Questo Dossier approfondisce il golpe euro-maidan e le sue dinamiche nello specifico.
Riguardo la natura nazista del golpe e dei vertici politici e militari del Paese dal 2014 in poi, e il conflitto che ha seguito il golpe nazista qui approfondito, rimandiamo ad altri due Dossier (L’Ucraina nazista, e La guerra in Ucraina)
Indice
La propaganda russofoba e revisionista prima del golpe nazista
24 agosto 1991: Violando la volontà popolare espressa con il referendum che votò a stragrande maggioranza il mantenimento dell’Unione sovietica [vedi Dossier, da fare], svoltosi a marzo, la “nomenklatura” del partito comunista ucraino, che fino ad allora aveva mantenuto un atteggiamento molto prudente (tanto da essere inclusa nel fronte dei cosiddetti “conservatori” ostili alla “perestrojka” di Gorbačev)[trovare fonte], prende invece la testa delle posizioni separatiste più oltranziste e dichiara la sua indipendenza da Mosca.
1º dicembre 1991: L’ex comunista Leonid Makarovyč Kravčuk viene eletto presidente con il 61,6% di voti[trovare fonte].
8 dicembre 1991: Kravčuk, insieme con El’cin e Šuškevič (leader bielorusso), sigla lo scioglimento dell’URSS. Il regime al potere, allineatosi alle raccomandazioni dell’Occidente, conduce una politica ispirata ideologicamente al più esasperato nazionalismo, manifestatosi, soprattutto nell’emarginazione e nella discriminazione della minoranza russa[trova fonte]. Sul piano delle scelte economiche, il paese subisce la continua pesante pressione degli organismi internazionali, che ha lo scopo di costringerlo ad adottare piani di riforma improntati ai modelli neoliberisti[trova fonte].
1991: Julija Tymošenko crea la “Compagnia del petrolio ucraino”[trova fonte]
6 maggio 1992: Kravčuk incontra Bush negli Stati Uniti e firma un accordo per la rimozione completa di tutte le armi tattiche nucleari dal territorio ucraino entro il 1º luglio, ottenendo in cambio una linea di credito di 110 milioni di dollari per acquistare materie prime statunitensi. Il documento verrà formalizzato pienamente nel 5 dicembre 1994.
13 ottobre 1992: Leonid Kučma, legato ai potentati della regione mineraria del Donec’k (i più dipendenti dai legami economici con la Russia), è primo ministro.
21 settembre 1993: Kučma si dimette dalla carica di primo ministro per presentarsi alle elezioni presidenziali.
Gennaio 1994: Un accordo trilaterale fra Ucraina, Russia e USA prevede il completo disarmo nucleare di Kiev entro dicembre del 2001[trova fonte].
8 febbraio 1994: L’Ucraina è il primo paese della Comunità di Stati Indipendenti (CSI) ad aderire al programma Partnership For Peace, teso ad inglobare nella NATO i paesi ex socialisti dell’Europa centroorientale e balcanica. Contribuisce alle operazioni di peacekeeping nei Balcani.
10 luglio 1994: Kučma diviene presidente della repubblica con la confluenza, al secondo turno, dei voti delle sinistre e dell’elettorato russofono.
1995: Julija Tymošenko riorganizza la sua società e fonda, con l’aiuto di Pavlo Lazarenko, la compagnia di distribuzione di idrocarburi “Sistemi energetici uniti di Ucraina” (SEUU).
5 settembre 1995: Lazarenko è nominato vice-Primo Ministro con delega all’energia.
9 novembre 1995: L’Ucraina aderisce al Consiglio d’Europa.
28 giugno 1996: Varata la nuova Costituzione: sancisce il riconoscimento ufficiale della proprietà privata. Il potere esecutivo è diviso fra presidente e primo ministro; il potere legislativo è detenuto dalla Verchovna Rada (Consiglio Supremo) costituita da 450 membri eletti con il sistema proporzionale. Il presidente, eletto direttamente dal popolo per 5 anni, nomina il primo ministro ed i 36 ministri su approvazione della Rada. Le principali unità amministrative del paese (Oblast’), a loro volta costituite da distretti (Rajon) sono 24. Ad esse si affianca la Repubblica Autonoma di Crimea.
1996: Nasce, con la piena approvazione di Washington il sodalizio GUUAM (Georgia, Ucraina, Uzbekistan, Azerbaigian, Moldova), che mira a creare un corridoio imperniato sul Mar Nero (da trasformare in zona di libero scambio), Europa-Caucaso-Asia per il trasporto integrato (via mare, fiume, ferrovia, strada) di passeggeri e merci. Esso tende a spingere l’Ucraina fuori dall’influenza politica ed economica di Mosca.
1996: La SEUU della Tymošenko fa 10 miliardi di dollari di fatturato e 4 miliardi di profitti.
1996-1997: Lazarenko è Primo Ministro.
7 maggio 1997: Si apre a Kiev il primo Centro ufficiale di informazione e documentazione della NATO.
31 maggio 1997: Trattato di Amicizia firmato da El’cin e Kučma: la Russia rinuncia a qualsivoglia rivendicazione territoriale nei confronti dell’Ucraina, mentre Kiev si impegna a concedere a Mosca, per 20 anni, la base navale di Sebastopoli per stazionarvi la flotta russa del Mar Nero.
2 luglio 1997: Il presidente Kučma impone le dimissioni di Lazarenko.
9 luglio 1997: Vertice NATO di Madrid. Sottoscritta con l’Ucraina una Carta su un partenariato specifico che istituisce una Commissione NATO-Ucraina (NUC) ed individua aree di consultazione e di cooperazione.
Marzo 1998: Il Partito Comunista Ucraino ottiene il 25% dei voti e si pone alla guida di un blocco di 180 seggi (però non sufficienti per la maggioranza assoluta) formato assieme agli agrari di sinistra e ai socialisti progressisti.
1° maggio 1998: Oltre 200 mila persone in Ucraina Orientale manifestano per l’unione dell’Ucraina con Russia e Bielorussia e per la rinascita dell’Unione Sovietica.
1998: Lazarenko viene arrestato dalla polizia svizzera alla frontiera franco-svizzera e accusato dalle autorità di Berna di riciclaggio.
1998-1999: Numerosi ed estesi scioperi, in particolare quello dei minatori e degli insegnanti (1998) e dei lavoratori delle centrali nucleari (1999).
Marzo 1999: Aggressione della NATO contro la Repubblica Federale Jugoslava. Kiev si schiera con Mosca, Minsk e Pechino contro l’Alleanza Atlantica.
Marzo 1999: Ratificato il trattato sulle basi militari e navali in Crimea tra Russia e Ucraina. La Russia versa all’Ucraina 526,5 milioni di dollari e prende l’82 per cento delle navi della flotta del Mar Nero.
1999: La Nato demolisce con la guerra la Federazione Jugoslava e ingloba i primi paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica ceca e Ungheria.
Ottobre-novembre 1999: Elezioni presidenziali. Il candidato comunista Symonenko ottiene il 22% su un programma centrato sull’integrazione con la Russia e la Bielorussia, sulla fine delle privatizzazioni e su minori legami con l’Occidente. Gli si contrappone Kučma col 36%. Al secondo turno (14 novembre) prevale con il 60%.
22 dicembre 1999: Il Presidente Kučma nomina Juščenko Primo Ministro; vice Primo Ministro è Julija Tymošenko con delega all’energia.
16 aprile 2000: La costituzione del 1996 viene modificata con un referendum che, approvando le proposte del presidente Kučma, assegna più poteri al presidente e riduce il numero dei deputati da 450 a 300.
18 aprile 2000: L’Accordo di Cooperazione Strategica e Militare con la Russia fa dell’Ucraina il retrovia strategico per le operazioni russe in Cecenia, a partire dalle basi militari russe in Crimea.
Fine 2000: A Dnepropetrovsk Kučma e Putin si accordano sul contenzioso relativo ai rifornimenti energetici russi.
Gennaio 2001: Julija Tymošenko viene dimissionata dal presidente Kučma. È accusata di “contrabbando e falsificazione di documenti” per avere fraudolentemente importato gas russo nel 1996, mentre era presidente della SEUU. Viene arrestata e farà 41 giorni di prigione. La giustizia investiga sulla sua attività nel settore dell’energia negli anni ‘90 e sui suoi legami con Lazarenko. 2001. Contestazioni di massa contro Kučma guidate dalle forze di ispirazione nazional-liberale, forti del sostegno dell’Occidente e del governo Juščenko. I comunisti manifestano con modalità e piattaforma alternative. La reazione occidentale contro il Presidente ucraino, reo di aver incontrato nel febbraio Putin per sottoscrivere una serie di accordi bilaterali, è rabbiosa, nonostante quest’ultimo non avesse alcuna intenzione di rompere con chi lo aveva fino ad allora protetto e coccolato.
Marzo 2001: Dopo l’incontro tra Juščenko e l’ambasciatore USA presso l’UE, Richard Morningstar (già protagonista, in passato, di pesanti interferenze negli affari interni russi), il sostegno alle proteste dei “democratici” ucraini diviene metodico. Fonti ufficiali russe parlano dell’esistenza di un “piano Brzezinski”, che vedrebbe anche un coinvolgimento della Polonia (entrata nella NATO) per rovesciare Kučma con metodi “jugoslavi”.
26 aprile 2001: I comunisti sfiduciano Juščenko, che si dimette. Viene sostituito con un uomo di stretta fiducia del presidente Kučma, Anatolij Kinach, capo dell’associazione degli industriali ucraini.
29 maggio 2001: Il nuovo premier Kinach è eletto con i 239 voti dei partiti “pro-Kučma”, della frazione socialista e di alcuni deputati indipendenti.
4 ottobre 2001: L’abbattimento per errore, nello spazio aereo ucraino, di un aereo di linea TU-154 che da Israele è diretto in Russia, provoca le dimissioni del ministro della difesa.
22 marzo 2002: La Camera dei Rappresentanti USA chiede elezioni “democratiche e trasparenti”. Kučma risponde duramente: “non siamo un campo per il vostro football”.
31 marzo 2002: Elezioni per il rinnovo della Rada Suprema. Nella campagna elettorale intervengono gli Stati Uniti, con finanziamenti e altre forme di sostegno materiale e propagandistico ai partiti liberisti. Il blocco “Nostra Ucraina” (di Juščenko) ottiene il 23,57%, il Partito Comunista di Ucraina il 20,01%, il blocco “Per l’Ucraina unita!” il 12,05%, il blocco di Julija Tymošenko il 7,21%, il Partito Socialista di Ucraina il 6,95%, il Partito Socialdemocratico di Ucraina (unificato) il 6,21%. Al voto per il parlamento della Repubblica autonoma di Crimea (abitata da una maggioranza di russi) c’è conquista della maggioranza assoluta del raggruppamento diretto dai comunisti locali, capeggiati da Leonid Grach. A Char’kov si svolge un referendum in cui l’83% dei votanti si esprime per l’elevamento della lingua russa al rango di “idioma ufficiale”. L’OSCE, il Consiglio d’Europa gli osservatori USA esprimono perplessità sullo svolgimento di queste elezioni.
Inizi di maggio 2002: Incontro tra Putin e Kučma in Crimea.
7 ottobre 2002: Accordo russo-ucraino per la costituzione di un consorzio internazionale per il trasporto del gas in Europa attraverso gasdotti in territori ucraini.
