Una tendenza retrograda nella socialdemocrazia russa

Scritto alla fine del 18991

La redazione della Rabociaia Myslha pubblicato un Supplemento speciale alla “Rabociaia Mysl” (settembre 1899), nell’intento di “dissipare interamente la massa dei malintesi e delle inesattezze esistenti sul conto dell’indirizzo della Rabociaia Mysl (come il nostro “ripudio” della “politica”, per esempio” (nota redazionale). Siamo molto lieti che la Rabociaia Mysl ponga apertamente, una buona volta, delle questioni programmatiche, di cui finora pareva non volesse saperne, ma protestiamo energicamente contro l’affermazione che “l’indirizzo della Rabociaia Mysl è quello degli operai russi d’avanguardia” (come dichiara la redazione nello stesso passo). No, se la redazione della Rabociaia Myslintende imboccare la via che viene tracciata (per ora viene solo tracciata) nella citata pubblicazione, vuol dire che essa intende in maniera errata il programma che hanno elaborato i fondatori della socialdemocrazia russa e al quale si sono attenuti finora tutti i socialdemocratici che lavorano in Russia; vuol dire che essa compie un passo indietro rispetto al grado di sviluppo teorico e pratico raggiunto dalla socialdemocrazia russa.

L’indirizzo della Rabociaia Myslviene esposto nell’articolo di fondo del Supplemento speciale: “La nostra realtà” (firmato R. M.). È appunto quest’articolo che dobbiamo ora analizzare nel modo più particolareggiato.

Fin dall’inizio dell’articolo risulta che R. M. si fa un’idea decisamente errata della “nostra realtà” in generale e del nostro movimento operaio in particolare, rivela di concepire il movimento operaio in maniera estremamente angusta e di essere propense a chiudere gli occhi dinanzi alle forme superiori cui esso ha già dato vita sotto la guida dei socialdemocratici russi. Infatti: “il nostro movimento operaio – dice subito R. M. all’inizio dell’articolo – reca i sé i germi delle più svariate forme di organizzazione”, dalle associazioni di sciopero fino alle associazioni legali (permesse dalla legge). Tutto qui?, chiederà perplesso A lettore. Davvero R. M. non ha notato in Russia forme di organizzazione più alte, più avanzate del movimento operaio? Evidentemente non le vuole notare, perché nella pagina successiva ribadisce la sua tesi in una forma molto più recisa ancora: “Oggi, i compiti del movimento, la vera causa operaia degli operai russi – egli dice – si riducono all’azione degli stessi operai per migliorare la loro situazione avvalendosi di tutti i mezzi possibili“, e nel novero di questi mezzi figurano ancora una volta solo le organizzazioni di sciopero e le associazioni legali! Il movimento operaio russo si ridurrebbe quindi, a quanto pare, agli scioperi e alle associazioni legali! Ma questa è una vera e propria menzogna! Il movimento operaio. russo ha fondato, già venti anni or sono, un’organizzazione più vasta, formulando compiti più ampi (approfondiremo. subito questo argomento). Il movimento operaio russo ha creato organizzazioni quali le Unioni di lotta di Pietroburgo e di Kiev, l’Unione operaia ebraica, ecc. R. M. dice, per la verità, che il movimento operaio ebraico presenta un “carattere politico particolare”, costituisce un’eccezione. Ma questo ancora una volta non è vero, poiché, se l’Unione operaia ebraica fosse stato un fenomeno “particolare”, non si sarebbe unita a una serie di altre organizzazioni russe, dando vita al “Partito operaio socialdemocratico russo”. La fondazione di questo partito costituisce il passo più importante del movimento operaio russo verso la sua fusione col movimento rivoluzionario russo. Questo passo ha chiaramente dimostrato che il movimento operaio russo non si riduce agli scioperi e alle associazioni legali. Come è potuto avvenire che i socialisti russi che scrivono sulla Rabociaia Mysl non vogliano vedere questo passo, non ne vogliano intendere il significato?

È avvenuto perché R. M. non comprende ne il rapporto esistente fra il movimento operaio russo, da una parte, e il socialismo e il movimento rivoluzionario della Russia, dall’altra, ne i compiti politici della classe operaia russa. “L’indice più caratteristico della direzione in cui si muove il nostro movimento – scrive R. M. – è dato naturalmente dalle rivendicazioni avanzate dagli operai”. Chiediamo perché mai tra gli indici del nostra movimento non vengano annoverate le rivendicazioni dei socialdemocratici e delle organizzazioni socialdemocratiche. Con quale diritto R. M. distingue le rivendicazioni degli operai da quelle dei socialdemocratici russi? E R. M. fa questa distinzione in tutto il suo articolo, come pure in generale la fa la redazione della Rabociaia Mysl in ogni numero del proprio giornale. Per chiarire questo errore della Rabociaia Mysl dobbiamo chiarire la questione generale del rapporto esistente fra socialismo movimento operaio. In tutti i paesi europei il socialismo e il movimento operaio sono dapprima esistiti separati l’uno dall’altro. Gli operai lottavano contro, i capitalisti, organizzavano scioperi e sindacati, mentre i socialisti stavano in disparte, staccati dal movimento operaio, creavano dottrine che criticavano il vigente regime capitalistico, borghese della società, chiedendone la sostituzione con un regime superiore, socialista. Il distacco esistente fra movimento operaio e socialismo rendeva deboli entrambi, ostacolandone Io sviluppo: le dottrine dei socialisti, non essendo fuse con la lotta operaia, rimanevano mere utopie, pii desideri senza alcuna influenza sulla vita reale; il movimento operaio restava un fenomeno ristretto, frazionato, non assumeva importanza politica, non era illuminato dalla scienza d’avanguardia del suo tempo. Vediamo perciò che in tutti i paesi europei si è andata manifestando con sempre maggior forza la tendenza a fondere socialismo e movimento operaio in un unico movimento socialdemocratico. Con questa fusione la lotta di classe degli operai si trasforma in lotta cosciente del proletariato per la sua emancipazione dallo sfruttamento operato ai suoi danni dalle classi abbienti e si sviluppa la forma suprema del movimento operalo socialista: il partito socialdemocratico operaio autonomo. L’avere indirizzato, il socialismo verso la fusione col movimento operalo è il maggior merito di K. Marx e F. Engels: essi hanno creato una teoria rivoluzionaria che ha spiegato le necessità di questa fusione e posto ai socialisti il compito di organizzare la lotta di classe del proletariato.

Le cose sono andate esattamente allo stesso modo anche in Russia. Anche da noi il socialismo è rimasto assai a lungo, per molti decenni, in disparte dalla lotta degli operai contro i capitalisti, dagli scioperi operai, ecc. Da una parte i socialisti non comprendevano la teoria di Marx, la ritenevano inapplicabile alla Russia; dall’altra il movimento operaio russo restava ancora rinchiuso in una forma affatto embrionale. Quando, nel 1875, si costituì l'”Unione operaia della Russia meridionale” e, nel 1878, 1′”Unione operaia della Russia settentrionale”, queste organizzazioni operaie erano estranee all’indirizzo dei socialisti russi; esse chiedevano diritti politici per il popolo e volevano lottare per questi diritti, mentre i socialisti russi ritenevano allora, erroneamente, che la lotta politica rappresentasse una deviazione dal socialismo. Ma i socialisti russi non si sono arrestati a questa loro teoria primitiva ed errata. Essi sono andati avanti, hanno assimilato la teoria di Marx, hanno elaborato, applicando quest’ultima alla Russia, la teoria del socialismo operaio, la teoria dei socialdemocratici russi. La fondazione della socialdemocrazia russa è il maggior merito del gruppo “Emancipazione del lavoro”, di Plekhanov, di Axelrod e dei loro amici. Fin dai tempi della fondazione della socialdemocrazia russa (1883) il movimento operaio russo, ogniqualvolta scendeva in campo su vasta scala, si accostava direttamente ai socialdemocratici russi, cercando di fondersi con loro. La fondazione del “Partito operaio socialdemocratico russo” (primavera del 1898) segna un enorme passo avanti sulla via di questa fusione. Attualmente il compito principale di tutti i socialisti e di tutti gli operai coscienti russi è quello di rafforzare questa fusione, di consolidare e organizzare il “Partito operaio socialdemocratico”. Chi non vuol saperne di questa fusione, chi cerca di provocare artificialmente una scissione tra il movimento operaio e la socialdemocrazia in Russia non aiuta, ma danneggia la causa del socialismo operaio e del movimento operaio in Russia.

