Egied Van Broeckhoven, un prete operaio

Da L’Interferenza.

Il 28 dicembre 1967, in una fabbrica di Anderlecht in Belgio,  Egied Van Broeckhoven prete-operaio moriva sbalzato contro una lastra di ferro a soli trentaquattro anni. Una morte bianca diremmo, oggi, una delle innumerevoli che si succedono senza provocare scandalo. La violenza sul lavoro continua, la normalità del male si materializza in mille forme, ma una delle più oscene è la morte sul lavoro, non  è mai casuale, ma l’effetto evidente della violenza del dominio di classe. Ricordare Egied Van Broeckhoven è rammentare a noi tutti che i successi ottenuti dalle classi subalterne sono stati ottenuti con un’operazione di coordinamento culturale e politico che ha travalicato con molte sfumature e prospettive  gli angusti confini delle classi direttamente interessate. La denuncia e la lotta che portarono all’acquisizione di diritti, ora erosi, sono state una operazione culturale diffusa, in cui la partecipazione alla lotta  per  diritti non contrattabili è stata “universale”. La società civile comprese al di là delle differenze ideologiche e politiche che ci si salva assieme, o si è schiacciati tutti dal potere divenuto dominio. In tale contesto la stagione dei preti operai è la dimostrazione di un movimento comunitario e di popolo verso la stagione dei diritti. I preti-operai comprovano che vi sono forme plurali di resistenza, ma tutte contribuiscono al risultato finale. Egied Van Broeckhoven volle vivere la condizione operaia per testimoniare la prassi nel cristianesimo capace di solidarietà nella differenza. Evangelizzare per il  gesuita significava vivere la fede con gli altri, mostrare nella carne viva e nella relazione che il cristianesimo è condivisione, è movimento di purezza ideale segnato dalla partecipazione alla vita di tutti e in particolare degli ultimi. La fratellanza non è un valore da dichiarare, ma da testimoniare, si può evangelizzare con la presenza, senza la parola che diviene fascinazione e mezzo di colonizzazione dell’altro. La sua morte dimenticata non è un caso. La rivoluzione reazionaria di questi decenni neoliberisti ha spazzato via dall’orizzonte storico anche l’esperienza dei preti operai. L’individualismo del tempo presente è dimenticanza e vuoto assiologico e politico, per cui la memoria è solo a breve termine ed in media è solo organica al calcolo immediato, tale clima favorisce il consolidarsi di un sistema anticristiano ed antiumano. Nel capitalismo assoluto della dimenticanza tutti gli esseri umani sono solo mezzi da usare e gettar via, ovvero da dimenticare. La memoria della fratellanza nel quotidiano è avversata e neutralizzata con lo stordimento narcisistico ed edonistico, poiché essa rivela che un altro modo di vivere è possibile. La memoria è veicolo plastico di critica sociale, senza di essa non vi può essere progetto politico e libertà, ma solo adattamento in un clima sempre più darwiniano.

Fratellanza ed amicizia

La stagione dei preti operai è terminata, la sua fine coincide con il “reflusso” e la vittoria del neoliberismo. I vertici della Chiesa hanno sempre osteggiato tale esperienza. Dopo il Concilio Vaticano II fu tollerata, ma nei fatti fu sempre avversata. Non fu favorita, né sostenuta un’elaborazione teorica dell’esperienza e ciò contribuì alla sua estinzione graduale.  In Egied Van Broeckhoven, nel suo diario recentemente pubblicato, si scoprono elementi di concettualizzazione dell’esperienza. La solitudine e l’isolamento del gesuita non hanno spezzato la sua fede e la sua volontà di ripensare in senso teologico la fratellanza. Al centro della sua prassi vi è l’esperienza trinitaria ed eucaristica, in cui lo Spirito Santo dà la vita, costruisce relazioni di fratellanza con le quali trasformare il mondo. Ogni essere umano è veicolo di trasformazione, se vive  la presenza cristica. La fratellanza è amicizia, è incontro che stabilisce legami interiori, senza costruire rapporti esclusivi. L’amicizia feconda l’apertura verso altre esperienze amicali, come cerchi nell’acqua la vita buona si espande rovesciando pregiudizi e chiusure. Nel suo diario descrive e abbozza la fratellanza concettualizzando  l’esperienza in fabbrica:

“4 marzo 1959 L’amico è come una casa di diamante: al suo interno brilla una luce sfolgorante e di grande bellezza. Ma non è possibile entrare senza infrangere la parete esterna: operazione dolorosa, anche per chi la infrange, poiché questi ferisce anche se stesso. Ma, infranta la prima parete, la luce interna brilla di un rosso ardente con nuovo fulgore. Così egli infrangerà successivamente molte pareti, procurandosi ferite ancor più profonde. Non farà però come chi rompe cinicamente un bel vaso e poi si allontana come se la cosa non lo riguardasse. Le sue ferite diventano sempre più profonde, fino al momento in cui si trova davanti all’ultima parete: attraverso di essa egli intravvede già la luce, e gli sembra che se la infrange, la luce stessa si spegnerà. Eppure occorre che infranga anche quest’ultima parete: solamente a questo prezzo potrà trovare l’intimità più profonda dell’amico, la Trinità divina. Il mio amico è come una dolce aurora dell’eterno amore di Dio. In questo consisterà tutta la beatitudine del cielo”.

Nella cornice storica attuale l’amicizia è solo utile per affari personali, pertanto l’esperienza del gesuita ci rammenta il senso dell’amicizia, il quale non è ideale astratto, ma verità che prende forma nella responsabilità empatica della condivisione. Il gesuita rifiutava la definizione di prete operaio, perché ogni definizione è già specializzazione, e quindi è un taglio che divide dall’alterità: si è sempre esseri umani al di là dei ruoli che si ricoprono. Egied Van Broeckhoven è stato un eroe silenzioso, come lo sono i grandi nello spirito, forse per poter ricominciare il cammino necessitiamo di ripensare l’esperienza di amicizia senza la quale non vi è solidarietà e prassi che possano durare e sfidare il contingente. Nella solitudine globale la gratuità di un gesto amicale rafforza il percorso di uscita dai processi di reificazione e di imbarbarimento delle relazioni sociali all’interno della struttura liberista. La trasgressione  in questo momento storico è gratuità del gesto e delle parole le quali preparano la rivoluzione.