22 ottobre 2002: In Ucraina giunge una missione del FMI per la concessione di crediti, dopo che è scaduta la “extended fund facility” quadriennale concessa nel 1998 (2,6 miliardi di dollari).
2002: Viene adottato il «Piano di azione NatoUcraina» e il presidente Kučma annuncia l’intenzione di aderire alla Nato.
16 novembre 2002: Kučma costringe alle dimissioni il premier Kinach “perché non ha saputo affrontare i problemi sociali”. Al suo posto subentra Janukovyč.
13-16 febbraio 2003: Una delegazione del FMI è a Kiev per la concessione di un nuovo credito di 800 milioni di dollari.
Marzo 2003: Kiev appare sulla lista delle capitali che appoggiano l’intervento anglo-americano in Iraq ed invia un’unità di decontaminazione nucleare/biologica/chimica (Nbc) di circa 450 militari in Kuwait. Ammette il presidente Kučma: «L’invio di soldati ucraini sarà percepito in modo ambiguo dalla società ucraina, ma non abbiamo il diritto di rimanere a lato dei processi globali». 2003. L’Ucraina partecipa agli Accordi di NovoOgarëvo, finalizzati alla creazione di un mercato unico tra Russia, Bielorussia, Ucraina e Kazakistan.
2-3 settembre 2003: Il ministro della difesa polacco Jerzy Szmajdzinski ed il suo omologo ucraino Evgen Marčuk visitano le rispettive truppe di stanza in Iraq.
7-8 ottobre 2003: Summit bilaterale a Jalta fra UE e Ucraina.
20 ottobre 2003: Rappresentanti di Ucraina, Polonia e UE sono a Kiev per discutere sulla cooperazione nei settori del petrolio e del gas.
Fine marzo 2004: Soros compie un viaggio in Crimea per partecipare ai lavori di un Forum dal titolo significativo “I diritti dei cittadini nelle fasi elettorali”, cui partecipano oltre un centinaio di organizzazioni ucraine per la difesa dei diritti civili.
Primi di ottobre 2004: Un mese prima del voto per le presidenziali il Congresso USA stanzia 14 milioni di dollari a sostegno della candidatura di Juščenko.
31 ottobre 2004: Primo turno delle elezioni presidenziali ucraine. Juščenko ottiene il 39,87% dei voti contro il 39,32% di Viktor Janukovyč.
21 novembre 2004: Al ballottaggio delle presidenziali vittoria di Janukovyč. Juščenko e Tymošenko denunciano brogli.
L’Ucraina dopo il golpe arancione
Novembre-dicembre 2004: Scoppia in Ucraina la “rivoluzione arancione”, con Julija Tymošenko come musa, finanziata dal governo USA con 65 milioni di dollari. Contesta le elezioni presidenziali. Principale risultato di questa “rivoluzione” è l’annullamento del secondo turno delle elezioni presidenziali e l’organizzazione di un terzo turno. La regione di Donec’k, nell’est dell’Ucraina, roccaforte di Janukovyč, propone un referendum locale sull’opportunità di costituirsi in zona autonoma, in risposta alla prospettiva che Juščenko – visto da quelle parti come “un fantoccio degli americani” – finisca per insediarsi sulla poltrona di presidente.
8 dicembre 2004: Profonda revisione della costituzione del 1996, adottata sotto la pressione della “rivoluzione arancione”.
26 dicembre 2004: Al “terzo turno” Viktor Juščenko viene eletto con il 52% dei voti contro il 44% di Janukovyč.
23 gennaio 2005: Juščenko si insedia come presidente. Primo ministro è Julija Tymošenko.
4 febbraio 2005: Il programma di governo di Julija Tymošenko viene approvato dal parlamento con 357 sì e nessun contrario. Nel programma, quale contrappeso alla formazione dello “Spazio Economico Unico” di Russia, Bielorussia e Kazakistan, è avviata la politica di integrazione europea ed euro-atlantica.
Aprile 2005: Juščenko scatena la repressione. Cariche poliziesche contro le manifestazioni di protesta, rimozioni di personalità politiche, arresti di figure istituzionali e militanti e processi in assenza del rispetto delle più elementari norme giuridiche.
22 febbraio 2005: Sulla scia della «rivoluzione arancione», il presidente Juščenko viene invitato al summit Nato a Bruxelles. Subito dopo viene lanciato un «dialogo intensificato sull’aspirazione dell’Ucraina a divenire membro della Nato». 27 maggio 2005. Sebastopoli è in lotta contro l’occupazione NATO.
Agosto 2005: Juščenko si unisce al Presidente della Georgia Mikheil Saakašvili nella firma della Dichiarazione Borjomi, che prevede la creazione di un’istituzione di cooperazione internazionale, la Comunità di Scelta Democratica (CSD), per unire le democrazie (anche quelle incipienti) della regione intorno al Mar Baltico, Mar Nero e Mar Caspio. (SJUKA: Saakashvili, Juščenko, Kvasnevski, Adamkus).
Fine agosto 2005: Riunione dei capi di stato del cosiddetto “Spazio economico unico”, in cui i presidenti di Russia, Bielorussia e Kazakistan decidono di rilanciare il dialogo con l’Ucraina, che aveva subito un brusco rallentamento in seguito all’avvento al potere di quelle fazioni politiche (nazionaliste e ultraliberiste) che intendono abbandonare il processo già avviato di integrazione con gli altri stati ex sovietici e operare una definitiva scelta unilaterale in senso filooccidentale.
2005: Il governo dichiara l’ucraino lingua ufficiale dello stato, con obbligatorietà di insegnamento nelle scuole. D’ora in poi anche gli atti amministrativi e tutti i documenti ufficiali devono essere redatti in lingua ucraina.
Settembre 2005: Dopo le dimissioni del presidente del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale Petro Porošenko e del deputato Mykola Tomenko, il governo viene sciolto dal presidente e Julia Tymošenko è costretta a dimettersi dalla carica di primo ministro. Le succede Jurij Jechanurov.
22 settembre 2005: Jechanurov ottiene la fiducia grazie all’accordo tra Viktor Juščenko e Viktor Janukovyč. I deputati del PCU e del partito socialdemocratico si astengono.
15 ottobre 2005: L’UPA (le squadracce fasciste eredi delle formazioni che avevano fiancheggiato i nazisti nella repressione del movimento partigiano e nelle deportazioni degli ebrei) ottiene il permesso dalle autorità del paese di svolgere una parata nella zona centrale della capitale Kiev.
20 novembre 2005: Nel centro di Kiev manifestano in 20.000 in piazza contro le politiche degli arancioni.
1º-2 dicembre 2005: Si tiene il a Kiev il primo incontro dei presidenti e del capi per discutere la Comunità di Scelta Democratica (CSD. Membri fondatori: Estonia; Georgia; Lettonia; Lituania; Macedonia; Moldavia; Romania; Slovenia; Ucraina. Nazioni/organizzazioni osservatori: Azerbaigian; Bulgaria; Polonia; Rep. Ceca; Stati Uniti; Ungheria; Unione europea; OCSE).
1° gennaio 2006: Col nuovo assetto costituzionale il Primo Ministro e il suo governo sono ora nominati dal Parlamento.
10 gennaio 2006: Il governo Jechanurov e sfiduciato.
23 marzo 2006: Elezioni legislative. Con il 32,14% di preferenze, vince il Partito delle regioni, capeggiato da Janukovyč. Seguono il partito di Julija Tymošenko con il 22,29%, il partito Nostra Ucraina di Juščenko con il 13,95%, il Partito socialista di Moroz con il 5,69% e il Partito comunista con il 3,66%. Né il blocco di Natalia Vitrienko, né quello di Vladimir Litvin, presidente uscente dal parlamento, né il partito Pora riescono a superare lo sbarramento del 3%.
2006-2007: Viktor Janukovyč diventa Primo Ministro durante la presidenza Juščenko.
Primavera 2006: La decisione di molte regioni dell’Est e del Sud di accordare al russo lo status di lingua regionale è vista da Juščenko come un atto di separatismo linguistico, che minaccia direttamente il processo di rafforzamento dell’identità nazionale.
Maggio-Giugno 2006: Dopo i quattro milioni e mezzo di firme raccolte sulla proposta di un referendum anti-NATO, si susseguono le mobilitazioni contro le esercitazioni militari (“Sea Breeze 2006”) dell’Alleanza Atlantica nel mare e nei porti della penisola di Crimea e, in particolare, contro l’arrivo di 249 marines nella località balneare di Feodosia. Neppure il tentativo di alcune centinaia di fascisti ucraini, appartenenti al movimento “Pora”, di forzare l’assedio riesce. Manifestazioni di massa anche in altre località del paese. Il comando navale USA decide che l’intero contingente abbandoni Feodosia.
7 luglio 2006: Accordo per la creazione di una coalizione tra il Partito delle regioni, il Partito Socialista e il Partito Comunista. L’accordo è stato firmato dal leader del Partito delle regioni Janukovyč, dal leader del Partito Comunista Symonenko e dal leader del gruppo parlamentare del Partito Socialista Zuško. La coalizione parlamentare propone al presidente della repubblica la candidatura a primo ministro di Janukovyč e il capo dello stato la sottopone all’approvazione della Rada Suprema.
10 agosto 2006: Nuovo governo guidato da Viktor Janukovyč, in cui entrano rappresentanti del Partito Comunista.
14 settembre 2006: Janukovyč, seppur interessato ad approfondire la collaborazione con l’Ue, gela ogni aspettativa per un’imminente integrazione del suo paese nell’alleanza militare occidentale.
Ottobre 2006: Juščenko, per decreto, con l’attribuzione del titolo di “veterani della Seconda guerra mondiale”, sancisce la riabilitazione ufficiale della OUN e dell’UIA.
24 ottobre 2006: Riavvicinamento dell’Ucraina alla Russia di Putin, con la sigla di un importante accordo economico e rinnovata partecipazione ucraina alle vicende degli organismi comunitari post-sovietici.
Primi di dicembre 2006: Il voto della maggioranza dei parlamentari sollecita le dimissioni degli ultimi esponenti arancione, Borys Tarasyuk, responsabile degli Esteri, e Jury Lucenko, figura di spicco della “rivoluzione arancione”, alla guida del dicastero degli Interni.
16 dicembre 2006: Il referendum contro la Nato, sulla base di 4 milioni e mezzo di firme, ostacolato da Juščenko, si svolge informalmente e il 98,7%, la maggioranza schiacciante, vota contro la Nato.
31 marzo 2007: Decine di migliaia di manifestanti si riversano nelle piazze di Kiev, in un braccio di ferro tra l’opposizione “arancione”, nazionalista, liberista e filo-NATO, capeggiata da Julija Tymošenko, sostenuta dal presidente della Repubblica Juščenko e finanziata dall’amministrazione nordamericana, e la coalizione di governo formata dal Partito delle Regioni di Janukovyč, dai comunisti e dai socialisti. Il Partito Comunista ha un ruolo di primo piano nell’organizzazione della manifestazione a sostegno del governo.
2 aprile 2007: Juščenko scioglie la Rada e indice elezioni anticipate.
Aprile 2007: Pretesa dalle forze nazional-estremiste una marcia nella capitale ucraina in onore della divisione SS “Galičina”.
25 maggio 2007: Assegnata a Viktor Janukovyč la carica di Presidente del Consiglio dei Capi di Governo della Comunità degli Stati Indipendenti.