Proseguiamo. “Per quanto riguarda le rivendicazioni di vasta portata – scrive R. M. – le rivendicazioni politiche, solo nelle rivendicazioni degli operai tessili di Pietroburgo… del 1897 vediamo i nostri operai avanzare per la prima volta e in modo ancora poco consapevole simili rivendicazioni politiche di vasta portata”. Ancora una volta dobbiamo dire che ciò è assolutamente falso. Pubblicando simili frasi, la redazione della Rabociaia Mysl rivela, in primo luogo, per ciò che riguarda la storia del movimento operaio e rivoluzionario russo, una smemoratezza imperdonabile per dei socialdemocratici, e in secondo luogo, un modo intollerabilmente angusto di concepire la causa operala. Rivendicazioni politiche di vasta portata furono avanzate dagli operai russi sia nel foglio del maggio 1898 dell’Unione di lotta di Pietroburgo e nel Sankt Peterburgski Raboci Listok e nella Rabociaia Gazieta, la quale dalle organizzazioni d’avanguardia dei socialdemocratici russi venne riconosciuta nel 1898 organo ufficiale del “Partito operalo socialdemocratico russo”. Ignorando tutto questo, la Rabociaia Mysl indietreggia e conferma pienamente l’opinione che essa rappresenti non gli operai d’avanguardia, ma gli strati più bassi, arretrati del proletariato (lo stesso R. M. nota nel suo articolo che alla Rabociaia Mysl è già stata fatta notare questa circostanza). Gli strati più bassi del proletariato ignorano la storia del movimento rivoluzionario russo, e la ignora anche R. M. Gli strati più bassi del proletariato non comprendono il rapporto esistente fra movimento operaio e socialdemocrazia, e non comprende questo rapporto neanche R. M. Perché gli operai russi, negli anni novanta, non hanno costituito proprie organizzazioni particolari separatamente dai socialisti, come negli anni settanta? Perché non hanno avanzato le loro rivendicazioni politiche separatamente dai socialisti? R. M. Io spiega, a quanto pare, col fatto che “gli operai russi sono ancora pochissimo preparati a ciò” (p. 5 del suo articolo), ma con una simile spiegazione egli non fa altro che confermare ancora una volta, sebbene non ve ne fosse bisogno, l’opinione che egli è autorizzato a parlare solo come rappresentante degli strati più bassi del proletariato. Gli strati più bassi degli operai durante il movimento degli anni novanta non avvertivano il carattere politico di questo stesso movimento. Ciò nonostante, però, tutti sanno (e lo dice lo stesso R. M.) che il movimento operaio degli anni novanta ha assunto una grande importanza politica. Ciò è avvenuto perché, come sempre e dappertutto, a determinare il carattere del movimento sono stati gli operai di avanguardia; la massa operaia li seguiva perché essi avevano dimostrato di avere la volontà e la capacità di servire la causa operaia, perché essi avevano saputo conquistarsi la sua piena fiducia. E questi operai d’avanguardia erano socialdemocratici; molti di essi, anzi, avevano, preso parte personalmente a quelle discussioni tra seguaci della “Volontà del popolo” e socialdemocratici che hanno caratterizzato il passaggio del movimento rivoluzionario russo dal socialismo contadino e dalle congiure al socialismo operaio. È dunque comprensibile perché questi operai d’avanguardia non si siano appartati ora dai socialisti e dai rivoluzionari per dar vita ad organizzazioni particolari. Un simile appartarsi aveva senso ed era necessario quando il socialismo si teneva in disparte dal movimento operalo. Sarebbe stato impossibile ed assurdo una volta che gli operai d’avanguardia avevano scorto dinanzi a sé il socialismo operaio e le organizzazioni socialdemocratiche. La fusione degli operai d’avanguardia con le organizzazioni socialdemocratiche era del tutto naturale ed inevitabile. Essa è stata il risultato del grande evento storico compiutosi negli anni novanta, quando si sono incontrati due profondi movimenti sociali della Russia: l’uno dato dal movimento spontaneo, popolare, sviluppatosi in seno alla classe operaia, l’altro dall’evoluzione del pensiero sociale verso la teoria di Marx e di Engels, verso la dottrina della socialdemocrazia.

Quanto sia angusto il concetto che la Rabociaia Mysl ha della lotta politica si può vedere da ciò che segue. Parlando delle rivendicazioni politiche di vasta portata R. M. scrive: e Ma perché una tale lotta politica possa essere condotta dagli operai in modo pienamente cosciente ed autonomo è necessario che a condurla siano le stesse organizzazioni operaie, che queste rivendicazioni politiche degli operai poggino su esigenze politiche generali e su interessi contingenti” (notate questo!), “di cui essi stessi abbiano coscienza, che queste rivendicazioni siano rivendicazioni delle stesse organizzazioni [corporative] degli operai, che esse vengano veramente elaborate collettivamente, nonché collettivamente avanzate da queste organizzazioni operaie, di loro propria iniziativa”… Segue poi il chiarimento, che le rivendicazioni politiche generali più urgenti degli operai restano ancora, per il momento la giornata lavorativa di dieci ore e il ripristino delle festività soppresse con la legge del 2 giugno, 1897. E dopo di ciò la redazione della Rabociaia Mysl può ancora meravigliarsi che l’accusino di ripudiare la politica! Ma ridurre cosi la politica alla lotta di unioni corporative per singole riforme non significa forse ripudiare la politica? Non significa ciò, forse, rinnegare il precetto fondamentale della socialdemocrazia mondiale secondo cui i socialdemocratici devono, sforzarsi di organizzare la lotta di classe del proletariato in partiti politici operai autonomi che si battano per la democrazia quale mezzo per la conquista del potere politico da parte del proletariato e per l’edificazione, ad opera di quest’ultimo, di una società socialista? Con una leggerezza davvero sconfinata i nostri nuovissimi falsificatori delle idee socialdemocratiche gettano a mare tutto ciò che é caro ai socialdemocratici, tutto ciò che ci autorizza a vedere nel movimento operaio un movimento di portata storica mondiale. Non li interessa che l’esperienza secolare del socialismo, europeo le della democrazia europea insegni che è necessario tendere a dar vita a partiti politici operai autonomi. Non li interessa che la storia del movimento rivoluzionario, russo abbia prodotto, dopo lungo travaglio, 1’unione del socialismo col movimento operaio, l’unione dei grandi ideali sociali le politici con la lotta di classe del proletariato. Non li interessa che gli operai russi d’avanguardia abbiano già gettato le basi del “Partito, operaio socialdemocratico russo”. Abbasso tutto questo! Liberiamoci di un bagaglio ideologico di portata troppo vasta e di una troppo pesante e impegnativa esperienza storica, e “rimangano per il momento” le sole unioni corporative (la possibilità di costituirne in Russia, se si prescinde dalle associazioni legali, non é stata ancora minimamente dimostrata), e queste unioni corporative avanzino rivendicazioni “di loro propria iniziativa”, rivendicazioni miranti a piccole minute riforme!! Cos’è mai questo? È una specie di predicazione del movimento retrogrado! Qualcosa come la propaganda della distruzione del socialismo!

E notate che la Rabociaia Mysl non si limita ad esporre l’idea che le organizzazioni locali debbano esse stesse elaborare le forme di lotta locali, individuando particolari motivi e metodi di agitazione, ecc., idea contro la quale nessuno avrebbe nulla da obiettare. I socialdemocratici russi non hanno mai nemmeno lontanamente preteso di limitare a questo riguardo l’indipendenza degli operai. No, la Rabociaia Mysl vuole accantonare completamente i grandi compiti politici del proletariato russo e limitarsi, “per il momento”, solo dagli “interessi contingenti”. Finora i socialdemocratici russi miravano, muovendo da ogni rivendicazione contingente, facendola oggetto di agitazione, ad organizzare il proletariato per la lotta, come suo obiettivo più urgente, contro l’autocrazia. Ora la Rabociaia Mysl vuole limitare la lotta del proletariato alla lotta spicciola per piccole rivendicazioni. Perfettamente consapevole di ripudiare le concezioni di tutta la socialdemocrazia russa, R. M. dà la seguente risposta agli accusatori della Rabociaia Mysl. Si dice che l’abbattimento dello zarismo è il compito più urgente del movimento operaio russo. Di quale movimento operaio precisamente? – chiede R. M. – “del movimento degli scioperi? delle società di mutuo soccorso? dei circoli operai?” (P.5 dell’articolo). Gli risponderemo: parlate pure a nome vostro, del vostro gruppo, degli strati più bassi del proletariato di una data località da esso rappresentata, ma non osate parlare a nome degli operai russi d’avanguardia! I rappresentanti più arretrati del proletariato spesso non sanno che la lotta per l’abbattimento dell’autocrazia può essere condotta solo da un partito rivoluzionario. Nemmeno R. M. lo sa. Ma gli operai russi d’avanguardia lo sanno. I rappresentanti più arretrati del proletariato spesso non sanno che il movimento operaio russo non si limita alla lotta mediante gli scioperi, alle società di mutuo soccorso e ai circoli operai, che il movimento operaio russo aspira da tempo ad organizzarsi in partito rivoluzionario ed ha dimostrato coi fatti quest’aspirazione. Nemmeno R. M. lo sa. Ma gli operai russi d’avanguardia lo sanno.

R. M. si sforza di far passare la sua assoluta incapacità di capire le idee socialdemocratiche per un determinato modo di intendere la “nostra realtà”. Esaminiamo un po’ più da vicino le sue opinioni a questo riguardo.

