni cinesi devono essere guidati dal Partito comunista. Questo è un principio fermo. Altrimenti la Cina regredirebbe nella divisione e nel caos, e la modernizzazione diverrebbe impossibile.
(Deng Xiaoping, La situazione attuale e i compiti che abbiamo di fronte, 16 gennaio 1980)