27 maggio 2007: Accordo tra il Presidente Juščenko, il Primo Ministro Janukovič e il Presidente della Verchovna Rada Moroz per elezioni anticipate il 30 settembre.
11 luglio 2007: L’esercitazione militare guidata dagli USA “Sea Breeze 2007” viene cancellata per l’imponente mobilitazione di massa. 30 settembre 2007. Elezioni parlamentari anticipate. Partito delle Regioni: 175 seggi (34,37%); Blocco elettorale Julija Tymošenko: 156 seggi (30,71%); Blocco Nostra Ucraina-Autodifesa Popolare, di Juščenko: 72 seggi (14,15%), PCU: 27seggi (5,39%), Blocco di Lytvyn 20 seggi (3,96%).
15 ottobre 2007: Il Blocco Autodifesa del PopoloNostra Ucraina e il Blocco Julija Tymošenko giungono ad un accordo per la formazione di una coalizione nel nuovo Parlamento alla 6ª convocazione.
4 dicembre 2007: Jacenjuk è eletto Presidente del Parlamento. La sua candidatura è l’unica in esame, ed egli ottiene 227 voti a favore (da parte della coalizione democratica; l’opposizione si astiene dal voto).
18 dicembre 2007: Julija Tymošenko è eletta Primo Ministro col voto di 226 deputati.
Marzo-aprile 2008: Manifestazioni antiNato a Kiev e in tutto il paese, in occasione della visita di Bush.
Aprile 2008: Vertice di Bucarest: l’allargamento della Nato all’Ucraina e alla Georgia non passa per l’opposizione di Francia e Germania.
Agosto 2008: Guerra in Ossezia del Sudsa tra Georgia e Russia. Julija Tymošenko non concorda con la condanna di Juščenko verso la Russia e preferisce restare neutrale. Juščenko la accusa di assumere una posizione più morbida per ottenere il sostegno della Russia alle future elezioni presidenziali del 2010; Andrij Kyslynskij, vice presidente, arriva quasi a definirla “traditrice”. 1° settembre 2008. Il Blocco Julija Tymošenko approva insieme al Partito Comunista d’Ucraina e al Partito delle Regioni una legge che facilita la procedura di messa in stato di accusa del Presidente e ne limita i poteri, aumentando quelli del Primo Ministro. Il blocco di Juščenko si pone fuori dalla coalizione e Juščenko stesso dichiara di porre il veto sulla legge, minacciando il ricorso alle urne in caso di mancata formazione di un’altra nuova coalizione.
12 settembre 2008: Rottura tra il Presidente Juščenko ed il Primo Ministro. Julija Tymošenko sul rapporto con la Russia e la collocazione del Paese in relazione alla crisi georgiana.
17 settembre 2008: Jacenjuk si dimette da presidente della Rada. 8 ottobre 2008. Juščenko scioglie il parlamento e indice nuove elezioni per il 7 dicembre 2008.
20 ottobre 2008: Juščenko sospende l’ordine di scioglimento e posticipa il giorno del voto.
21 ottobre 2008: I deputati del partito del premier e il Blocco Julija Tymošenko occupano la Rada impedendo così l’introduzione di emendamenti al bilancio 2008 per finanziare l’organizzazione delle elezioni anticipate fissate per il 14 dicembre dal presidente Viktor Juščenko.
21 novembre 2008: Jacenjuk è rimosso dal Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa dell’Ucraina da Juščenko.
9 dicembre 2008: Si ricostituisce la coalizione arancione con l’inclusione del Blocco di Volodimir Litvin, eletto Presidente del Parlamento.
10 dicembre 2008: I colloqui tra il colosso russo Gazprom e la compagnia statale ucraina Naftogaz non portano ad alcun accordo.
16 dicembre 2008: Due terzi dei cittadini dicono «no» alla Nato.
Dicembre 2008: I ministri degli esteri di Svezia e Polonia avviano il partenariato orientale dell’Unione europea. Esso punta a sei ex-repubbliche dell’Unione Sovietica, tra cui l’Ucraina. Non sono invitate alla piena adesione all’UE, ma vengono trascinate nella morsa europea attraverso i cosiddetti accordi di associazione, incentrati su un ampio e globale accordo di libero scambio (DCFTA).
17 gennaio 2009: Tymošenko firma personalmente i contratti con la Russia per la fornitura di gas per la società statale energetica Naftogaz e un accordo con il colosso russo Gazprom per la fornitura di gas ad un prezzo superiore a quello pagato da altri paesi della regione e comunque svantaggioso per l’Ucraina.
2009: Kiev firma un accordo che permette il transito terrestre in Ucraina di rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan. Ormai l’adesione alla Nato sembra certa.
17 gennaio 2010: Elezioni presidenziali. Al primo turno Viktor Janukovyč risulta al primo posto con il 35.8% su Tymošenko (24.7%).
7 febbraio 2010: Al secondo turno Janukovyč ha il 51,84% contro il 48,16% della Tymošenko, che contesta il risultato e si appella alla corte costituzionale. Lo scrutinio viene dichiarato dagli osservatori dell’OSCE «trasparente e onesto» Il neo-eletto opta per definire l’Ucraina in una posizione di neutralità, immaginandone il territorio come una sorta di ponte tra la Russia e l’Unione Europea.
2010: Il Fondo Monetario Internazionale sospende parte di un prestito di 16,4 miliardi di dollari, chiedendo di attuare le riforme economiche.
11 marzo 2010: Si forma un nuovo governo, presieduto da Mykola Azarov (partito delle regioni). La coalizione si basa su un accordo firmato dal Partito delle Regioni, il Partito comunista, e il blocco Lytvyn ed ha una maggioranza di 235 deputati (su 450).
Aprile 2010: All’inizio della presidenza di Janukovyč vengono firmati con la Russia gli accordi di Char’kov, con i quali il Cremlino si assicura la permanenza della propria flotta nella base di Sebastopoli, in Crimea, sino al 2042.
30 settembre 2010: La Corte costituzionale dichiara incostituzionale la legge di revisione costituzionale del 2004, per il mancato rispetto della procedura di revisione. Viene ripristinato il testo della Costituzione iniziale del 1996.
1° febbraio 2011: Una legge costituzionale modifica gli articoli 76, 77, 103, 136 e 141, e aggiunge due disposizioni transitorie per portare la durata di tutti i mandati a 5 anni e fissare il calendario elettorale.
5 agosto 2011: Il tribunale di Kiev ordina l’arresto di Julija Tymošenko, indagata per abuso di potere, per aver ripetutamente contravvenuto alle disposizioni della procura di non lasciare Kiev.
11 ottobre 2011: Il tribunale di Kiev condanna la Tymošenko a 7 anni di carcere Marzo 2012. I sondaggi avvertono un crescente malessere della popolazione per la situazione economica, la disoccupazione e i bassi salari.
1º marzo 2012: durante il congresso del Partito Popolare Europeo, Silvio Berlusconi chiede di boicottare i campionati europei di calcio (che si sarebbero svolti a giugno-luglio in Ucraina e Polonia) per protestare contro i maltrattamenti che la Tymošenko avrebbe subito durante la detenzione. Stessa posizione del Presidente della Commissione europea José Barroso, del commissario europeo Viviane Reding, del ministro dell’ambiente tedesco Norbert Röttgen, nonché di Pier Ferdinando Casini.
28 ottobre 2012: Si svolgono le elezioni parlamentari. Il Partito delle Regioni del presidente Janukovyč ha il 30 %; Unione Pan-Ucraina “Patria” Julija Tymošenko il 25,5%; Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma del pugile Vitalij Klyčko il 14%; l’estrema destra di Svoboda il 10,45%; i comunisti il 13,18%. Ma per il sistema elettorale misto (proporzionale e maggioritario), Svoboda di Oleh Tyahnybok ottiene 38 deputati, il PCU solo 32. Si forma un governo presieduto da Mykola Azarov, del partito delle regioni, sostenuto anche dai comunisti.
13 dicembre 2012: Il parlamento europeo, nella risoluzione 2012/2889(RSP) sulla situazione in Ucraina, al punto 8 “esprime preoccupazione per il diffondersi di sentimenti nazionalistici in Ucraina, che trova espressione nel seguito del partito Svoboda, il quale è così diventato uno dei due nuovi partiti rappresentati in seno alla Verchovna Rada; ricorda che le idee razziste, antisemite e xenofobe contrastano con i valori e i principi fondamentali dell’Unione europea; rivolge quindi ai partiti di orientamento democratico presenti in seno alla Verchovna Rada un appello a non associarsi né formare o appoggiare coalizioni con il citato partito”. [http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pub Ref=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-20120507+0+DOC+XML+V0//IT]. Poco più di un anno dopo, contraddicendo se stesso, benedice il colpo di stato di Svoboda…
29 aprile 2013: La Corte Europea dei diritti dell’uomo, decreta “illegale” la detenzione della Tymošenko.
La propaganda nazista dopo il golpe banderista
21 novembre 2013: Il presidente Janukovyč rifiuta gli Accordi di associazione e il Deep and Comprehensive Free Trade Agreement, due misure di incentivi economico-commerciali offerti dall’Ue nello schema della Eastern Partnership, che mira a rafforzare la cooperazione con i paesi ex Urss e a contenere, implicitamente, l’influenza di Mosca. La Rada respinge gli emendamenti sulla liberazione dell’ex primo ministro Tymošenko, condizione che l’Ue vincolava alle intese. Piazza dell’Indipendenza, nel centro di Kiev, si riempie. Migliaia di persone manifestano contro le scelte di Janukovyč e per una maggiore integrazione con l’Ue. Euromajdan (majdan significa piazza in lingua ucraina) diventa, da questo momento, il nome del movimento.
27 novembre 2013: Si tiene a Vilnius, la capitale lituana, il vertice della Eastern Partnership. Mezzo fiasco. Il rifiuto ucraino di siglare gli accordi con l’Unione europea ne depotenzia la portata. 30 novembre. La polizia carica i manifestanti. La protesta è più un moto d’indignazione che la rivendicazione di un destino europeo. Assume la forma di un movimento contro Janukovyč e il suo sistema di potere, in cui trovano sempre più spazio i sussulti nazionalisti e l’estrema destra filonazista.
1° dicembre 2013: In risposta all’intervento contro i manifestanti decine di migliaia di persone scendono in piazza. Viene assaltato il comune di Kiev e occupata la sede dei sindacati .dagli attivisti di Svoboda, partito ultra-nazionalista di estrema destra. Presidi quotidiani in piazza Indipendenza.
2 dicembre 2013: Janukovyč va in Cina e ottiene otto miliardi in investimenti.
8 dicembre 2013: Scendono in piazza centinaia di migliaia di persone. Viene abbattuta una statua di Lenin.
10 dicembre 2013: Le autorità ucraine cercano di sgomberare piazza Indipendenza e di evacuare il comune di Kiev. Il tentativo fallisce. Ma la tensione sale.
17 dicembre 2013: Janukovyč ottiene da Putin un prestito da 15 miliardi di dollari, più un vistoso sconto sul gas. L’opposizione sostiene che sotto banco sia stata negoziata anche l’adesione all’Unione eurasiatica, progetto strategico con cui Mosca vuole riaggregare lo spazio post-sovietico. Putin lo considera non complementare con la Eastern Partnership, che a suo avviso è un’invasione europea nel cortile di casa.