“Sul concetto stesso di autocrazia… – scrive R. M. – non ci diffonderemo in questa sede, presupponendo in ogni nostro interlocutore la nozione più precisa e più chiara di simili cose”. Vedremo subito che di simili cose Io stesso R. M. ha una nozione estrema mente imprecisa ed oscura, ma rileveremo prima un’altra circostanza. Ci sono degli operai fra gli interlocutori di R. M.? Certamente sì. Ma se è cosi, dove dovrebbero attingere la nozione più precisa dell’autocrazia? È evidente che a questo scopo occorre la più ampia e sistematica propaganda delle idee della libertà politica in generale, occorre un’agitazione che colleghi ad ogni singola manifestazione della violenza poliziesca e dell’oppressione burocratica una “nozione precisa” (nelle menti degli operai) dell’autocrazia. Parrebbe chiaro. Ma se è cosi, possono forse essere efficaci una propaganda ed agitazione contro l’autocrazia puramente locali? non è forse assolutamente necessario organizzarle in tutta la Russia sotto, forma di attività pianificata? ossia di attività di un unico partito? Perché mai R. M. non annovera tra i compiti più urgenti del movimento operaio russo quello di organizzare una propaganda ed agitazione sistematiche contro l’autocrazia? Solo perché dei compiti del movimento operaio russo e della socialdemocrazia russa egli ha la nozione più imprecisa e oscura.

R. M. passa poi a spiegare che l’autocrazia rappresenta una poderosa “forza personale” (burocrazia addestrata militarmente) e una poderosa “forza economica” (mezzi finanziari). Sorvolando i lati “imprecisi” di questa spiegazione (e di “cose imprecise” ve ne sono moltissime) passiamo, senz’altro al punto più importante:

“Ebbene – chiede R. M. alla socialdemocrazia russa -, non si suggerisce forse presentemente agli operai russi di fare dell’abbattimento di questa forza personale e della conquista di questa forza economica il primo e più urgente compito delle loro attuali (embrionali) organizzazioni? (non parliamo poi dei rivoluzionari che affermano che ad assumersi questo compito dovrebbero essere degli operai d’avanguardia)”.

Ci stropicciamo gli occhi meravigliati e rileggiamo per la seconda e per la terza volta questo passo stupefacente. Non ci saremo per caso sbagliati? No, non ci siamo sbagliati: effettivamente R. M. non sa che cosa voglia dire abbattimento dell’autocrazia. È inverosimile, ma è un fatto. Ma è poi giusto considerarlo inverosimile dopo la confusione d’idee rivelata da R. M.?

R. M. confonde la conquista del potere da parte dei rivoluzionari con l’abbattimento, da parte loro, dell’autocrazia.

I vecchi rivoluzionari russi (i seguaci della “Volontà del popolo”) propugnavano la conquista del potere da parte di un partito rivoluzionario. Dopo aver conquistato il potere, pensavano, “il partito avrebbe abbattuto la forza personale” dell’autocrazia, ossia al posto dei funzionari avrebbe nominato propri uomini di fiducia, “si sarebbe impadronito della forza economica”, ossia di tutti i mezzi finanziari dello Stato, ed avrebbe operato, un rivolgimento sociale. I seguaci della “Volontà del popolo” (quelli di una volta) miravano effettivamente all'”abbattimento della forza personale e alla conquista della forza economica” dell’autocrazia, se pure vogliamo impiegare, sull’esempio di R. M., queste goffe espressioni. I socialdemocratici russi sono decisamente insorti contro questa teoria rivoluzionaria. Plekhanov l’ha sottoposta ad una critica spietata nei suoi scritti Socialismo e lotta politica (1883) e Le nostre divergenze (1885), mostrando ai rivoluzionari russi il loro compito: dar vita ad un partito operaio rivoluzionario il cui scopo, più urgente dev’essere l’abbattimento dell’assolutismo. Ma che cosa vuol dire abbattimento dell’assolutismo? Per spiegarlo ad R. M. è necessario rispondere dapprima a questa domanda: che cos’è l’autocrazia? L’autocrazia (assolutismo, monarchia assoluta) é una forma di governo nella quale il sommo potere appartiene interamente ed esclusivamente (assolutamente) allo zar. Lo zar promulga le leggi, nomina i funzionari, raccoglie e spende il denaro del popolo, senza alcuna partecipazione del popolo alla legislazione e al controllo sull’amministrazione. Autocrazia significa quindi dispotismo dei funzionari le della polizia e mancanza di diritti per il popolo. Di questa mancanza di diritti soffre tutto il popolo, ma le classi abbienti (particolarmente i ricchi proprietari fondiari ed i capitalisti) esercitano un’influenza molto forte sulla burocrazia. La classe operaia, invece, soffre doppiamente: e per la mancanza di diritti di tutto il popolo russo, e per l’oppressione degli operai ad opera dei capitalisti, che costringono il governo a porsi al servizio dei loro interessi.

Che cosa significa abbattimento dell’assolutismo? Significa rinuncia, da parte dello zar, al potere assoluto significa accordare al popolo il diritto di eleggere dei propri rappresentanti per la promulgazione delle leggi, per controllare l’operato, dei funzionari, per controllare l’esazione e l’erogazione del pubblico denaro. Una simile forma di governo, nella quale il popolo prende parte alla legislazione e all’amministrazione, si chiama forma di governo costituzionale (costituzione = legge sulla partecipazione di rappresentanti del popolo alla legislazione e all’amministrazione dello Stato). Abbattere l’autocrazia significa quindi sostituire alla forma di governo autocratica quella costituzionale. Per abbattere l’autocrazia non occorre perciò affatto “abbattere la forza personale e conquistare la forza economica”; occorre costringere il governo zarista a rinunziare al proprio potere assoluto ed a convocare uno zemski sobor, formato di rappresentanti del popolo, che elabori una costituzione (“conquistare una costituzione democratica” [popolare, redatta negli interessi del popolo], come è detto nel progetto di programma dei socialdemocratici russi pubblicato, nel 1885 dal gruppo “Emancipazione del lavoro”).

Perché l’abbattimento dell’autocrazia dev’essere il primo compito della classe operaia russa? Perché con l’autocrazia la classe operaia non può dare ampio sviluppo alla sua lotta, non può conquistarsi posizioni solide di sorta ne nel campo economico, ne in quello politico, non può creare salde organizzazioni di massa, dispiegare dinanzi a tutte le masse lavoratrici la bandiera della rivoluzione sociale ed insegnar loro a battersi per quest’ultima. Solo con la libertà politica è possibile una lotta decisa di tutta la classe operaia contro la classe della borghesia, e il fine ultimo di questa lotta è la conquista del potere politico e l’organizzazione di una società socialista ad opera del proletariato. Sarà appunto questa conquista del potere politico da parte di un proletariato organizzato e reso esperto da un lungo tirocinio di lotta che rappresenterà effettivamente l’ “abbattimento della forza personale e la conquista della forza economica” del governo borghese, ma i socialdemocratici russi non hanno mai considerato questa presa del potere un compito immediato degli operai russi. I socialdemocratici russi hanno sempre detto che solo con la libertà politica, solo grazie ad una vasta lotta delle masse la classe operaia russa saprà dar vita alle organizzazioni necessarie per questa vittoria finale del socialismo.

Ma quale via deve seguire la classe operaia russa per abbattere l’autocrazia? Ecco i redattori della Rabociaia Mysl burlarsi perfino del gruppo “Emancipazione del lavoro”, che ha fondato la socialdemocrazia russa ed ha affermato nel suo programma che “la lotta contro l’autocrazia è un dovere anche per quei circoli operai che oggi costituiscono l’embrione del futuro partito operaio russo”. Alla Rabociaia Mysl (cfr. n. 7 e l’articolo che stiamo esaminando) ciò sembra ridicolo: abbattimento dell’autocrazia ad opera dei circoli operai! Su questo punto ai redattori della Rabociaia Mysl risponderemo: di chi ridete? Di voi stessi ridete! I redattori della Rabociaia Mysl si lamentano del fatto che i socialdemocratici russi non polemizzino con loro da compagni. Giudichino gli stessi lettori da quale parte si riscontri una polemica da non-compagni: se dalla parte dei vecchi socialdemocratici russi, che hanno enunciato con chiarezza le loro concezioni le dicono apertamente quali concezioni dei “giovani”, e perché, essi ritengano errate, oppure dalla parte dei “giovani”, che, senza nominare i loro avversari, dirigono subdolamente i loro strali ora contro “l’autore di un libro tedesco su Cernyscevski” (Plekhanov, che essi poi, senza alcun motivo mettono sullo stesso piano di certi autori legali), ora contro il gruppo “Emancipazione del lavoro”, citando e travisando brani del suo programma senza contrapporgli nessun determinato programma proprio. Si! Noi ammettiamo il dovere della solidarietà fra compagni, il dovere di sostenere tutti i compagni, il dovere di essere indulgenti verso le opinioni dei compagni, ma per noi il dovere di solidarietà fra compagni scaturisce dal dovere verso la socialdemocrazia russa e internazionale, e non viceversa. Ci consideriamo tenuti alla solidarietà fra compagni nei confronti della Rabociaia Mysl non perché i suoi redattori siano nostri compagni, ma riteniamo nostri compagni i redattori della Rabociaia Mysl solo perché le nella misura in cui essi lavorano nei ranghi della socialdemocrazia russa (e quindi anche internazionale). E perciò, se siamo convinti che dei “compagni” indietreggiano rispetto al programma socialdemocratico, che dei “compagni” restringono e deformano i compiti del movimento operaio, noi riteniamo nostro dovere esprimere la nostra convinzione con tutta chiarezza e senza reticenze di sorta!

