Cina, India e l’ascesa dello “Stato-Civiltà”

Tradotto da Eros R.F. da Financial Times il 24 luglio 2024.

Questo articolo apparso sul quotidiano occidentale e liberale Financial Times dimostra come l’elite e gli intellettuali al di qua della cortina d’acciaio siano ormai coscienti del percorso storico che sta prendendo forma, e cioè l’ascesa dello Stato-Civiltà in parallelo al collasso dell’unipolarismo e il predominio di un mondo multipolare, con una nuova struttura di sicurezza e… culturale internazionale. Non è un caso se questo interessante articolo sia stato quindi tradotto anche in cinese su Guancha.cn. Credo dunque che una traduzione in lingua italiana sia stata altrettanto necessaria. Buona lettura.

Il XIX secolo ha reso popolare l’idea dello “Stato-Nazione”. Il XXI secolo potrebbe essere il secolo dello “Stato-Civiltà”.

Uno Stato di Civiltà è un Paese che afferma di rappresentare non solo un territorio storico o una lingua o un gruppo etnico particolare, ma una Civiltà distintiva. È un’idea che sta guadagnando terreno in Stati diversi come Cina, India, Russia, Turchia e, persino, gli Stati Uniti.

La nozione di Stato-Civiltà ha implicazioni decisamente illiberali. Implica che i tentativi di definire diritti umani universali o standard democratici comuni siano sbagliati, poiché ogni Civiltà ha bisogno di istituzioni politiche che riflettano la propria cultura unica. L’idea di uno Stato-Civiltà è anche esclusiva. I gruppi minoritari e i migranti potrebbero non adattarsi mai perché non fanno parte della Civiltà centrale.

Una delle ragioni per cui l’idea dello Stato di Civiltà è destinata a diffondersi è l’ascesa della Cina. Nei discorsi rivolti a un pubblico straniero, il presidente Xi Jinping ama sottolineare la storia e la Civiltà uniche della Cina. Questa idea è stata promossa da intellettuali filo-governativi, come Zhang Weiwei dell’università di Fudan. In un libro influente, The China Wave: Rise of a Civilisational State, il signor Zhang sostiene che la Cina moderna ha avuto successo perché ha voltato le spalle alle idee politiche occidentali, e ha invece perseguito un modello radicato nella sua cultura confuciana e nelle tradizioni meritocratiche basate sugli esami.

Il signor Zhang stava adattando un’idea elaborata per la prima volta da Martin Jacques, uno scrittore occidentale, in un libro di successo, When China Rules The World. “La storia della Cina come Stato nazionale”, sostiene il signor Jacques, “risale a soli 120-150 anni fa: la sua storia di Civiltà risale a migliaia di anni fa”. Egli ritiene che il carattere distinto della Civiltà cinese porti a norme sociali e politiche molto diverse da quelle prevalenti in Occidente, tra cui “l’idea che lo Stato debba basarsi su relazioni familiari [e] una visione molto diversa della relazione tra individuo e comunità, con quest’ultima considerata molto più importante”.

Come la Cina, l’India ha una popolazione di ben oltre un miliardo di persone. I teorici del partito al governo Bharatiya Janata sono attratti dall’idea che l’India sia più di una semplice Nazione, ma sia, al contrario, una Civiltà distinta. Per il BJP, la caratteristica più distintiva della Civiltà indiana è la religione indù, una nozione che implicitamente relega i musulmani indiani a un secondo livello di cittadinanza.

Jayant Sinha, ministro del governo di Narendra Modi, sostiene che i padri fondatori dell’India moderna, come Jawaharlal Nehru, hanno erroneamente abbracciato idee occidentali come il socialismo scientifico, credendo che avessero un’applicabilità universale. Invece, avrebbero dovuto basare il sistema di governance postcoloniale dell’India sulla sua cultura unica. Come ex consulente McKinsey con un MBA ad Harvard, il signor Sinha potrebbe sembrare il portatore archetipico di valori “globalisti”. Ma quando l’ho incontrato a Delhi l’anno scorso, stava predicando il particolarismo culturale, sostenendo che “secondo noi, l’eredità precede lo Stato… Le persone sentono che la loro eredità è sotto assedio. Abbiamo una visione del mondo basata sulla fede, in contrapposizione alla visione razionale-scientifica”.

Anche in Russia stanno prendendo piede visioni di Stato-Civiltà. Alcuni degli ideologi attorno a Vladimir Putin ora abbracciano l’idea che la Russia rappresenti una distinta Civiltà eurasiatica, che non avrebbe mai dovuto cercare di integrarsi con l’occidente. In un recente articolo Vladislav Surkov, stretto consigliere del presidente russo, ha sostenuto che i “ripetuti e infruttuosi sforzi” del suo paese per diventare parte della Civiltà occidentale “sono finalmente finiti”. Invece, la Russia dovrebbe abbracciare la sua identità di “Civiltà che ha assorbito sia l’oriente che l’occidente” con una “mentalità ibrida, territorio intercontinentale e storia bipolare. È carismatica, talentuosa, bella e solitaria. Proprio come dovrebbe essere un meticcio”.

In un sistema globale plasmato dall’Occidente, non sorprende che alcuni intellettuali in Paesi come Cina, India o Russia vogliano sottolineare la particolarità delle loro Civiltà. Ciò che sorprende di più è che anche i pensatori di destra negli Stati Uniti si stiano ritirando dall’idea di “valori universali” – a favore dell’enfasi sulla natura unica e presumibilmente in pericolo della civiltà occidentale. Steve Bannon, che è stato per un breve periodo capo stratega alla Casa Bianca di Trump, ha sostenuto ripetutamente che la migrazione di massa e il declino dei valori cristiani tradizionali stanno minando la civiltà occidentale. Nel tentativo di arrestare questo declino, il signor Bannon sta aiutando a stabilire un’“accademia per l’Occidente giudeo-cristiano” in Italia, progettata per formare una nuova generazione di leader.

L’argomentazione bannoniana secondo cui la migrazione di massa sta minando i valori tradizionali americani è centrale nell’ideologia di Donald Trump. In un discorso a Varsavia nel 2017, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che “la questione fondamentale del nostro tempo è se l’Occidente ha la volontà di sopravvivere”, prima di rassicurare il suo pubblico che “la nostra civiltà trionferà”.

Ma, stranamente, l’abbraccio di Trump a una visione del mondo “civilizzata” potrebbe in realtà essere un sintomo del declino dell’Occidente. I suoi predecessori hanno proclamato con sicurezza che i valori americani erano “universali” e destinati a trionfare in tutto il mondo. Ed è stato il potere globale delle idee occidentali a rendere lo Stato-Nazione la norma internazionale per l’organizzazione politica. L’ascesa di potenze asiatiche come Cina e India potrebbe creare nuovi modelli: un passo avanti, lo “Stato-Civiltà”.