18 dicembre-15 gennaio 2014: La situazione a Kiev sembra ristagnare. Le proteste calano di intensità. 16 gennaio. Il parlamento ucraino approva leggi antiprotesta, che dovrebbero limitare le manifestazioni.
17-28 gennaio 2014: Militarizzazione delle proteste. Si scatena la guerriglia sulle strade di Kiev, soprattutto in ulica Gruševskogo, tra piazza Indipendenza e lo stadio della Dinamo Kiev. In prima linea gruppi di estrema destra, con postura chiaramente paramilitare.
Le forze di sicurezza rispondono con durezza e gli scontri causano alcune vittime. Nel frattempo Spilna Prava, gruppo movimentista e nazionalista, inizia a occupare le sedi di alcuni ministeri a Kiev. Gli esponenti di Euromajdan, dal canto loro, assumono il controllo dei palazzi dei governatorati in diverse città dell’occidente ucraino, dove le forze dell’opposizione riscuotono il grosso del loro consenso elettorale. Janukovyč cerca una soluzione concordata con i capi dell’opposizione alla crisi politica. Il PC ucraino da più settimane denuncia le manovre della destra, l’ingerenza occidentale e l’incombente colpo di stato [cfr. scheda sul PCU in questo stesso numero]. Propone un programma per uscire dalla crisi, attuare le riforme politiche, eliminando l’istituzione del presidente per varare una repubblica parlamentare, con una nuova legge elettorale basata sul sistema proporzionale. Ha raccolto più di 3 milioni di firme per richiedere un referendum che esprima la volontà dell’Ucraina di firmare un trattato di associazione con l’UE oppure l’unione doganale con la Russia. 28 gennaio. Il parlamento cancella le leggi antiprotesta. Il primo ministro Mykola Azarov, vicino a Janukovyč, si dimette. Ma le concessioni da parte del presidente non ferma l’opposizione, che rilancia con la riforma della costituzione (più poteri al parlamento) e le presidenziali anticipate.
29 gennaio 2014: Il Partito delle regioni approva una legge che azzera i processi nei confronti dei dimostranti che hanno preso parte agli scontri, a patto che Euromajdan ponga fine alle occupazioni dei palazzi del potere entro due settimane. L’opposizione bolla la misura come ricattatoria e continua a chiedere la riforma della costituzione ed elezioni presidenziali anticipate, senza ottenere risposte da parte di Janukovyč, che offre invano a Jaceniuk di presiedere un esecutivo di unità nazionale. Nel frattempo la hryvnia crolla ai minimi storici. Mosca, dopo l’erogazione di una prima rata da tre miliardi, congela il prestito a Kiev. 6 febbraio. Costituito il Fronte Popolare Antifascista (FPA) della città di Kiev: comprende rappresentanti di varie organizzazioni pubbliche, uniti per combattere la minaccia incombente di un’insurrezione fascista. Gli scopi principali del FPA sono: il consolidamento di tutte le forze antifasciste e antinaziste della città; il coordinamento e lo sviluppo di soluzioni pratiche comuni per il controllo e la lotta contro il neofascismo e il neonazismo a Kiev; la creazione nei quartieri di Kiev di squadre del FPA. Tutti gli organizzatori del Fronte sono giunti alla conclusione che è il momento di mettere in secondo piano le differenze di opinioni politiche e ideologiche al fine di proteggere la città dal terrore dei criminali assalitori nazional-fascisti. A capo del Consiglio di Coordinamento del FPA della città è eletto Amar Al’ Anni, presidente del Consiglio dell’Unione degli Studenti Comunisti d’Ucraina. Il FPA invita tutti gli uomini ad organizzare distaccamenti territoriali di guardia popolare e ad aderire al Fronte.
7 febbraio 2014: In una conversazione con l’ambasciatore a Kiev, l’assistente al segretariato di stato americano, Victoria Nuland, manifesta la scarsa considerazione verso l’Unione europea: “Fuck the Eu”. 8 febbraio. Manifestazioni antifasciste in tutte le principali città e nei capoluoghi regionali, che vedono alla testa dell’organizzazione i comunisti.
16-17 febbraio 2014: Gli attivisti di Euromajdan sgomberano una parte degli edifici occupati, ma altri restano sotto il loro controllo. Entra comunque in vigore l’amnistia.
18 febbraio 2014: Il parlamento si riunisce e l’opposizione chiede che venga messa in agenda la riforma della Costituzione. Gruppi neonazisti armati escono da piazza Indipendenza e si dirigono verso il parlamento. Scontri e colpi d’arma da fuoco. Si contano almeno 25 vittime, nove delle quali poliziotti.
21 febbraio 2014: Janukovyč e i principali membri dell’opposizione – Vitalij Kličko, leader di UDAR, Oleh Tyahnibok, leader di Svoboda, Arsenij Jacenjuk di Bat’kivščyna – alla presenza in qualità di testimoni e organizzatori dei ministri degli esteri di Germania (Frank-Walter Steinmeier), Francia (Laurent Fabius), Polonia (Radoslaw Sikorski) per l’Unione europea e di Vladimir Lukin, inviato speciale della Federazione Russa firmano un accordo per tornare alla Costituzione del 2004, ridurre i poteri del presidente, formare un governo di unità nazionale e organizzare delle elezioni presidenziali entro dicembre. L’accordo prevede inoltre l’apertura di un’inchiesta sulle violenze a Kiev e la consegna alle autorità di tutte le armi “illegali”. Dopo l’incontro con le autorità, i ministri europei e il loro entourage s’intrattengono in strada con esponenti delle bande fasciste. Il Fronte popolare antifascista ucraino invia circolari e raccoglie le iscrizioni alla Guardia Nazionale. Settori della difesa sono contrari alla capitolazione di Janukovyč di fronte all’opposizione, mentre continuano le violenze nelle zone occupate dai fascisti e atti di vandalismo nelle altre località. Gli accordi con l’opposizione – sostengono i critici di Janukovyč – non porteranno a niente perché: 1) l’opposizione controlla una minima parte della piazza, i gruppi radicali di Pravyi Sektor non riconoscono l’opposizione; Le forze di sicurezza rispondono con durezza e gli scontri causano alcune vittime. Nel frattempo Spilna Prava, gruppo movimentista e nazionalista, inizia a occupare le sedi di alcuni ministeri a Kiev. Gli esponenti di Euromajdan, dal canto loro, assumono il controllo dei palazzi dei governatorati in diverse città dell’occidente ucraino, dove le forze dell’opposizione riscuotono il grosso del loro consenso elettorale. Janukovyč cerca una soluzione concordata con i capi dell’opposizione alla crisi politica. Il PC ucraino da più settimane denuncia le manovre della destra, l’ingerenza occidentale e l’incombente colpo di stato [cfr. scheda sul PCU in questo stesso numero]. Propone un programma per uscire dalla crisi, attuare le riforme politiche, eliminando l’istituzione del presidente per varare una repubblica parlamentare, con una nuova legge elettorale basata sul sistema proporzionale. Ha raccolto più di 3 milioni di firme per richiedere un referendum che esprima la volontà dell’Ucraina di firmare un trattato di associazione con l’UE oppure l’unione doganale con la Russia.
28 gennaio 2014: Il parlamento cancella le leggi antiprotesta. Il primo ministro Mykola Azarov, vicino a Janukovyč, si dimette. Ma le concessioni da parte del presidente non ferma l’opposizione, che rilancia con la riforma della costituzione (più poteri al parlamento) e le presidenziali anticipate.
29 gennaio 2014: Il Partito delle regioni approva una legge che azzera i processi nei confronti dei dimostranti che hanno preso parte agli scontri, a patto che Euromajdan ponga fine alle occupazioni dei palazzi del potere entro due settimane. L’opposizione bolla la misura come ricattatoria e continua a chiedere la riforma della costituzione ed elezioni presidenziali anticipate, senza ottenere risposte da parte di Janukovyč, che offre invano a Jaceniuk di presiedere un esecutivo di unità nazionale. Nel frattempo la hryvnia crolla ai minimi storici. Mosca, dopo l’erogazione di una prima rata da tre miliardi, congela il prestito a Kiev.
6 febbraio 2014: Costituito il Fronte Popolare Antifascista (FPA) della città di Kiev: comprende rappresentanti di varie organizzazioni pubbliche, uniti per combattere la minaccia incombente di un’insurrezione fascista. Gli scopi principali del FPA sono: il consolidamento di tutte le forze antifasciste e antinaziste della città; il coordinamento e lo sviluppo di soluzioni pratiche comuni per il controllo e la lotta contro il neofascismo e il neonazismo a Kiev; la creazione nei quartieri di Kiev di squadre del FPA. Tutti gli organizzatori del Fronte sono giunti alla conclusione che è il momento di mettere in secondo piano le differenze di opinioni politiche e ideologiche al fine di proteggere la città dal terrore dei criminali assalitori nazional-fascisti. A capo del Consiglio di Coordinamento del FPA della città è eletto Amar Al’ Anni, presidente del Consiglio dell’Unione degli Studenti Comunisti d’Ucraina. Il FPA invita tutti gli uomini ad organizzare distaccamenti territoriali di guardia popolare e ad aderire al Fronte.
7 febbraio 2014: In una conversazione con l’ambasciatore a Kiev, l’assistente al segretariato di stato americano, Victoria Nuland, manifesta la scarsa considerazione verso l’Unione europea: “Fuck the Eu”. 8 febbraio. Manifestazioni antifasciste in tutte le principali città e nei capoluoghi regionali, che vedono alla testa dell’organizzazione i comunisti.
16-17 febbraio 2014: Gli attivisti di Euromajdan sgomberano una parte degli edifici occupati, ma altri restano sotto il loro controllo. Entra comunque in vigore l’amnistia.
18 febbraio 2014: Il parlamento si riunisce e l’opposizione chiede che venga messa in agenda la riforma della Costituzione. Gruppi neonazisti armati escono da piazza Indipendenza e si dirigono verso il parlamento. Scontri e colpi d’arma da fuoco. Si contano almeno 25 vittime, nove delle quali poliziotti.
21 febbraio 2014: Janukovyč e i principali membri dell’opposizione – Vitalij Kličko, leader di UDAR, Oleh Tyahnibok, leader di Svoboda, Arsenij Jacenjuk di Bat’kivščyna – alla presenza in qualità di testimoni e organizzatori dei ministri degli esteri di Germania (Frank-Walter Steinmeier), Francia (Laurent Fabius), Polonia (Radoslaw Sikorski) per l’Unione europea e di Vladimir Lukin, inviato speciale della Federazione Russa firmano un accordo per tornare alla Costituzione del 2004, ridurre i poteri del presidente, formare un governo di unità nazionale e organizzare delle elezioni presidenziali entro dicembre. L’accordo prevede inoltre l’apertura di un’inchiesta sulle violenze a Kiev e la consegna alle autorità di tutte le armi “illegali”. Dopo l’incontro con le autorità, i ministri europei e il loro entourage s’intrattengono in strada con esponenti delle bande fasciste. Il Fronte popolare antifascista ucraino invia circolari e raccoglie le iscrizioni alla Guardia Nazionale. Settori della difesa sono contrari alla capitolazione di Janukovyč di fronte all’opposizione, mentre continuano le violenze nelle zone occupate dai fascisti e atti di vandalismo nelle altre località. Gli accordi con l’opposizione – sostengono i critici di Janukovyč – non porteranno a niente perché: 1) l’opposizione controlla una minima parte della piazza, i gruppi radicali di Pravyi Sektor non riconoscono l’opposizione; 2) l’opposizione, forte dell’appoggio estero, può cambiare idea il giorno dopo e non rispettare gli accordi, come accade da dicembre (e come di fatto accade il giorno dopo col colpo di stato del 22 febbraio). Sembra di rivedere i filmati in bianco e nero degli assalti delle camicie nere e brune alle sedi comuniste e socialiste e dei loro falò di libri e giornali. In barba agli accordi tra governo e opposizione, non solo il Pravyi Sektor non riconsegna le armi e dichiara di voler continuare la “rivoluzione nazionale”, ma anche le bande sparse per il paese continuano con atti vandalici contro i monumenti, gli edifici dell’amministrazione pubblica e contro la popolazione. A Dnepropetrovsk abbattono la statua di Lenin. Secondo Vladimir Konstantinov, presidente del Parlamento della Rep. Autonoma di Crimea, 5mila mercenari (ucraini e stranieri) starebbero operando nel centro di Kiev. Il parlamento dell’Ucraina revoca gli incarichi al ministro dell’Interno Vitaliy Zacharčenko, sostenitore della linea dura. La sua testa era stata più volte chiesta dalle opposizioni durante i negoziati con Janukovyč.