Abbiamo detto or ora che i redattori della Rabociaia Mysl travisano le concezioni del gruppo “Emancipazione del lavoro”. Giudichi lo stesso lettore. “Siamo disposti a non capire quei nostri compagni scrive R. M. – che considerano il proprio programma di emancipazione del lavoro ” una semplice risposta alla domanda: dove attingere le forze per la lotta contro l’autocrazia? (e in un altro passo: “i nostri rivoluzionari guardano al movimento degli operai come al mezzo migliore per abbattere l’autocrazia”). Aprite il progetto di programma dei socialdemocratici russi, pubblicato dal gruppo “Emancipazione del lavoro,” nel 1885 e ripubblicato nell’opuscolo di P. B. Axelrod, Sul problema dei compiti attuali e della tattica della socialdemocrazia russa (Ginevra, 1898), e vedrete che a base del programma sono posti la piena emancipazione del lavoro dalla oppressione del capitale, il passaggio in proprietà sociale di tutti i mezzi di produzione, la conquista del potere politico da parte della classe operaia, la fondazione di un partito operaio rivoluzionario. Che R. M. travisi questo programma, che egli non voglia comprenderlo, è chiaro. Egli si afferra alle parole di P. B. Axelrod all’inizio dell’opuscolo, dove questi ha detto che il programma del gruppo “Emancipazione del lavoro” “è stato una risposta” alla domanda: dove attingere le forze per la lotta contro l’autocrazia? Ma è appunto un fatto storico che il programma del gruppo “Emancipazione del lavoro” è stato una risposta alla domanda dei rivoluzionari russi e alla domanda di tutto il movimento rivoluzionario, russo. E se il programma del gruppo “Emancipazione del lavoro” ha fornito una risposta a questa domanda, significa ciò forse che il movimento operaio fosse per questo gruppo “Emancipazione del lavoro” solo un mezzo? Questa incomprensione di R. M. attesta soltanto l’ignoranza dei fatti universalmente noti che si riferiscono all’azione del gruppo “Emancipazione del lavoro”.

Proseguiamo. Come questo “abbattimento dell’autocrazia” può essere compito dei circoli operai, R. M. non lo capisce. Aprite il programma del gruppo “Emancipazione del lavoro”: “Come mezzo principale della lotta politica dei circoli operai contro l’assolutismo – vi si dice – i socialdemocratici russi considerano l’agitazione in seno alla classe operaia e l’ulteriore diffusione tra gli operai delle idee socialiste e delle organizzazioni rivoluzionarie. Strettamente unite tra di loro in un tutto organico queste organizzazioni, non appagandosi di scontri parziali col governo, non esiteranno, nel momento opportuno, a passare ad un attacco generale, decisivo, contro di esso”. È appunto, questa la tattica seguita dalle organizzazioni russe che hanno fondato, nella primavera del 1898, il e Partito operaio socialdemocratico russo”. Ed esse hanno dimostrato che tali organizzazioni costituiscono in Russia un’ingente forza politica. Se queste organizzazioni daranno vita ad un unico partito e svolgeranno una larga agitazione contro il governo assoluto, utilizzando inoltre tutti gli elementi dell’opposizione liberale, non v’ha dubbio che tale partito potrà assolvere il compito di conquistare la libertà politica. Se i redattori della Rabociaia Mysl sono “propensi a non capire” ciò, noi siamo “propensi” a consigliar loro: istruitevi, signori, giacché in se e per se queste cose non sono poi tanto difficili da capire.

Ma torniamo a R. M., da noi lasciato immerso nei suoi ragionamenti sulla lotta contro l’autocrazia. La concezione personale di R. M. su questa questione illustra ancor più chiaramente la tendenza nuova, retrograda, rappresentata dalla Rabociaia Mysl.

“Che l’autocrazia debba finire è chiaro”, scrive R. M. … La lotta contro l’autocrazia è, per tutti gli elementi sociali dotati di vitalità, una delle condizioni che rende possibile un sano sviluppo”. Ne deriva dunque, penserà il lettore, che la lotta contro l’autocrazia è necessaria anche per la classe operaia? No, aspettate. R. M. ha una logica ed una terminologia tutte sue. Con la parola lotta egli, aggiungendo la parola “sociale” (lotta), intende qualcosa di affatto particolare. Dopo aver descritto l’opposizione legale esercitata contro il governo da numerosi strati della popolazione russa, R. M. conclude: “Anche la lotta per l’autonomia degli zemstvo e delle amministrazioni cittadine, la lotta per una scuola pubblica, la lotta per la pubblica assistenza alla popolazione affamata, ecc. è lotta contro l’autocrazia”. “La necessità di una lotta sociale contro l’autocrazia dei funzionari è evidente a tutti gli strati e gruppi coscienti e progressivi della popolazione. Ma non basta. Questa lotta sociale, pur non riscuotendo, per uno strano malinteso, la simpatia e l’attenzione di molti scrittori rivoluzionari russi, come abbiamo visto viene già condotta dalla società russa, e non da ieri soltanto”. “Il vero problema riguarda il modo in cui questi singoli strati sociali… possono condurre questa” (notatelo!) “lotta contro l’autocrazia col maggior successo possibile… Per noi poi il problema principale è: come devono condurre questa lotta sociale contro, l’autocrazia i nostri operai”…

In questi ragionamenti di R. M. viene ancora una volta ammassato un incredibile cumulo di idee confuse e sbagliate.

In primo luogo, R. M. confonde l’opposizione legale con la lotta contro l’autocrazia, con la lotta per l’abbattimento dell’autocrazia. Questa sua confusione, imperdonabile per un socialista, deriva dall’espressione “lotta contro l’autocrazia”, che egli adopera senza spiegarla: questa espressione può significare (con riserva) anche lotta contro l’autocrazia, ma può significare altresì lotta contro singoli provvedimenti dell’autocrazia sul terreno dello stesso regime autocratico.

In secondo luogo, R. M., considerando l’opposizione legale come lotta sociale contro l’autocrazia e dicendo che i nostri operai devono condurre “questa lotta sociale”, giunge a sostenere che i nostri operai devono condurre non una lotta rivoluzionaria contro l’autocrazia, ma devono opporsi all’autocrazia legalmente, giunge, cioè, a degradare in modo scandaloso la socialdemocrazia ed a confonderla col liberalismo russo più dozzinale e meschino.

In terzo luogo, R. M. dice una vera e propria menzogna sul conto degli scrittori socialdemocratici russi (R. M., per la verità, preferisce, “da buon compagno”, muovere rimproveri senza far nomi. Ma se egli non ha in mente i socialdemocratici, le sue parole sono prive di senso) quando afferma che essi non presterebbero attenzione all’opposizione legale. AI contrario, sia il gruppo “Emancipazione del lavoro”, sia, in particolare, P. B. Axelrod, sia il Manifesto del Partito operaio socialdemocratico russo, sia l’opuscolo I compiti dei socialdemocratici russi (pubblicato dal “Partito operaio socialdemocratico russo” e definito da Axelrod commento al Manifesto) hanno tutti non solo prestato attenzione all’opposizione legale, ma anche chiarito con assoluta precisione il rapporto esistente fra quest’ultima e la socialdemocrazia.

