Guerra civile e crimini bolscevichi

A cura di Eros Rossi Fomìn.

Kronstad e le armate nere anarchiche

«Nel marzo 1921 l’ammutinamento dei marinai di Kronstadt emise un appello nazionale per rovesciare la leadership bolscevica della rivoluzione. Le principali richieste dell’ammutinamento includevano: il rilascio di tutti i prigionieri politici; l’abolizione della speciale posizione di comando del partito comunista; il diritto dei contadini di fare della loro terra ciò che volevano; l’immediata rielezione dei soviet con “voto libero e segreto”; e l’eliminazione di tutte le restrizioni alla libertà di parola e di stampa.»
(Albert Szymanski. Human rights in the Soviet Union. Londra: Zed books, 1984, p. 209)

«Non è casuale che il programma degli insorti di Kronstadt combinasse rivendicazioni “democratiche” come la rielezione immediata dei Soviet a voto segreto, la libertà di parola, di stampa e di riunione, con rivendicazioni di carattere economico come la libertà di coltivare liberamente la terra per i contadini (senza l’uso di manodopera salariata). Come dirà lo storico P. Avrich questo programma era “un promemoria sulla politica generale del comunismo di guerra, la cui giustificazione, agli occhi dei marinai, e della popolazione in genere, era venuta a mancare” [cit. in P. Broué, La rivoluzione perduta, p. 271, Bollati Boringheri, Torino, 1991.].
Gli stessi bolscevichi si rendevano conto della crescente esasperazione popolare dopo anni di privazioni e ne avevano discusso più volte già prima della rivolta. L’8 febbraio del 1921 Lenin aveva illustrato all’Ufficio politico un piano per superare il “comunismo di guerra” e il 24 dello stesso mese il Comitato centrale aveva iniziato uno studio da sottoporre al X congresso. Pur in un simile contesto la tesi della sovrapposizione tra i marinai di Kronstadt, avanguardia della rivoluzione del 1917, e gli insorti del 1921 non trova un riscontro materiale. In larghissima parte i quadri della guarnigione che erano stati gli eroi della Rivoluzione d’Ottobre nel 1921 non erano più nella fortezza. I compiti della guerra civile e dell’instaurazione del socialismo li avevano portati ad avere un ruolo di direzione nel paese ma non più a Kronstadt. La maggioranza dei marinai erano giovani di estrazione contadina, per lo più provenienti dall’Ucraina, nella quale le armate anarchiche e antibolsceviche di Machno avevano avuto un sostegno significativo. Uno dei leader dell’insurrezione del 1921, Petriscenko, lo ricorda in una lettera del 31 maggio 1921 inviata al generale reazionario Vrangel: “La guarnigione di Kronstadt era costituita da tre quarti di nativi dell’Ucraina, da lungo tempo nemici dei bolscevichi, l’ultimo contingente era formato da nativi di Kuban, che prima avevano prestato servizio nell’esercito di Denikin (che combatté la rivoluzione nel sud della Russia fino al marzo 1920, Ndr)” [cit. in J. J. Marie, Kronstadt 1921, Utet, Torino, 2007, p. 149].
Tra i capi degli insorti figuravano certamente elementi reazionari come l’ex generale bianco Kozlovskij e lo stesso Petriscenko che guidava il Comitato rivoluzionario provvisorio e che in esilio sostenne apertamente le posizioni dei bianchi. Al di là delle intenzioni degli insorti la reazione guardava con grande interesse alla rivolta, per farne una testa di ariete della controrivoluzione e restaurare il capitalismo in Russia. I recenti studi dello storico P. Avrich hanno messo in luce un Memorandum sulla organizzazione di una rivolta a Kronstadt, redatto probabilmente all’inizio del 1921 che, basandosi su una rivolta che sarebbe dovuta iniziare nella primavera, avrebbe permesso, con l’aiuto del generale Vrangel, di una base logistica nella fortezza e con delle navi francesi, di iniziare una controffensiva sulla terra ferma con l’obiettivo di cancellare la Repubblica dei Soviet. In queste circostanze, pur dopo aver tentato per alcuni giorni di convincere i marinai con le armi della propaganda, i bolscevichi furono costretti a soffocare rapidamente la ribellione, prima che i ghiacciai si sciogliessero rendendo la fortezza inespugnabile. Come ha spiegato Trotskij: “Abbiamo atteso sino all’ultimo che i nostri compagni marinai fuorviati si rendessero conto da soli dove li stava conducendo l’ammutinamento.Ma ci siamo trovati di fronte al pericolo del disgelo e siamo stati costretti a colpire con decisione” [P. Broué, cit., p. 278].
Molto si è parlato della repressione contro i marinai di Kronstadt. I piagnistei di certi commentatori anarchici descrivono gli insorti come una pacifica vittima sacrificale che perì inerme sotto i colpi della repressione rossa. Questa descrizione non risponde a come realmente si svolsero i fatti. Le truppe bolsceviche che diedero l’assalto alla fortezza, alle quali si unirono anche 300 delegati provenienti dal X congresso, compresi quelli delle due opposizioni interne Centralismo democratico e Opposizione operaia, furono cannoneggiate costantemente dagli insorti. Dopo il primo assalto senza successo, il 16 marzo ebbe luogo un secondo assalto nel quale i rossi, che avanzavano sul ghiaccio protetti solo da un mantello bianco, subirono perdite durissime quantificabili in circa un quinto degli assalitori, ovvero circa 10mila morti. “Le perdite dei ribelli furono ovviamente assai minori, e la maggior parte delle vittime furono dovute ai massacri perpetrati dai vincitori sopravvissuti all’assalto.
600 uccisi, più di 1000 feriti e 2.500 prigionieri. Più di 8.000 ammutinati, tra i quali Kozlovskij e Petriscenko, e la maggior parte dei capi dell’insurrezione, riuscirono a fuggire in Finlandia.” [ibid., p. 275].
Certamente gli eventi della repressione di Kronstadt sono drammatici ma nella loro tragica dinamica inevitabili. Non troviamo una definizione migliore di quella che ha dato Pierre Brouè quando ha affermato: “Se nel 1917 i marinai erano stati il ferro di lancia della rivoluzione (…), ora, nel 1921, essi riflettevano tragicamente, tra i primi, la stanchezza profonda del popolo russo e il desiderio di farla finita con la miseria materiale” [ibid., p. 278].
Dopo questa vicenda Lenin e il partito chiudevano la fase del “comunismo di guerra” e inauguravano la Nuova politica economica (Nep). Gli anarchici antibolscevichi hanno parlato di una terza rivoluzione repressa nel sangue da parte della dittatura bolscevica, ma la loro versione non regge alla prova dei fatti, come ha ammesso lo stesso storico dell’anarchismo Paul Avrich quando ha scritto:“Kronstadt presenta una situazione in cui lo storico può simpatizzare con i ribelli, ma ammettere che i bolscevichi non avevano torto ad affrontarli” [P. Avrich, Kronstadt 1921, Mondadori, Milano, 1971, p. 8].»
(Jacopo Renda. Gli anarchici e l’Ottobre)

L’uccisione dei Romanov
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