22 febbraio 2014: COLPO DI STATO. L’accordo del 21 febbraio non dura lo spazio di un mattino. Janukovyč è rimosso da un voto (privo di validità giuridica) di un parlamento in stato di assedio ed è ricercato “per omicidio di massa di cittadini pacifici”. Il capo di Stato ad interim è Olexandr Turčynov; il nuovo premier è Arsenij Jacenjuk. Entrambi provengono da Vseukraїns’ke Ob’jednannja “Bat’kivščyna” (Unione Pan-Ucraina “Patria”), il partito di Julija Tymošenko, che viene liberata e si reca subito in piazza Indipendenza dove parla a migliaia di persone e chiama “eroi” i manifestanti. Un parlamento dimezzato e minacciato vota il ritorno alla Costituzione del 2004 e l’elezione del presidente il 25 maggio (in coincidenza con le elezioni del parlamento della Ue…). La Russia ritiene le potenze occidentali cofirmatarie dell’accordo del 21 febbraio colpevoli di aver tradito la parola data anche davanti ai rappresentanti di Mosca. A Kiev attivisti di Pravyi Sektor devastano e saccheggiano in pieno giorno la sede centrale del Partito Comunista. Il deputato del Partito delle Regioni Vitalij Gruševij è picchiato dai fascisti. A Zaporož’e milizie organizzate dai comunisti presidiano la città. A Kerč’ (Crimea) i cittadini assaltano un comizio dei nazionalisti. In seguito agli ultimi drammatici sviluppi della situazione e alle incessanti scorribande dei fascisti, si procede all’arruolamento della Guardia nazionale e alla militarizzazione delle milizie popolari. Punti di arruolamento sono istituiti nelle città orientali come in quelle occidentali. In particolare, il sindaco di Sebastopoli e l’omologo di Volgograd danno vita al “Centro Direttivo Stalingrado-Sebastopoli”, per far convergere a Sebastopoli volontari russi. Alla mobilitazione aderiscono gli atamani cosacchi delle regioni del Don (Russia). A Char’kov il Congresso dei Deputati delle Regioni orientali e meridionali dell’Ucraina e della Crimea vota la risoluzione in cui i governi locali di queste regioni si assumono la responsabilità di assicurare l’ordine costituzionale.
23 febbraio 2014: A Zaporož’e viene attaccata la sede del comitato cittadino del PCU. Dichiarazioni dei capi di Pravyi Sektor e Causa Comune (Muzyčko e altri): minacce a ebrei e comunisti, indicazioni di sequestrare pezzi di artiglieria pesante e carri armati al cui uso “sono ben addestrati”. Il segretario generale del PCU Petro Symonenko indica nei capi dell’opposizione i mandanti dell’assalto, che ha devastato gli uffici del Comitato Centrale del PCU a Kiev, sottolineando che costoro mirano non solo al potere, ma anche alla distruzione degli avversari politici. In queste ore il PCU è l’unica forza parlamentare a contrastare risolutamente la formazione di un “nuovo governo” dai caratteri golpisti. Non a caso è appena stato registrato un progetto di legge firmato dal deputato Oleg Ljaško per la messa al bando del Partito Comunista. Symonenko ha inoltre ringraziato gli attivisti e i residenti nell’area della sede del Partito, che stanno presidiando l’edificio per evitare nuovi assalti. Appello del Pdci ai parlamentari italiani ed europei antifascisti contro il colpo di stato in Ucraina. Kiev avanza all’Occidente la richiesta di 35 miliardi di dollari in due anni per salvare il paese dal default dei pagamenti e propone di organizzare una grande conferenza internazionale di donatori con l’Ue, gli Usa, il Fondo Monetario e altre organizzazioni finanziarie internazionali con l’obiettivo di ottenere fondi “per la modernizzazione e le riforme nel paese”.
24 febbraio 2014: Il parlamento ucraino abroga una legge sulla lingua approvata appena due anni prima, che aveva fatto diventare il russo lingua ufficiale in metà del Paese. La legge prevedeva lo status di lingua ufficiale regionale per gli idiomi parlati a livello locale da almeno il 10% della popolazione. Votano a favore dell’abrogazione della legge 232 deputati, appena sei in più del quorum richiesto di 226. L’ucraino sarà l’unica lingua ufficiale dell’Ucraina. Così si avvia la “pacificazione” sbandierata dai quisling che, con i mitra spianati degli sgherri fascisti nel parlamento ucraino, hanno votato l’abrogazione di una legge rispettosa dei più elementari valori della convivenza pacifica di popoli diversi in un unico stato sovrano. Una legge che avevano voluto anche (e soprattutto) i comunisti. L’apartheid viene ufficializzato contro intere regioni, dove il russo è la lingua comunemente parlata. La discriminazione si applica ovviamente anche alle lingue delle minoranze nazionali. I “valori europei” avanzano, insieme alla “pulizia etnica”… Protocollata in Parlamento la richiesta di rimuovere il governatore di Char’kov , Mihail Dobkin, promotore del Fronte Ucraino e dell’assemblea tenutasi il 22 febbraio a Char’kov . Quello che non sono riusciti a fare con la forza, ora lo fanno per vie “legali”.
26 febbraio 2014: Il ministro degli esteri estone Usmar Paet, riporta e conferma le parole di Olga Bogomolec, capo della squadra medica che opera a Majdan e che sicuramente non è pro Janukovyč: i cecchini che hanno sparato sulla folla non erano uomini di Janukovyč, ma membri dell’opposizione; sia i manifestanti, sia i poliziotti, sono stati uccisi dai cecchini dell’opposizione, hanno usato lo stesso tipo di proiettili. Il vertice Nato di Bruxelles ammonisce la Russia sulle manovre militari al confine ucraino. «Ci vuole prudenza – ha detto il segretario alla difesa americano Hagel – non vorremmo che le manovre al confine portino a errori di calcolo in un periodo così teso».
27 febbraio 2014: Il parlamento dimezzato elegge primo ministro Jacenjuk, numero due del partito di Julija Tymošenko e beniamino di Victoria Nuland, il superfalco del dipartimento di stato Usa che ha in mano il fascicolo ucraino. Nel suo primo discorso da premier accusa Janukovyč di aver fatto sparire 37 miliardi di dollari dal bilancio ucraino. Un gruppo di uomini armati, dopo aver issato le bandiere russe, prende possesso dei palazzi governativi a Sinferopoli, in Crimea. Janukovyč definisce «illegale» l’atto del parlamento con cui è stata dichiarata la sua decadenza e illegittimi i successivi voti del parlamento. Il parlamento regionale di Sinferopoli convoca un referendum sullo status della Crimea. Christine Lagarde assicura il supporto del Fmi in risposta alla richiesta di 15 miliardi di dollari di aiuti da parte del nuovo ministro delle finanze ucraino Oleksander Slapak.
28 febbraio 2014: il nuovo premier filo-russo della Crimea Sergej Aksenov richiede ufficialmente l’aiuto di Putin “per riportare la pace e la calma”. Per il 30 marzo è previsto un referendum sull’aumento dell’autonomia della penisola. Il senato russo autorizza la richiesta di Putin di mobilitare l’esercito. Vitalij Klyčko – uno dei leader della ex opposizione ucraina, ora al potere – chiede che il parlamento di Kiev dia ordine all’esercito di prepararsi a rispondere a un’aggressione. 1° marzo. A Kiev il ministro degli Interni ad interim Avakov annuncia lo scioglimento della Berkut, i reparti di polizia antisommossa che avevano contrastato l’escalation neofascista e accusa la Russia di “invasione armata” per l’occupazione da parte di militari privi di segni distintivi degli aeroporti di Sinferopoli e Sebastopoli. Il parlamento ucraino vota un appello a USA e Gran Bretagna, affinché garantiscano la piena sovranità del paese facendo rispettare l’accordo stipulato al riguardo con la Russia. Il vicepresidente americano Joe Biden telefona al neo-primo ministro ucraino ad interim Jacenjuk, e gli assicura il totale sostegno di Washington. Il Consiglio della Duma della Federazione Russa rileva che nella situazione attuale non possono tenersi legittime elezioni in Ucraina, poiché il potere politico è nelle mani di gruppi armati e usurpatori che hanno ottenuto il governo con la forza e non rispecchiano la volontà del paese né i diritti dei cittadini ucraini. Il premier della Repubblica Autonoma di Crimea comunica che la Crimea è difesa dai soldati della Flotta Russa del Mar Nero. Le istituzioni proseguono regolarmente il loro lavoro dopo il tentativo di assalto al Ministero degli Interni della scorsa notte. Russi e milizie locali garantiscono l’ordine pubblico.
2 marzo 2014: A Bruxelles si riunisce il consiglio della Nato, che accusa duramente la Russia di minacciare la pace in Europa. L’alleanza chiede anche l’intervento degli osservatori.
3 marzo 2014: Gli USA annunciano la sospensione dei colloqui commerciali e degli investimenti con la Russia, oltre che dei rapporti militari. Obama avverte Mosca che Stati Uniti e alleati esaminano le misure per “isolarla”. I G7 (USA, Canada, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Italia) annunciano la sospensione della programmata riunione del G8 (G7 + Russia) a Soči. Il primo ministro della Federazione russa Medvedev ribadisce che Janukovyč è il presidente legittimo. Pechino chiede 3 miliardi di dollari di risarcimento dall’Ucraina per la violazione del contratto prestitiper-grano firmato nel 2012.