Spiegheremo tutto ciò. Quale “lotta contro l’autocrazia” conducono, i nostri zemstvo, le associazioni liberali in generale, la stampa liberale? Conducono forse una lotta contro l’autocrazia, una lotta per l’abbattimento dell’autocrazia? No, non hanno mai condotto e non conducono una simile lotta. Solo i rivoluzionari, usciti non di rado dall’ambiente di un’associazione liberale e sostenuti dalla simpatia di quell’associazione, conducono una simile lotta. Ma condurre una lotta rivoluzionaria é cosa ben diversa dal simpatizzare coi rivoluzionari e dall’appoggiarli; la lotta contro l’autocrazia è cosa ben diversa dall’opposizione legale all’autocrazia. I liberali russi esprimono il loro malcontento nei confronti dell’autocrazia solo in una forma che la stessa autocrazia autorizza, in una forma, cioè, che l’autocrazia riconosce innocua per l’autocrazia. La maggiore manifestazione dell’opposizione liberale sono state finora le istanze con le quali i liberali hanno chiesto al governo dello zar di far partecipare il popolo alla pubblica amministrazione. E i liberali hanno ogni volta sopportato pazientemente i brutali rifiuti polizieschi alle loro istanze, hanno sopportato le illegali e feroci persecuzioni con cui un governo di gendarmi ha ricompensato perfino i tentativi legali di esprimere la propria opinione. Trasformare senz’altro l’opposizione liberale in lotta sociale contro l’autocrazia significa travisare apertamente le cose, perché i liberali russi non hanno mai organizzato un partito rivoluzionario per una lotta volta all’abbattimento dell’autocrazia, anche se hanno sempre potuto e possono trovare per questo fine e mezzi materiali e rappresentanti all’estero del liberalismo russo. Ma R. M. non solo travisa le cose, bensì immischia nella faccenda anche il nome di un grande socialista russo, N. G. Cernyscevski. “Alleati degli operai in questa lotta – scrive R. M.- sono tutti gli strati progressivi della società russa che difendono i propri interessi e le proprie istituzioni sociali, comprendendo chiaramente il proprio tornaconto generale, e “non dimenticano mai” [R. M. cita Cernyscevski] quanto sia grande “la differenza che passa fra il caso in cui una qualunque riforma sia attuata su decisione autonoma del governo e quello in cui tale riforma sia attuata dietro formale rivendicazione della società“. Se questo giudizio va riferito a tutti i rappresentanti della “lotta sociale” come la intende R. M., cioè a tutti i liberali russi, si tratta di un vero e proprio falso. Di rivendicazioni formali al governo i liberali russi non ne hanno mai presentato, ed è appunto perciò che non hanno mai svolto e non possono, in alcun modo svolgere ora una funzione rivoluzionaria autonoma. Alleati della classe operaia e della socialdemocrazia non Possono essere “tutti gli strati progressivi della società”, ma solo partiti rivoluzionari fondati da membri di questa società. I liberali, invece, possono e devono in generale rappresentare solo una delle fonti da cui provengono forze e mezzi supplementari per il partito operaio rivoluzionario (come appunto diceva con piena chiarezza P. B. Axelrod nell’opuscolo sopraccitato). N. G. Cernyscevski derideva spietatamente gli e strati progressivi della società russa” appunto perché non comprendevano la necessità di presentare al governo rivendicazioni formali ed assistevano passivamente alla fine, sotto i colpi del governo autocratico, dei rivoluzionari provenienti dai loro ranghi. R. M. cita qui Cernyscevski in modo altrettanto assurdo quanto sono assurdi, nel secondo articolo del Supplemento speciale, i frammenti di Cernyscevski citati a vanvera e volti a dimostrare che Cernyscevski non sarebbe stato un utopista e che i socialdemocratici russi non avrebbero apprezzato appieno l’importanza del “grande socialista russo”. Nel suo libro su Cernyscevski (articoli apparsi nella rivista Sozial-Demokrat e pubblicati in volume a se in tedesco) Plekhanov ha pienamente apprezzato l’importanza di Cernyscevski, mettendo in luce la relazione esistente fra il suo pensiero e la teoria di Marx e di Engels. La redazione della Rabociaia Mysl non ha fatto invece che svelare la sua incapacità di darci una valutazione in qualche modo coerente e completa di Cernyscevski, dei suoi lati forti e di quelli deboli.

Il “vero problema” della socialdemocrazia russa non è affatto quello del modo in cui i liberali debbono condurre la “lotta sociale” (con la quale espressione R. M., come abbiamo visto, intende l’opposizione legale), ma quello di come organizzare un partito operaio rivoluzionario che lotti per l’abbattimento dell’assolutismo, un partito che possa appoggiarsi a tutti gli elementi di opposizione esistenti in Russia, che possa utilizzare tutte le manifestazioni di opposizione per la sua propria lotta rivoluzionaria. A questo fine e appunto necessario un partito operaio rivoluzionario, perché solo la classe operaia può essere in Russia un combattente deciso e conseguente per la democrazia, perché senza l’energica azione di un tale partito gli elementi liberali “possono rimanere allo stato di forza indolente e passiva, sonnecchiante” (P. B. Axelrod, opuscolo citato, P. 23). Dicendo che i nostri “strati più avanzati” conducono una “efficace [!!] lotta sociale contro l’autocrazia” (P. 12 dell’articolo di R. M.), che “per noi il problema principale è quello di come devono condurre questa lotta sociale contro l’autocrazia i nostri operai”. dicendo simili cose, R. M., in sostanza, si stacca completamente dalla socialdemocrazia. Non ci resta che consigliare seriamente ai redattori della Rabociaia Mysl di riflettere bene dove vogliono andare e quale sia il loro vero posto: se fra i rivoluzionari, che portano tra le classi lavoratrici la bandiera della rivoluzione sociale e vogliono organizzarle in un partito politico rivoluzionario, oppure fra i liberali, che conducono, la propria “lotta sociale” (cioè l’opposizione legale). Poiché nella teoria dell'”iniziativa sociale”, degli operai, nella teoria del “mutuo soccorso sociale” e delle unioni corporative che si limitano, “per il momento”, alla giornata lavorativa di dieci ore, nella teoria della “lotta sociale” contro l’autocrazia ad opera degli zemstvo, delle associazioni liberali ecc., in questa teoria non c’è assolutamente nulla di socialista, nulla che i liberali non accetterebbero! Tutto il programma della Rabociaia, Mysl (nei limiti in cui si può qui parlare di programma) tende in sostanza a lasciare gli operai russi nel loro stato di arretratezza e di frazionamento e a farne un’appendice dei liberali!

Alcune frasi di R. M. sono particolarmente strane. “Tutto il guaio sta nel fatto – sentenzia R. M. – che i nostri intellettuali rivoluzionari, spietatamente perseguitati dalla polizia politica, considerano la lotta con questa polizia politica come lotta politica contro l’autocrazia”. Che senso può avere una simile affermazione? La polizia politica porta questo, nome proprio perché perseguita i nemici dell’autocrazia e coloro che combattono quest’ultima. Perciò anche la Rabociaia Mysl, dato che non ha ancora portato a termine la sua trasformazione in senso liberale, si batte contro la polizia politica, come contro di essa si battono tutti i rivoluzionari e i socialisti, tutti gli operai coscienti russi. Dal fatto che la polizia politica perseguita spietatamente i socialisti e gli operai, che l’autocrazia possiede “un’organizzazione efficiente”, “uomini di Stato capaci ed abili” (p.7 dell’articolo di R M.), da questo fatto possono scaturire solo due conclusioni: il liberale pusillanime e meschino ne dedurrà che il nostro popolo in generale e gli operai in particolare sono ancora poco preparati alla lotta e che bisogna riporre tutte le speranze nella “lotta” degli zemstvo, della stampa liberale, ecc., poiché questa è un'”autentica lotta contro l’autocrazia”, e non solo una lotta contro la polizia politica. Il socialista ed ogni operaio cosciente ne dedurrà che il partito operaio deve anch’esso tendere con tutte le sue forze ad avere un'”organizzazione efficiente”, a formare tra gli operai d’avanguardia ed i socialisti dei “militanti rivoluzionari capaci ed abili”, che portino il partito operaio al livello di combattente d’avanguardia per la democrazia e sappiano raccogliere intorno ad esso tutti gli elementi. di opposizione.

I redattori della Rabociaia Mysl non si rendono conto di essersi posti su un piano inclinato sul quale stanno slittando verso la prima conclusione!

O ancora: “In questi programmi”, cioè nei programmi dei socialdemocratici, – scrive R. M. – “ci colpisce anche il fatto che essi pongano costantemente in primo piano i vantaggi dell’azione degli operai nel parlamento (che da noi non esiste), mentre ignorano del tutto… l’importanza della partecipazione degli operai” alle assemblee legislative dei fabbricanti, agli organismi che si occupano delle questioni inerenti alle fabbriche, alla pubblica autoamministrazione delle città (p. 15). Se non si pongono in primo piano i vantaggi del parlamento, come faranno gli operai ad acquisire la nozione di diritti politici e libertà politica? Passare sotto silenzio queste questioni – come fa il giornale Rabociaia Mysl – non significa forse mantenere nell’ignoranza politica gli strati più bassi degli operai? Quanto alla partecipazione degli operai alla pubblica amministrazione delle città, nessun socialdemocratico ha mai e in nessun luogo negato l’utilità e l’importanza dell’azione svolta da operai socialisti nell’amministrazione autonoma delle città ma è ridicolo parlare di ciò in Russia dove il socialismo non ha alcuna possibilità di presentarsi apertamente, dove l’entusiasmare gli operai per l’amministrazione autonoma delle città (anche se ciò fosse possibile) vorrebbe dire in pratica distogliere gli operai d’avanguardia dalla causa operaia socialista ed indirizzarli, verso il liberalismo.

“L’atteggiamento degli strati avanzati degli operai – dice R. M. – verso un tale governo [quello autocratico]…. è altrettanto comprensibile quanto l’atteggiamento degli operai verso i fabbricanti”. Vuol dire – se ne deduce in base all’umano buon senso – che gli strati avanzati degli operai sono dei socialdemocratici non meno coscienti dei socialisti che provengono dalle file degli intellettuali, e perciò il tentativo della Rabociaia Mysl di dividere gli uni dagli altri è assurdo e dannoso. Vuol dire che la classe operaia russa ha già creato e sviluppato in maniera autonoma gli elementi necessari per dar vita ad un partito politico operaio autonomo. Ma dal fatto della coscienza politica degli strati avanzati degli operai i redattori della Rabociaia MysI deducono… che è necessario far retrocedere questi elementi d’avanguardia, allo scopo di far loro segnare il passo! “Quale lotta sarebbe desiderabile che gli operai conducessero?”, chiede R. M., e risponde: la lotta desiderabile è quella possibile, e possibile è quella che gli operai “conducono” “al presente”!!! Sarebbe difficile esprimere in forma più cruda quell’opportunismo stolido e senza principi dal quale sono affetti i redattori della Rabociaia Mysl, infatuati del “bernsteinismo”, ora di moda! Desiderabile è ciò che è possibile, e possibile è ciò che esiste al presente! Sarebbe come se ad un uomo che si accingesse a un cammino lungo e difficile, irto di ostacoli e ingombro di nemici, e chiedesse: dove devo andare?, si rispondesse: è desiderabile andare dove è possibile, ed è possibile andare dove vai in questo momento! Questo è vero e proprio nichilismo, ma non nichilismo rivoluzionario, bensì opportunistico, quale viene professato, o dagli anarchici o dai liberali borghesi! “Esortando” gli operai russi ad una lotta “parziale” e “politica”, (e qui per lotta politica si intende non la lotta contro l’autocrazia, ma solo la “lotta per il miglioramento della situazione di tutti gli operai”), R. M. esorta apertamente il movimento operaio russo e la socialdemocrazia russa a fare un passo indietro, esorta, in sostanza, gli operai a staccarsi dai socialdemocratici e a gettare così a mare tutte le conquiste dell’esperienza europea e russa! Per una lotta volta a migliorare la loro situazione e che non vada oltre tale obiettivo, gli operai non hanno alcun bisogno dei socialisti. In qualsiasi paese si potranno trovare degli operai che lottino per migliorare la propria situazione, pur non sapendo nulla di socialismo o assumendo addirittura un atteggiamento ostile nei suoi confronti.

“Per concludere – scrive R.M. – qualche parola sull’idea che noi ci facciamo del socialismo operaio”. Dopo quanto è stato esposto sopra il lettore non avrà più difficoltà ad immagine quale Possa essere quest'”idea”. Si tratta di una semplice rimasticatura del libro “alla moda” di Bernstein. AI posto della lotta di classe del proletariato i nostri “giovani” socialdemocratici pongono l'”iniziativa sociale e politica degli operai”. Se rammenteremo come R. M. intenda la “lotta” sociale e la “politica”, ci sarà chiaro che si tratta di un vero e proprio ritorno alla “formula” di certi scrittori russi legali. Anziché indicare chiaramente il fine (e l’essenza) del socialismo: passaggio della terra, delle fabbriche, ecc., e, in generale, di tutti i mezzi di produzione in proprietà di tutta la società e sostituzione della produzione capitalistica con una produzione in base ad un piano generale negli interessi di tutti i membri della società, anziché far questo, R. M. indica dapprima Io sviluppo delle unioni corporative e delle cooperative di consumo e solo per inciso dice che il socialismo porta alla completa socializzazione di tutti i mezzi di produzione. In compenso viene stampato in neretto che e il socialismo non è altro che l’ulteriore, più elevato sviluppo della moderna socialità”: frase presa a prestito da Bernstein e che non solo non chiarisce, ma rende più oscuro il significato e l’essenza del socialismo. Tutti i liberali e tutti i borghesi sostengono incondizionatamente lo “sviluppo della moderna socialità”, per cui tutti costoro si rallegreranno dell’affermazione di R. M. Ciò nonostante, però, i borghesi sono nemici del socialismo. Il fatto è che la “moderna socialità” presenta moltissimi lati differenti, e di coloro che impiegano questa espressione generica l’uno ha in vista un lato, l’altro, un altro lato. Anziché spiegare agli operai il concetto di lotta di classe e di socialismo, R. M. non fa dunque che coniare frasi nebulose e che disorientano. Infine, anziché indicare il mezzo, che il socialismo moderno ha proposto per l’attuazione del socialismo – conquista. del potere politico da parte del proletariato organizzato – invece di far questo R. M. parla solo del passaggio, della produzione sotto la loro (degli operai) gestione sociale, o sotto la gestione di un potere sociale democratizzato “mediante la loro [degli operai] attiva partecipazione agli organismi che si occupano di tutte le possibili questioni delle fabbriche e delle officine, ai collegi arbitrali, ad ogni sorta di assemblee, commissioni ed incontri per l’elaborazione delle leggi riguardanti il lavoro, mediante la partecipazione degli operai all’amministrazione autonoma e infine ad un organismo rappresentativo generale del paese”. I redattori della Rabociaia Mysl considerano quindi socialismo operaio solo quello che viene conseguito mediante la via pacifica, escludendo, la via rivoluzionaria. In questo modo il socialismo viene reso più angusto ed abbassato al livello di un dozzinale liberalismo borghese, il che rappresenta, ancora una volta, un enorme passo, indietro rispetto alle concezioni di tutti i socialdemocratici russi e della stragrande, schiacciante maggioranza dei socialdemocratici europei. La classe operaia preferirebbe, certo prendere il potere nelle proprie mani in modo pacifico (abbiamo già detto prima che questa presa del potere può essere attuata solo da una classe operaia organizzata che sia passata attraverso la scuola della lotta di classe), ma rinunciare alla conquista rivoluzionaria del potere costituirebbe per il proletariato, sia dal punto di vista teorico che dal punto, di vista politico-pratico, una follia, ed altro non significherebbe che una vergognosa concessione alla borghesia ed a tutte le classi abbienti. È molto probabile – anzi è la cosa più probabile – che la borghesia non farà delle concessioni pacifiche al proletariato, ma ricorrerà, nel momento decisivo, alla difesa dei propri privilegi con la violenza. In tal caso alla classe operaia non rimarrà, per la realizzazione del suo fine, altra via che la rivoluzione. Ecco perché il programma del “socialismo operaio,” parla in generale di conquista del potere politico, senza precisare il modo di questa conquista, dato che la scelta di questo modo dipende dal futuro, che noi non possiamo determinare con precisione. Ma limitare l’azione del proletariato in ogni caso alla sola “democratizzazione” pacifica significa, ripetiamo, rendere del tutto arbitrariamente angusto e banale il concetto di socialismo operaio.

Non staremo ad esaminare altrettanto particolareggiatamente gli altri articoli del Supplemento speciale. Dell’articolo per il decimo anniversario della morte di Cernyscevski abbiamo già detto. Quanto poi alla propaganda che i redattori della Rabociaia Mysl svolgono a favore del bernsteinismo, propaganda cosi caldeggiata in tutto il mondo da tutti i nemici del socialismo in generale, e dai liberali borghesi in particolare, e recisamente condannata (al Congresso di Hannover) dalla stragrande maggioranza dei socialdemocratici tedeschi e degli operai coscienti tedeschi, ossia per ciò che riguarda il bernsteinismo, non è il caso di parlarne particolareggiatamente in questa sede. Ciò che qui ci interessa è il bernsteinismo russo, ed abbiamo già messo in rilievo quale sconfinata confusione di idee, quale mancanza di qualsiasi traccia di concezioni originali, quale deciso passo, indietro rispetto alle convinzioni della socialdemocrazia russa rappresenti questo “nostro” bernsteinismo. Quanto al bernsteinismo tedesco, è preferibile lasciar parlare i tedeschi stessi. Ci limiteremmo a rilevare ancora che il bernsteinismo russo è ad un livello infinitamente più basso ancora di quello tedesco. A Bernstein, nonostante tutti i suoi errori e nonostante la sua evidente tendenza a retrocedere sia nel campo teorico che nel campo politico, è rimasta ancora abbastanza intelligenza ed onestà da rinunciare, non essendo giunto a nessuna nuova teoria e a nessun nuovo programma, a proporre emendamenti al programma della socialdemocrazia tedesca, e all’ultimo momento, quello, decisivo, ha dichiarato, di accettare la risoluzione di Bebel, risoluzione che proclamava solennemente di fronte a tutto il mondo che la socialdemocrazia tedesca rimane ferma al suo vecchio programma e alla sua vecchia tattica. E i nostri bernsteiniani russi? Pur non avendo fatto nemmeno la centesima parte di ciò che ha fatto Bernstein, essi giungono al punto di voler addirittura disconoscere il fatto che tutte le organizzazioni socialdemocratiche russe hanno gettato, nel 1898 le basi del “Partito operaio socialdemocratico russo”, hanno pubblicato un suo Manifesto e proclamato suo organo ufficiale la Rabociaia Gazieta, e che tutte queste pubblicazioni stanno interamente sul terreno del “vecchio” programma dei socialdemocratici russi. I nostri bernsteiniani non sembrano nemmeno rendersi conto che, anche se hanno ripudiato queste vecchie concezioni e sono giunti a delle nuove concezioni, hanno un dovere morale, al quale sono tenuti di fronte a tutta la socialdemocrazia russa e di fronte ai socialisti ed operai che hanno impegnato tutte le loro forze per preparare e fondare il e Partito operaio socialdemocratico russo che ora in massima parte riempiono le carceri russe; questo dovere esige che i rappresentanti di nuove concezioni non si limitino a subdole punzecchiature contro i “nostri rivoluzionari” in generale, ma dichiarino direttamente e apertamente con chi precisamente e su che cosa essi non sono d’accordo, quali sono precisamente le nuove concezioni e il nuovo programma che essi presentano al posto dei vecchi.