4 marzo 2014: Sulle porte di alcune alcune case e appartamenti di L’vov i fascisti del Pravyi Sektor affiggono manifestini in cui è scritto: “Qui vivono moskali”, termine dispregiativo per indicare gli abitanti di Mosca, o per esteso, per indicare russi o persone di origine russa. Si tratta di gravissime provocazioni a sfondo razziale, simili a quelle della Germania nazista e dell’Italia fascista. Registrato al parlamento ucraino il progetto di legge n. 4327 de 28 febbraio 2014 “sulla Guardia”, che prevede il riconoscimento e la legalizzazione delle squadracce della cosiddetta “autodifesa del Majdan”. Questo procedimento parlamentare, che ricorda sinistramente i precedenti mussoliniani e hitleriani, mira ad affidare funzioni di ordine pubblico alle bande che nei mesi scorsi hanno assaltato palazzi governativi e sedi di partito e ucciso chi vi era dentro, hanno causato terribili stragi come quella alla Casa dei Sindacati e hanno attaccato le abitazioni dei politici antifascisti e dei loro familiari. A ragione, i comunisti e le altre forze antifasciste ritengono che l’istituzione della “Guardia” serva a regolarizzare le squadracce dal punto di vista giuridico, per poi affidare loro il lavoro sporco di perseguitare gli oppositori politici del nuovo potere. Le bande della cosiddetta “autodifesa del Majdan” occupano ancora le sedi di partito assaltate nei giorni del golpe e la sede dell’agenzia di stampa GolosUA. Vladimir Putin e il segretario generale del PCC Xi Jinping discutono della situazione in Ucraina. Esprimono l’auspicio che le iniziative adottate dalla leadership della Russia diminuiscano la tensione socio-politica e garantiscano la sicurezza della popolazione russofona in Crimea e nelle regioni orientali dell’Ucraina. Il segretario di Stato americano Kerry arriva a Kiev e ribadisce la condanna degli USA contro la Russia, affermando che Washington è dalla parte del popolo ucraino; promette di dare un miliardo di dollari in aiuto al governo ad interim ucraino.
5 marzo 2014: Funzionari del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU), fedeli al deposto presidente Viktor Janukovyč, hanno intercettato i telefoni del Ministro degli Esteri estone Urmas Paet e dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Sicurezza Catherine Ashton e hanno diffuso la loro conversazione sul web. Il ministro Paet rivela la scioccante informazione che confermerebbe le voci secondo cui i cecchini sarebbero stati assoldati dai leader del Majdan. Una nota pubblicata sul sito del Ministero degli Esteri estone conferma l’autenticità della telefonata sorvolando in maniera imbarazzante sul coinvolgimento dell’opposizione negli atti di violenza. Truppe russe prendono parziale controllo di una base missilistica in Crimea. Il ministro degli esteri francese Fabius afferma che “l’Unione europea è pronta a imporre nuove sanzioni a Mosca se quest’ultima non si impegnerà a dialogare con Kiev e non fermerà l’escalation militare”. La Francia e la Germania preparano un piano di soluzione della crisi ucraina, con la formazione di un governo unito, il completo ritiro delle truppe russe dalla Crimea, lo scioglimento delle milizie e il ritorno alla Costituzione ucraina del 2004 con conseguenti elezioni presidenziali. A Mosca si lavora ad un decreto legge che prevede la confisca dei beni delle imprese europee e americane, in caso di sanzioni imposte da USA e UE. La commissione europea prepara un pacchetto di aiuti all’Ucraina per almeno 11 milioni di euro.
6 marzo 2014: L’UE congela i beni di Janukovyč, di suo figlio e di altri personaggi del suo entourage. Gli Stati Uniti inviano sei caccia F-15 in più per pattugliare lo spazio aereo sugli Stati del Baltico, oltre a quelli già impegnati nel controllo di Estonia, Lettonia e Lituania. Le autorità filorusse della Crimea chiedono a Putin di esaminare una richiesta di adesione alla Federazione Russa, già votata all’unanimità dal parlamento della Crimea stessa, oggetto del referendum del 16 marzo. Jacenjuk dichiara “illegittima” la richiesta avanzata dal parlamento della Crimea e annuncia di voler firmare l’accordo con l’UE il prima possibile.
7 marzo 2014: Obama afferma che le azioni della Russia violano la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, e che queste hanno portato gli USA ad adottare diverse misure, coordinandosi con gli alleati europei. Ribadisce la posizione americana per risolvere la crisi: “colloqui diretti tra Ucraina e Russia, facilitati dalla comunità internazionale”, l’invio di osservatori internazionali, per garantire il rispetto dei diritti “di tutti gli ucraini, compresi i russi” e il ritiro delle forze russe. Oltre 65 mila persone si radunano vicino la Cattedrale di San Basilio a Mosca, per manifestare la loro solidarietà alle autorità filorusse in Crimea. Tatari e filoucraini si riuniscono a Sinferopoli “per la pace e l’integrità della Crimea”. Pravyi Sektor annuncia la candidatura del suo leader, Dmytro Jaroš, alle presidenziali ucraine del 25 maggio, dicendosi pronto anche a una guerra contro la Russia. Militanti filorussi sfondano gli ingressi di una base dell’aviazione militare ucraina in Crimea. 8 marzo. Il ministro degli Esteri russo Lavrov dichiara che la Russia è aperta ad avere un “onesto e paritario” dialogo con gli altri Stati sulla crisi in Ucraina. Gli osservatori dell’Osce che cercano di entrare in Crimea tornano indietro dopo l’esplosione di colpi di arma da fuoco. La maggior parte delle unità del Ministero della Difesa ucraino in Crimea passano sotto il controllo delle autorità della Crimea. Milioni di ucraini manifestano la loro opposizione alla giunta di Kiev e alle ingerenze straniere.
10 marzo 2014: Alcuni funzionari statunitensi, tra cui agenti dell’Fbi, sono a Kiev “per collaborare nelle indagini sulla corruzione sotto l’ex presidente Janukovyč. La Nato impegna i suoi aerei da ricognizione AWACS sui cieli di Polonia e Romania per monitorare la crisi. Il governo italiano ritiene illegittimo il referendum in Crimea e chiede alla Russia di contribuire a scongiurare altre tensioni in Ucraina.
11 marzo 2014: Il ministro degli Esteri francese Fabius minaccia la rapida approvazione delle sanzioni contro la Russia, se Mosca non risponderà alle proposte dei paesi occidentali. La cancelliera tedesca Merkel afferma che la Russia “ha annesso” la Crimea, rubandola di fatto all’Ucraina. La Commissione europea propone all’Ucraina forti riduzioni delle tariffe doganali. Riappare Janukovyč per ribadire di essere ancora il legittimo presidente e capo delle Forze Armate e che le elezioni previste per il 25 maggio sono illegittime e illegali. In Crimea, l’assemblea nazionale approva una dichiarazione di indipendenza della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli. Sospesi tutti i voli da e per l’aeroporto principale della Crimea a Sinferopoli, con l’eccezione dei collegamenti con Mosca.
12 marzo 2014: Aleksandr Jakimenko, già capo del Servizio di Sicurezza d’Ucraina afferma che i cecchini sono stati mandati dall’opposizione, gli ordini provenivano dall’Ambasciata USA. Jakimenko è ora ricercato in quanto “sospetto di crimini contro l’umanità”, mentre i canali russi sono stati oscurati dalla giunta di Kiev: si capisce il perché: Jakimenko riporta con precisione nomi e circostanze che hanno causato il centinaio di morti durante le settimane culminate col golpe. Più di 80 figure importanti del mondo culturale russo firmano una lettera aperta a sostegno della politica del presidente Vladimir Putin sull’Ucraina e sulla Crimea. Turčynov definisce “una farsa” il referendum in Crimea, ma dice che non interverrà militarmente per impedirne il distacco e ribadisce di essere pronto ad avviare un dialogo con Mosca. Jacenjuk incontra Obama per ottenere l’aiuto e il sostegno americano nella questione della Crimea. I Paesi del G7 chiedono alla Russia di interrompere qualunque azione volta all’annessione della Crimea, aggiungendo (con l’UE) che il referendum del 16 marzo non avrà alcun effetto legale. Il ministro degli Esteri giapponese Fumio Kishida esorta Lavrov ad avviare dei colloqui con l’Ucraina, perché “il Giappone non intende accettare un cambio di status quo attraverso l’uso della forza”.
13 marzo 2014: Risoluzione del Parlamento europeo approvata per alzata di mano: condanna fermamente “l’atto di aggressione commesso dalla Russia con l’invasione della Crimea”, richiede l’immediato ritiro di “tutte le forze militari presenti illegalmente sul territorio ucraino”, dichiara “illegittima e illegale” la dichiarazione di indipendenza della Crimea dell’11 Marzo 2014; definisce “del tutto infondato”, l’obiettivo russo di voler proteggere la popolazione russofona di Crimea, dato che “tale popolazione non ha subito e non subisce alcuna discriminazione”. Viene anche condannata fermamente la “propaganda diffamatoria russa finalizzata a ritrarre come fascisti i manifestanti che protestano contro la politica di Janukovyč” (sic!). I deputati applaudono la decisione dell’UE di fornire all’Ucraina aiuti pari a 11 miliardi di euro. I Paesi occidentali valutano se presentare in Consiglio di Sicurezza una risoluzione contro il referendum in Crimea, nonostante il quasi certo veto di Mosca. La Merkel afferma che se la Russia dovesse restare sulle sue posizioni causerebbe una catastrofe non solo per l’Ucraina. L’OCSE annuncia la temporanea sospensione del processo di adesione della Russia (in atto dal 2007) e il rafforzamento della sua cooperazione con l’Ucraina. Il Parlamento di Kiev approva la creazione di una Guardia Nazionale di 60mila volontari che “fronteggino l’espansione russa”. Il governo golpista chiede armi agli USA.
14 marzo 2014: Kerry ribadisce le minacce alla Russia se questa continuerà a far salire la tensione. Mosca chiede all’Osce di inviare osservatori al referendum di domenica in Crimea, cosa che equivarrebbe al riconoscimento internazionale del voto. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, dice a Putin che secondo le Nazioni Unite una soluzione negoziata della crisi in Ucraina è ancora possibile, ribadendo la sua opposizione al referendum in Crimea. L’esercito russo intercetta un drone da sorveglianza aerea USA nei cieli sopra la regione della Crimea.
15 marzo 2014: La Russia pone il veto sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che condanna il referendum in Crimea. La Cina si astiene, la risoluzione non passa. Nelle maggiori città dell’Ucraina il popolo è sceso in piazza contro la giunta di Kiev.Imponente la manifestazione di Char’kov: i lavoratori iscritti al sindacato occupano le sedi delle organizzazioni nazionaliste. Almeno due morti nella sparatoria a Char’kov tra militanti filo-russi e nazionalisti ucraini. I cittadini di Mariupol’, 477.000 abitanti, città portuale dell’Ucraina sudorientale, nell’oblast’ di Donec’k, invocano il referendum per aderire alla Federazione Russa. Negli striscioni si legge: “La nostra patria è l’URSS”, “Referendum”. A Donec’k, i manifestanti antifascisti occupano gli uffici del procuratore. Manifestazioni a Lugansk e a Dnepropetrovsk per chiedere lo svolgimento del referendum, come in Crimea. A Zaporož’e i comunisti guidano la manifestazione per chiedere la riforma in senso federalista dello stato.
17 marzo 2014: Con il 95,7% dei voti, la Crimea sceglie il ricongiungimento alla Russia com’era fino al 1954. Obama, con l’avvallo dell’UE e delle altre potenze occidentali, abbandona gli auspici di una soluzione pacifica, per minacciare “costi crescenti” per la Russia. La Russia propone agli Stati Uniti e all’Ue la creazione di “un Gruppo di supporto per l’Ucraina” affiancando una serie di richieste, compreso l’appello a riconoscere e rispettare la decisione della Crimea. Jacenjuk afferma, probabilmente nel tentativo di tranquillizzare la Russia, che l’ingresso di Kiev nella NATO non è in agenda. La NATO afferma che il referendum del 16 marzo è illegale e illegittimo e ha violato la costituzione ucraina e il diritto internazionale. Gli alleati Nato non ne riconosceranno l’esito. La Ue adotta sanzioni contro 21 persone fra russi e ucraini ritenuti responsabili della crisi in Crimea, mentre gli USA decidono di imporre sanzioni contro sette alti funzionari russi e quattro ucraini, colpevoli di “aver minacciato la pace, la sicurezza, la stabilità e la sovranità dell’Ucraina”, tra cui l’ex presidente Viktor Janukovyč. Il parlamento dell’Ucraina dà il nulla osta alla parziale mobilitazione dell’esercito. L’aspetto più allarmante è la postilla sulla mobilitazione in Crimea.
18 marzo 2014: Il ministro degli esteri francese annuncia il ritorno al formato del G7, con l’esclusione della Russia. Putin alla Duma chiede di ratificare l’adesione della Crimea alla Federazione russa. I deputati del partito “Svoboda” Bogdan Benjuk, Andrej Iljenko e Igor Mirošničenko (vice presidente della commissione parlamentare per la libertà di informazione!!), insieme con alcuni assistenti, aggrediscono il direttore del “Primo Canale Nazionale” (l’unica televisione di stato ucraina) e lo obbligano a scrivere una lettera di dimissioni. Il motivo? Aver trasmesso l’intervento di Putin dal Cremlino e il sospetto di essere un “moskal” (termine con cui vengono definiti i russi dai fascisti ucraini).
19 marzo 2014: Un ufficiale ucraino ucciso a Sinferopoli. Turčynov autorizza i soldati ucraini in Crimea a usare le armi per difendersi.
20 marzo 2014: Obama annuncia la seconda tranche di sanzioni contro altre venti persone vicine a Putin, più una banca. Il Cremlino risponde colpendo altrettante personalità vicine al capo della Casa Bianca. Nella lista anche il senatore repubblicano John McCain che si dichiara “orgoglioso” per la decisione di Putin. Censura anticomunista a Zaporož’e. La casa editrice Keramist blocca la stampa del giornale Kompas, organo del comitato regionale di Zaporož’e del PCU. Il blocco della pubblicazione segue a ruota l’ultimatum telefonico dato ai compagni dal responsabile sicurezza della casa editrice, Marjanov, che aveva richiesto di togliere dal numero in stampa gli articoli riguardanti il referendum sulla riforma federalista dello stato. Aleksandr Zubčevskij, redattore capo di Kompas, e deputato comunista, denuncia che questa censura viola non solo gli obblighi contrattuali tra il partito e la casa editrice, ma anche la Costituzione ucraina e le norme relative alla libertà di stampa. La decisione di fermare la pubblicazione del giornale dei comunisti di Zaporož’e è in realtà una risposta delle autorità alla manifestazione che i comunisti della regione hanno tenuto domenica, durante la quale la popolazione ha adottato una risoluzione relativa ai referendum sul federalismo, sulla lingua russa, sull’orientamento estero della politica economica del paese.
21 marzo 2014: La Camera bassa di Mosca vota l’annessione della Crimea. In Crimea viene liberato il comandante della flotta ucraina. Oltre alla sede dello stato maggiore di Sebastopoli, una dozzina di basi militari stanno passando sotto il controllo russo. Viene firmata la parte politica dell’accordo di associazione Ue-Ucraina.
24 marzo 2014: I leader mondiali si trovano a L’Aia per cercare una soluzione alla crisi ucraina. Obama minaccia Putin: si fermi dopo l’annessione della Crimea o ci saranno nuove misure contro Mosca, con sanzioni settoriali che potrebbero colpire l’energia, la finanza e il commercio. Il presidente USA chiede ai partner europei unità d’intenti per intensificare le sanzioni contro Mosca, mentre il Senato americano approva l’aiuto da un miliardo di dollari a Kiev. Ma il governo tedesco non intende rompere il dialogo commerciale con la Russia. L’Italia sostiene la linea diplomatica. In Crimea i militari russi prendono il controllo della base navale di Feodosia. Picchetto dei comunisti contro la censura e la giunta golpista a Zaporož’e, presso la casa editrice Keramist, che ha bloccato la scorsa settimana la stampa del giornale Kompas, organo del PCU.
25 marzo 2014: Le agenzia ucraine comunicano che nella notte il corpo speciale SOKOL ha individuato e ucciso il capo terrorista del Pravyi Sektor Aleksandr Muzyčko, detto Saško il Bianco, la cui banda spadroneggiava con rapine e ogni genere di violenze nella regione di Rovno. Muzyčko, ricercato anche dai servizi russi per crimini commessi durante la guerra in Cecenia (nel corso della quale torturò e uccise oltre 20 prigionieri russi), aveva più volte attaccato e minacciato esponenti della giunta, incluso il ministro dell’interno Avakov (da “impiccare come un cane”). È una prova delle tensioni interne alle varie componenti della giunta e delle divisioni tra questa e le forze violente che l’hanno portata al potere.
26 marzo 2014:. Resa nota una telefonata in cui la Tymošenko inveisce contro i russi d’Ucraina e Putin, contro cui si dice pronta a «prendere il mitra».
27 marzo 2014: Obama offre il gas americano all’Europa. Con qualche contropartita: approvare la nuova partnership transatlantica di libero scambio e in più, se l’Europa vuole continuare a usufruire della “protezione” americana in caso di un’escalation della tensione con Mosca, non tagliare la spesa per la difesa. Sergej Tolstov, direttore dell’Istituto di Analisi Politiche e Studi Internazionali, commenta gli accordi della giunta di Kiev con UE e Fondo Monetario Internazionale: “Ora il livello di povertà assoluta in Ucraina è di circa il 13%. Se i prezzi delle abitazioni aumentano e gli stipendi saranno congelati, la struttura delle spese dei cittadini ucraini cambierà in modo tale che il tasso di povertà salirà al 70%”. In precedenza la differenza delle tariffe del gas veniva compensata dalla Naftogaz, “ma questo ha portato ad un deficit nascosto del bilancio statale, che il FMI ha deciso di contrastare, aumentando le tariffe per la popolazione. I costi per i poveri dovrebbero essere compensati, ma nel bilancio dello Stato questo denaro non c’è”. Il prestito del FMI serve all’Ucraina per stabilizzare le riserve in oro e valuta estera, ma ulteriori accordi possono permettere di destinare i fondi per coprire il deficit del bilancio. “Questa è una situazione assurda, in cui l’adempimento delle condizioni per ottenere il prestito dovrà essere pagato con il prestito stesso”. Al momento l’Ucraina deve già al FMI ben 3,6 ml di dollari.
28 marzo 2014: Il Fondo monetario internazionale decide di prestare all’Ucraina fino a 18 miliardi di dollari per evitare il collasso finanziario, in cambio di tagli di bilancio e altre drastiche misure economiche. Il Congresso americano approva una legge che permette alla Casa Bianca di imporre ulteriori sanzioni alla Russia e di fornire assistenza alla sicurezza e altri fondi per il governo di Kiev. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione non vincolante con cui dichiara il referendum in Crimea non valido e invita gli stati a non riconoscerlo. Secondo il governo di Kiev ci sarebbero 100 mila soldati russi sul confine con l’Ucraina. Il numero così elevato di militari non è stato confermato da altre fonti.
2 aprile 2014: La Nato sospende la cooperazione civile e militare con Mosca. Il leader del PCU Petro Symonenko a Bruxelles per incontrare Gabriele Zimmer, presidente del gruppo della Sinistra Unitaria Europea / Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL) al Parlamento Europeo. “Durante l’incontro discuteremo dell’immobismo dell’attuale governo di fronte al crescente conflitto tra l’Ucraina e la Russia, dell’ondata nazionalista-fascista nel paese, così come dell’iniquità e dell’illegalità imperanti in questo momento”, ha dichiarato a GolosUA. “Inoltre, si discuterà delle persecuzioni, delle minacce che i membri del gruppo parlamentare del PCU affrontano quotidianamente, anche a rischio della propria vita, del tentativo di bloccare il nostro lavoro parlamentare e dell’occupazione della sede del nostro comitato centrale nella capitale”. Il segretario del PCU si aspetta comprensione e sostegno efficace dagli europarlamentari che a breve si recheranno in Ucraina al fine di capire le circostanze e trovare le soluzioni. La Duma di Stato della Federazione Russa approva all’unanimità la risoluzione “Sulla repressione politica in Ucraina”, primo firmatario G. Zjuganov del Partito Comunista della Federazione Russa. Nella durissima risoluzione, si afferma che “l’autorità autoproclamata, basandosi su forze estremiste e coinvolgendo le forze dell’ordine, utilizza metodi non legali contro gli avversari politici, la repressione e la violenza fisica al fine di perseguitare i cittadini per motivi politici”. Il documento adottato dalla Duma denuncia la censura operata sui media e le discriminazioni contro le minoranze etniche e linguistiche e chiede il rilascio di tutti i cittadini detenuti per motivi politici, tra cui Paul Gubarev (Donec’k), Arsen Klinčaev (Lugansk), Alexander Charitonov (Lugansk), Anton Davidčenko (Odessa), Michail Čumačenko (Donec’k).
5-6 aprile 2014: A Mariupol’ (città portuale dell’Ucraina sudorientale, circa mezzo milione di abitanti, regione di Donec’k) manifestazioni contro la giunta e gli arresti degli oppositori, tra cui quello del “sindaco del popolo” Dmitrij Kuzmenko, già a capo delle proteste. Altri arresti ci sono stati nella regione di Lugansk. Picchetto dei comunisti contro la censura e la giunta golpista a Zaporož’e, presso la casa editrice Keramist, che ha bloccato la scorsa settimana la stampa del giornale Kompas, organo del PCU.
25 marzo 2014: Le agenzia ucraine comunicano che nella notte il corpo speciale SOKOL ha individuato e ucciso il capo terrorista del Pravyi Sektor Aleksandr Muzyčko, detto Saško il Bianco, la cui banda spadroneggiava con rapine e ogni genere di violenze nella regione di Rovno. Muzyčko, ricercato anche dai servizi russi per crimini commessi durante la guerra in Cecenia (nel corso della quale torturò e uccise oltre 20 prigionieri russi), aveva più volte attaccato e minacciato esponenti della giunta, incluso il ministro dell’interno Avakov (da “impiccare come un cane”). È una prova delle tensioni interne alle varie componenti della giunta e delle divisioni tra questa e le forze violente che l’hanno portata al potere.
26 marzo 2014: Resa nota una telefonata in cui la Tymošenko inveisce contro i russi d’Ucraina e Putin, contro cui si dice pronta a «prendere il mitra».