Ci rimane da esaminare ancora una questione, forse la più importante: come spiegare il sorgere di una simile corrente retrograda nella socialdemocrazia russa? A nostro avviso la cosa non si può spiegare con le sole doti personali dei redattori della Rabociaia Mysl, con la sola influenza del bernsteinismo ora di moda. La cosa si spiega, a nostro avviso, soprattutto con una particolarità dello sviluppo storico della socialdemocrazia russa, particolarità che ha portato – e doveva temporaneamente portare – ad intendere il socialismo operaio in maniera angusta.

Negli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta, quando i socialdemocratici iniziarono la loro azione pratica in Russia, essi si trovarono di fronte, in primo luogo, i seguaci della “Volontà del politica popolo”, che li rimproveravano di estraniarsi dalla lotta lasciata loro in retaggio dal movimento rivoluzionario russo e contro i quali svolsero un’accanita polemica, e, in secondo luogo, la società liberale russa, la quale era parimenti scontenta della svolta che aveva spostato il movimento rivoluzionario dalla “Volontà del popolo” alla socialdemocrazia. La polemica sia coi primi che coi secondi verteva sulla questione della politica. Lottando contro l’angusta concezione dei seguaci della “Volontà del popolo”, che riducevano la politica alle congiure, poteva accadere, e talvolta accadeva, che i socialdemocratici si pronunciassero contro la politica in generale (dato, che regnava un determinato modo angusto di intendere la politica). D’altra parte, nei salotti liberali e radicali della “società” borghese i socialdemocratici non di rado potevano udire espressioni di rammarico per il fatto che i rivoluzionari avevano, rinunciato al terrorismo: individui che tenevano soprattutto alla propria pelle e che nel momento decisivo avevano negato appoggio agli eroi che infliggevano colpi all’autocrazia, questa gente accusava ipocritamente i socialdemocratici di indifferentismo politico e auspicava ardentemente il risorgere di un partito che le togliesse le castagne dal fuoco. Era naturale che i socialdemocratici fossero pervasi da odio per simile gente e per le loro frasi e si dedicassero ad un’attività più minuta ma in compenso più seria di propaganda fra il proletariato delle fabbriche e delle officine. Il carattere angusto di quest’attività era da principio inevitabile e trovava la sua espressione anche in affermazioni anguste di certi socialdemocratici. Questo carattere angusto, tuttavia, non spaventava nemmeno quei socialdemocratici che non avevano affatto dimenticato i grandiosi obiettivi storici del movimento operaio russo. Poco importa se le parole dei socialdemocratici hanno talvolta un carattere angusto: in compenso è ampia la loro azione. In compenso essi non si perdono in inutili congiure, non fan causa comune coi Balalaikin del liberalismo borghese, ma s’inseriscono nell’unica classe veramente rivoluzionaria, contribuendo a sviluppare le sue forze! A misura che la propaganda socialdemocratica si amplierà, essi pensavano, questo carattere angusto sparirà da se. E ciò in gran parte è effettivamente avvenuto. Dalla propaganda si è passati ad una vasta agitazione. La vasta agitazione, naturalmente, ha accresciuto sempre più il numero degli operai d’avanguardia coscienti; hanno cominciato a sorgere organizzazioni rivoluzionarie (“Unioni di lotta” di Pietroburgo, di Kiev, ecc., Unione operaia ebraica). Queste organizzazioni, naturalmente, han cominciato a tendere verso la fusione, il che infine è loro riuscito: esse si sono unite ed hanno gettato le basi del “Partito operaio socialdemocratico russo”. Sembrava che non vi dovesse essere ormai più posto per il vecchio carattere angusto e che esso sarebbe stato definitivamente liquidato. Ma le cose sono andate diversamente: l’estendersi dell’agitazione ha portato i socialdemocratici a contatto con gli strati più bassi, meno evoluti del proletariato; per attirare questi strati l’agitatore doveva sapersi adeguare al più basso livello ideologico, e ci si è abituati a porre in primo piano “rivendicazioni ed interessi contingenti”, accantonando i gran 1 ideali del socialismo e della lotta politica. Il carattere frazionato, all’artigiana, dell’attività socialdemocratica, il legame estremamente debole fra i circoli delle diverse città, fra i socialdemocratici russi ed i loro compagni degli altri paesi, che avevano una preparazione più solida, e una più ricca esperienza rivoluzionaria, e un più vasto orizzonte politico, hanno fatto si, naturalmente, che questo aspetto (assolutamente necessario) dell’attività socialdemocratica assumesse un’importanza eccessiva e potesse indurre singoli individui a dimenticare gli altri aspetti, tanto più che ad ogni rovescio gli operai e gli intellettuali più coscienti venivano eliminati dai ranghi dell’esercito attivo e non si poteva ancora formare una solida tradizione e continuità rivoluzionarie. E appunto in questa eccessiva accentuazione di un solo aspetto dell’attività socialdemocratica che noi scorgiamo la causa fondamentale del deplorevole abbandono degli ideali della socialdemocrazia russa. Aggiungete a questo l’infatuazione per un libercolo alla moda, l’ignoranza della storia del movimento rivoluzionario russo e l’infantile pretesa all’originalità, ed avrete tutti gli elementi che costituiscono la “corrente retrograda nella socialdemocrazia russa”.

Dobbiamo perciò soffermarci più ampiamente sul rapporto esistente tra gli strati avanzati del proletariato e i suoi strati più bassi e sull’importanza dell’attività socialdemocratica in seno agli uni e in seno agli altri.

La storia del movimento operaio di tutti i paesi indica che le idee del socialismo vengono assimilate prima di tutto e più facilmente dagli strati operai che stanno meglio. Tra questi ultimi si reclutano gli operai d’avanguardia che ogni movimento operaio esprime dal proprio seno, operai che sanno, conquistarsi la piena fiducia delle masse operaie, si dedicano interamente alla causa dell’educazione e dell’organizzazione del proletariato, assimilano il socialismo in modo pienamente cosciente e elaborano perfino le teorie socialiste in maniera autonoma. Ogni movimento operaio vitale ha espresso dal proprio seno simili capi operai, ha espresso i suoi Proudhon, i Vaillant, i Weitling ed i Bebel. Anche il nostro movimento operaio russo promette di non rimanere indietro, a questo riguardo, rispetto al movimento europeo. Mentre la società colta perde interesse per la letteratura illegale, onesta, fra gli operai cresce l’appassionato anelito al sapere ed al socialismo, tra gli oprai emergono autentici eroi, i quali – nonostante il lavoro forzato, abbrutente della fabbrica – trovano in se stessi abbastanza carattere e forza di volontà per studiare, studiare e ancora studiare e fare di sé dei socialdemocratici coscienti, degli “intellettuali operai” e noi dobbiamo fare ogni sforzo possibile perché le loro file si estendano continuamente, perché le loro elevate esigenze intellettuali vengano soddisfatte appieno, perché dai loro ranghi emergano dei dirigenti del Partito operaio socialdemocratico russo. Il giornale che voglia diventare organo di tutti i socialdemocratici russi deve perciò essere al livello degli operai d’avanguardia; non solo esso non deve abbassare artificialmente i1 proprio livello, ma deve al contrario elevarlo costantemente, affrontando tutte le questioni tattiche, politiche e teoriche della socialdemocrazia mondiale. Solo allora le esigenze degli intellettuali operai saranno soddisfatte, e il giornale potrà prendere direttamente nelle proprie mani la causa operaia russa, e quindi anche la causa rivoluzionaria russa.

Lo strato numericamente esiguo degli operai d’avanguardia è seguito da un largo strato di operai medi. Anche questi operai anelano avidamente al socialismo, entrano a far parte dei circoli operai leggono giornali e libri socialisti, partecipano all’agitazione, distinguendosi dallo strato precedente solo in quanto non possono diventare dirigenti pienamente autonomi del movimento operaio socialdemocratico. Del giornale, che sarebbe l’organo del partito l’operaio medio non capirà alcuni articoli, non afferrerà con chiarezza una complessa questione teorica o pratica. Da ciò non deriva affatto che il giornale debba abbassarsi al livello della massa dei suoi lettori. Al contrario, il giornale deve appunto elevare il loro livello e contribuire a fare emergere degli operai d’avanguardia dallo strato medio degli operai. Assorbito interamente dall’attività pratica locale, interessato soprattutto alla cronaca del movimento operaio ed alle questioni immediate dell’agitazione, l’operaio di questo tipo non deve mai neppure per un istante distogliere il pensiero da tutto il movimento operaio russo, dal suo compito storico, dal suo compito storico, dal fine ultimo del socialismo, per cui il giornale, i cui lettori sono costituiti in gran parte da operai medi, deve necessariamente collegare ogni questione locale e limitata al socialismo e alla lotta politica.

Lo strato medio, infine, è seguito dalla massa degli strati più bassi del proletariato. È possibilissimo che un giornale socialista sia per loro completamente o quasi completamente inaccessibile (anche nell’Europa occidentale il numero degli elettori socialdemocratici supera di gran lunga quelle, dei lettori dei giornali socialdemocratici), ma sarebbe assurdo dedurne che un giornale dei socialdemocratici debba adeguarsi al livello più basso possibile degli operai. Da ciò deriva soltanto che questi strati devono essere toccati da altri mezzi di agitazione e di propaganda: opuscoli redatti nel modo più popolare, propaganda orale e – principalmente – fogli a proposito degli avvenimenti locali. E i socialdemocratici non devono limitarsi nemmeno a questo: è possibilissimo che i primi passi volti a destare la coscienza negli strati più bassi degli operai debbano essere compiuti dall’attività educativa legale. Per il partito è molto importante utilizzare questa attività, indirizzandola appunto là dove se ne sente maggiormente il bisogno, e inviare militanti che fanno vita legale a dissodare la terra vergine sulla quale dovranno poi seminare gli agitatori socialdemocratici. Nell’agitazione fra gli strati più bassi degli operai si deve naturalmente lasciare campo libero alle doti personali dell’agitatore ed alle particolarità del luogo, della professione ecc. “Non bisogna confondere la tattica con l’agitazione”, dice Kautsky nel suo libro contro Bernstein. “La forma dell’agitazione deve adeguarsi alle condizioni individuali e locali. Nell’agitazione bisogna consentire ad ogni agitatore di scegliere quei mezzi che sono a sua disposizione: un agitatore ottiene il maggiore effetto grazie al suo entusiasmo, un altro grazie al suo mordace sarcasmo, un terzo grazie alla sua capacità di citare una quantità di esempi, ecc. L’agitazione deve rispondere alle esigenze dell’agitatore, come pure a quelle del pubblico. L’agitatore deve parlare in modo da essere capito; egli deve partire da cose ben note agli ascoltatori. Tutto ciò va da sé e non si applica alla sola agitazione fra i contadini. Coi cocchieri bisogna parlare in modo diverso che coi marinai, coi marinai in modo diverso che coi tipografi. L’agitazione dev’essere resa individuale, mentre la nostra tattica, la nostra attività politica dev’essere unitaria” (pp. 2-3). Queste parole di un esponente d’avanguardia della teoria socialdemocratica contengono un eccellente apprezzamento dell’agitazione nel quadro dell’azione generale del partito. Esse indicano quanto siano infondati i timori di chi ritiene che la fondazione di un partito rivoluzionario che conduca una lotta politica ostacoli l’agitazione, la releghi in secondo piano o limiti la libertà degli agitatori. Al contrario, solo un partito organizzato, può svolgere un’agitazione su vasta scala, fornire le necessarie direttive (e il materiale) per gli agitatori su tutte le questioni economiche le politiche, utilizzare ogni successo locale dell’agitazione come ammaestramento per tutti gli operai russi, indirizzare gli agitatori verso l’ambiente o la località in cui possono operare col massimo successo. Solo in un partito organizzato le persone che posseggono doti di agitatori saranno in grado di dedicarsi interamente a quest’opera, a vantaggio sia dell’agitazione che degli altri aspetti dell’attività socialdemocratica. Ne deriva che chi dimentica l’agitazione e la propaganda politica per la lotta economica, chi dimentica la necessità di organizzare il movimento operaio in lotta in un partito politico si priva, oltre a tutto il resto, anche della possibilità di conquistare durevolmente e vittoriosamente gli strati più bassi del proletariato, alla causa operaia.

Ma una simile sopravvalutazione di un singolo aspetto, dell’attività a danno degli altri, unita perfino alla tendenza a gettare a mare questi altri aspetti, minaccia anche di provocare conseguenze incomparabilmente più gravi per il movimento operalo russo. Gli strati più bassi del proletariato possono addirittura venire corrotti, se danno ascolto alla calunnia secondo cui i fondatori della socialdemocrazia russa vedrebbero negli operai soltanto un mezzo per l’abbattimento dell’autocrazia, se danno ascolto agli inviti a limitarsi al ripristino delle festività e alle unioni corporative, accantonando i fini ultimi del socialismo e i compiti immediati della lotta politica. Tali operai possono sempre abboccare (e abboccheranno) all’amo di una qualunque offa del governo le della borghesia. Sotto l’influsso della predicazione della Rabociaia Mysl gli strati più bassi del proletariato – operai arretrati sotto tutti gli aspetti – possono compenetrarsi della convinzione borghese e profondamente reazionaria dell’operaio, eccetto che dell’aumento della paga e del ripristino delle festività (“interessi contingenti”), non può e non deve interessarsi di nulla, che il popolo lavoratore, con le sue forze, con la sua sola “iniziativa privata”, può e deve portare avanti la causa operaia, senza cercare di fonderla col socialismo, senza cercare di trasformare la causa operaia nella causa più alta e importante di tutta l’umanità. Gli operai più arretrati, ripetiamo, possono venir corrotti da una simile convinzione, ma gli operai russi d’avanguardia, quegli stessi che dirigono i circoli operai e tutta l’attività socialdemocratica, quegli stessi che riempiono ora le nostre prigioni e i nostri luoghi di deportazione, dal governatorato di Arcangelo alla Siberia Orientale, questi operai – ne siamo certi – respingeranno con sdegno una simile teoria. Ridurre tutto il movimento agli interessi contingenti significa speculare sull’arretratezza degli operai, favorire le loro passioni peggiori. Ciò significa spezzare artificialmente il legame esistente tra il movimento operaio e il socialismo, tra le aspirazioni politiche pienamente determinate degli operai d’avanguardia e le manifestazioni spontanee di protesta delle masse. Ecco, perché il tentativo della Rabociaia Mysl di dar vita ad una corrente particolare merita un’attenzione particolare ed esige una protesta particolarmente energica. Fino a quando la Rabociaia Mysl, adeguandosi evidentemente agli strati più bassi del proletariato, eludeva con cura la questione del fine ultimo, del socialismo e della lotta politica, ma non si pronunciava circa un suo orientamento particolare, molti socialdemocratici si limitavano a scuotere la testa, sperando che con lo sviluppo e con l’ampliamento del loro lavoro i membri del gruppo della Rabociaia Mysl si sarebbero facilmente liberati da sé della loro limitatezza. Ma quando della gente, che ha finora svolto l’utile lavoro della classe preparatoria, comincia a riempire di strepito tutta l’Europa, aggrappandosi alle teorie alla moda dell’opportunismo, e a dichiarare di voler confinare per molti anni (se non per sempre) tutta la socialdemocrazia russa nella classe preparatoria, quando, in altre parole, della gente che fino ad ora si è affaticata utilmente intorno ad un barilotto di miele, comincia “pubblicamente” a versarci dentro della pece, dobbiamo decisamente insorgere contro una simile corrente retrograda!

La socialdemocrazia russa, sia nelle persone dei suoi fondatori, i membri del gruppo “Emancipazione del lavoro”, sia attraverso quelle organizzazioni socialdemocratiche russe che hanno fondato il “Partito operaio socialdemocratico russo”, ha sempre riconosciuto giuste le due tesi fondamentali seguenti: 1) Essenza della socialdemocrazia: l’organizzazione della lotta di classe del proletariato al fine di conquistare A potere politico, di trasferire tutti i mezzi di produzione nelle mani di tutta la società e di sostituire l’economia capitalistica con un’economia socialista. 2) Compito della socialdemocrazia russa: organizzare un partito rivoluzionario operalo russo che consideri suo obiettivo, immediato l’abbattimento dell’autocrazia, la conquista della libertà politica. Chi si allontana da queste tesi fondamentali (formulate con precisione nel programma del gruppo “Emancipazione del lavoro” ed enunciate nel Manifesto del Partito operaio socialdemocratico russo) si allontana dalla socialdemocrazia.

Note
  1. Pubblicato per la prima volta nel 1924, in Proletarskaia Revoliutsia, n. 8-9.
    Trascritto da Antonio Maggio nel 2003.[]