27 marzo 2014: Obama offre il gas americano all’Europa. Con qualche contropartita: approvare la nuova partnership transatlantica di libero scambio e in più, se l’Europa vuole continuare a usufruire della “protezione” americana in caso di un’escalation della tensione con Mosca, non tagliare la spesa per la difesa. Sergej Tolstov, direttore dell’Istituto di Analisi Politiche e Studi Internazionali, commenta gli accordi della giunta di Kiev con UE e Fondo Monetario Internazionale: “Ora il livello di povertà assoluta in Ucraina è di circa il 13%. Se i prezzi delle abitazioni aumentano e gli stipendi saranno congelati, la struttura delle spese dei cittadini ucraini cambierà in modo tale che il tasso di povertà salirà al 70%”. In precedenza la differenza delle tariffe del gas veniva compensata dalla Naftogaz, “ma questo ha portato ad un deficit nascosto del bilancio statale, che il FMI ha deciso di contrastare, aumentando le tariffe per la popolazione. I costi per i poveri dovrebbero essere compensati, ma nel bilancio dello Stato questo denaro non c’è”. Il prestito del FMI serve all’Ucraina per stabilizzare le riserve in oro e valuta estera, ma ulteriori accordi possono permettere di destinare i fondi per coprire il deficit del bilancio. “Questa è una situazione assurda, in cui l’adempimento delle condizioni per ottenere il prestito dovrà essere pagato con il prestito stesso”. Al momento l’Ucraina deve già al FMI ben 3,6 ml di dollari.
28 marzo 2014: Il Fondo monetario internazionale decide di prestare all’Ucraina fino a 18 miliardi di dollari per evitare il collasso finanziario, in cambio di tagli di bilancio e altre drastiche misure economiche. Il Congresso americano approva una legge che permette alla Casa Bianca di imporre ulteriori sanzioni alla Russia e di fornire assistenza alla sicurezza e altri fondi per il governo di Kiev. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione non vincolante con cui dichiara il referendum in Crimea non valido e invita gli stati a non riconoscerlo. Secondo il governo di Kiev ci sarebbero 100 mila soldati russi sul confine con l’Ucraina. Il numero così elevato di militari non è stato confermato da altre fonti.
2 aprile 2014: La Nato sospende la cooperazione civile e militare con Mosca. Il leader del PCU Petro Symonenko a Bruxelles per incontrare Gabriele Zimmer, presidente del gruppo della Sinistra Unitaria Europea / Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL) al Parlamento Europeo. “Durante l’incontro discuteremo dell’immobismo dell’attuale governo di fronte al crescente conflitto tra l’Ucraina e la Russia, dell’ondata nazionalista-fascista nel paese, così come dell’iniquità e dell’illegalità imperanti in questo momento”, ha dichiarato a GolosUA. “Inoltre, si discuterà delle persecuzioni, delle minacce che i membri del gruppo parlamentare del PCU affrontano quotidianamente, anche a rischio della propria vita, del tentativo di bloccare il nostro lavoro parlamentare e dell’occupazione della sede del nostro comitato centrale nella capitale”. Il segretario del PCU si aspetta comprensione e sostegno efficace dagli europarlamentari che a breve si recheranno in Ucraina al fine di capire le circostanze e trovare le soluzioni. La Duma di Stato della Federazione Russa approva all’unanimità la risoluzione “Sulla repressione politica in Ucraina”, primo firmatario G. Zjuganov del Partito Comunista della Federazione Russa.Nella durissima risoluzione, si afferma che “l’autorità autoproclamata, basandosi su forze estremiste e coinvolgendo le forze dell’ordine, utilizza metodi non legali contro gli avversari politici, la repressione e la violenza fisica al fine di perseguitare i cittadini per motivi politici”. Il documento adottato dalla Duma denuncia la censura operata sui media e le discriminazioni contro le minoranze etniche e linguistiche e chiede il rilascio di tutti i cittadini detenuti per motivi politici, tra cui Paul Gubarev (Donec’k), Arsen Klinčaev (Lugansk), Alexander Charitonov (Lugansk), Anton Davidčenko (Odessa), Michail Čumačenko (Donec’k).
5-6 aprile 2014: A Mariupol’ (città portuale dell’Ucraina sudorientale, circa mezzo milione di abitanti, regione di Donec’k) manifestazioni contro la giunta e gli arresti degli oppositori, tra cui quello del “sindaco del popolo” Dmitrij Kuzmenko, già a capo delle proteste. Altri arresti ci sono stati nella regione di Lugansk. dovrà essere avviato un «dialogo nazionale» nel quale siano coinvolti tutti i «gruppi» e tutte le zone del Paese, e spetterà ai «partiti ucraini» attivarsi per superare l’attuale crisi. Un «ruolo guida di mediazione» andrà infine assegnato all’Osce (Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa). Poche ore prima della sigla dell’accordo, Obama aveva approvato l’invio di aiuti militari «non letali» in Ucraina e minacciato nuove sanzioni per Mosca. Tre persone uccise e almeno tredici ferite da arma da fuoco in uno scontro tra manifestanti antigovernativi e soldati vicino a una base militare a Mariupol’, nell’Ucraina dell’Est. Lo riferisce lo stesso ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov.
18 aprile 2014: In seguito agli accordi di Ginevra intercorsi tra UE, USA, Russia e rappresentanti della giunta di Kiev, gli esponenti della Repubblica Popolare di Donec’k dichiarano che la liberazione degli edifici occupati e la consegna delle armi avverrà solo quando saranno indetti i referendum e saranno disarmati i gruppi radicali di destra. Sergej Cyplakov, a nome degli insorti del Donbass, aggiunge che un’altra condizione irrinunciabile è il rilascio dei detenuti politici e la fine delle persecuzioni politiche e razziali messe in atto dalla giunta golpista. Il referendum, in caso di vittoria, porterebbe alla trasformazione dello stato ucraino in una federazione di repubbliche autonome. Intanto per l’11 maggio è indetto dalle regioni insorte un referendum su base locale.
20 aprile 2014: Konstantin Dolgov, redattore capo di Glagol, notiziario online d’opposizione alla giunta di Kiev, viene bloccato da agenti in borghese, malmenato e poi arrestato. Dolgov, che è anche uno degli attivisti delle mobilitazioni del sud-est nella città di Char’kov, è accusato di “devastazioni, danni alle proprietà e incendio doloso”, accuse che ricalcano sinistramente quelle fatte dai nazisti a Dimitrov.
21 aprile 2014: A Donec’k è istituita la commissione elettorale centrale per gestire l’iter del referendum dell’11 maggio. I tre milioni e mezzo di elettori del Donbass dovranno rispondere al quesito: “Siete favorevoli all’Atto di indipendenza statale della Repubblica Popolare di Donec’k?”. Viktor Janukovyč invia un documento alla giunta di Kiev, chiedendo il ritiro dall’Ucraina sud-orientale delle forze armate e della Guardia Nazionale. Chiede anche che venga concesso il referendum sul federalismo, sul sistema politico (per realizzare eventualmente la riforma parlamentare) e che solo successivamente si vada a nuove elezioni non solo presidenziali, ma per il rinnovo di tutto il parlamento. Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov denuncia il disimpegno della giunta di Kiev rispetto agli accordi di Ginevra e la sua incapacità nel controllo degli estremisti di destra, il mancato disarmo delle bande del Majdan, mentre continuano gli arresti politici e le detenzioni degli attivisti “antimajdan” e di quelli impegnati nella richiesta del referendum sul federalismo. Lavrov fa esplicito riferimento agli attacchi armati a Slovjansk, Mariupol’ e in altre località, aggiungendo che le richieste di aiuto alla Russia da parte della popolazione del Donbass mettono Mosca “in una posizione difficile”.
22 aprile 2014: Per celebrare il 144° anniversario della nascita di Lenin, una delegazione del PCU porta dei fiori alla statua del grande rivoluzionario che si trova nei pressi della fabbrica Bolševik di Kiev. Durante la cerimonia, Petro Symonenko ricorda che “senza Lenin non esisterebbe l’Ucraina moderna”, in quanto i territori ucraini erano parte dell’impero zarista. Solo con la creazione dell’URSS venne costituita la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, che godeva di ampie autonomie.
24 aprile 2014: Il presidente illegittimo dell’Ucraina dichiara il proseguimento delle “operazioni antiterrorismo” e accusa la Russia di coordinare e appoggiare apertamente “i terroristi assassini” nell’Ucraina orientale. Dopo che le autorità USA hanno ammesso che le foto circolate in precedenza sullo schieramento dell’esercito russo ai confini ucraini non sono attendibili e dopo che la delegazione dell’OSCE ha dichiarato di non avere prove della presenza di militari russi nel Donbass, Turčinov afferma che le manovre delle truppe russe sarebbero esse stesse la “prova” del coinvolgimento russo nello scenario. Ancora una volta i golpisti di Kiev, da quando non rispettarono i patti del 21 febbraio con Janukovitč, tradiscono gli impegni presi e violano ora gli accordi di Ginevra, che pure erano a loro favorevoli, poiché prevedevano tra l’altro il disarmo delle milizie del Donbass. La totale subalternità della giunta di Kiev e la stupidità fanatica dei parlamentari che sostengono le operazioni, nonché il cinismo dei burattinai USA, portano il paese alla guerra civile. Vladimir Putin dichiara: “Se il regime di Kiev ha cominciato davvero ad usare l’esercito contro i civili dentro il Paese, questo è senza alcun dubbio un crimine molto grave contro il proprio popolo”. Putin accusa Kiev di non disarmare i nazionalisti radicali ma di legalizzarli, contrariamente a quanto previsto dagli accordi di Ginevra. Gazprom presenta un conto di 11,3 miliardi di dollari per il metano non preso nel 2013, in base alla formula contrattuale del take or pay. La giunta di Kiev intensifica le operazioni militari su Slovjansk e nei dintorni. Si tratta della “seconda fase” della cosiddetta operazione antiterrorismo lanciata dalla giunta dopo la visita a Kiev del vice di Obama, J. Biden. Alle 4 di mattina bande armate del Pravyi Sektor attaccano il palazzo comunale di Mariupol’, occupato dalle milizie popolari della “Repubblica Popolare di Donec’k”. Dopo che il governatore di Dnepropetrovsk, Kolomojskij, ha fissato delle taglie sui “russi” del Donbass, vi è stato un incontro tra lo stesso Kolomojskij e il capo di Pravyi Sektor Jaroš, il quale ha deciso di spostare proprio a Dnepropetrovsk la sede dell’organizzazione terroristica. A Kramatorsk, dove si trova un aerodromo militare occupato da una decina di giorni dai militari di Kiev, precipita un elicottero Mi-8. Il capo del Servizio di Sicurezza Ucraino dichiara che a far precipitare il velivolo è stato “un cecchino separatista”. Il Pentagono annuncia l’invio di 600 soldati in Polonia e Paesi baltici sullo sfondo della crisi ucraina. Una compagnia dell’esercito, di circa 150 soldati della 173ma brigata aviotrasportata di base a Vicenza inizierà esercitazioni mercoledì in Polonia, e analoghe manovre, che dureranno circa un mese, si svolgeranno poi anche in Lituania, Estonia e Lettonia, dove i militari Usa dovrebbero cominciare ad arrivare da lunedì. 25 aprile. 8 osservatori Osce sono rapiti e accusati di essere “spie della Nato”. L’Occidente – Usa e Ue e G7 – minaccia ulteriori sanzioni contro la Russia. Standard & Poor’s taglia il rating della Russia, sceso a un gradino sopra il livello spazzatura. La banca centrale russa aumenta i tassi di interesse di mezzo punto percentuale al 7,5% in seguito ai rischi di inflazione legati alla caduta del rublo, sceso del 10% rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno. 26 aprile. Kiev chiude i rubinetti dell’acqua alla Crimea. Jacenjuk, ricevuto da Renzi a Palazzo Chigi e da papa Francesco in Vaticano, lascia Roma prima del previsto (avrebbe dovuto assistere il 27 alla canonizzazione dei due papi) “a causa della situazione in Ucraina”.